1.14 - Verità quasi improbabili

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Dreida corre a perdifiato. Flip ha ripreso possesso della navetta, ma è quasi impossibile farla partire. Le piante si sono avvolte intorno ai dispositivi mobili, è difficile disancorarla. Ogni volta che tentano di liberarla i rami si avviluppano di nuovo intorno ai carrelli di atterraggio. Non c'è niente da fare. In sostanza Flip è rimasto a fare da palo. Dreida sospetta anche che si senta mille volte più al sicuro lì, piuttosto che fuori, con gli umani in giro. Qualsiasi cosa abbiano fatto alle piante ormai è lampante che le controllano.

Tutto quello che rimane da fare è recuperare quel mentecatto di Kalvin e cercare di convincere Tannel a lasciarli andare. Anche questa è un'impresa quasi impossibile. Kalvin ha gli ormoni di un quindicenne, non ha mai visto un'umana in vita sua, oltre sua mamma s'intende. Avrà già calato i pantaloni pronto a saltare a ogni hop pronunciato da Tannel.

Quando avvista il radiofaro, Dreida rallenta. Ai piedi del dispositivo c'è Curick, dietro di lui un umano. È slanciato, dal volto squadrato e i capelli castani, assomiglia a Kalvin, ma è solo una somiglianza vaga, come due parti di una stella binaria, o meglio due foglie simili, ma di alberi diversi. Quel che importa è che sia uno di loro, uno di quelli che hanno rubato la navetta.

Dreida alza l'arma a impulsi, la punta dritta contro l'umano, senza esitazione, è pronta a sparare al primo passo falso, così gli farà saltare via dalla faccia quell'espressione assente.

"Fermo lì!"

L'umano si arresta di colpo. Dreida cerca di sondare la sua mente, i pensieri superficiali le paiono un debole ronzio, quando va più a fondo il ronzio diventa un rumore bianco, assordante. Dreida si ritrae di scatto, stordita. L'umano di contro rimane impassibile, come se non l'avesse nemmeno sfiorato. Lo osserva esasperata. Non riesce a credere che gli umani siano così abili nello schermare i propri pensieri.

"Curick allontanati immediatamente, questi umani sono pericolosi."

"Dreida."

È Curick a parlare. Controvoglia Dreida allontana gli occhi dall'umano e si volta a guardarlo, è tranquillo, i suoi pensieri superficiali sono come sempre pacati, ordinati. Nella sua mente legge una sola frase, una verità di cui non riesce a capacitarsi.

"Non è un umano. È una macchina."

Dreida gli lancia un'occhiata costernata. Non riesce a crederci.

"Una macchina? Quale folle invasato narcisista costruirebbe una macchina uguale a se stesso?"

"Si chiamano androidi."

La voce di Curick è ferma, ma non basta a rendere tutto più reale. Eppure ora ha tutto più senso. Il ronzio di fondo che percepisce provenire da quella cosa è indiscutibilmente il flusso elettrico di circuiti in fibrillazione. Dreida non abbassa l'arma, non è ancora convinta.

"Anche Tannel è una macchina?"

Curick scuote la testa, "no, lei è qualcosa di peggio".

La costernazione di Dreida scala vette mai raggiunte. Non è possibile che Kalvin sia stato in grado di ficcare lui e tutti loro in quel gigantesco casino. Ora le toccherà andare a infilargli i pantaloni e salvarlo da quella piccola...

"Che cos'è?"

Curick la osserva con aria impassibile.

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