1.12 - Discesa nel buio

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L'antenna di Antares è un grosso faro che attira le navi umane. È acceso da diverse centinaia di anni e il suo segnale anche se è ormai debole è stato capace di richiamare la Flyer.

Curick non si sofferma sul fatto che sia una mastodontica costruzione tecnologica parecchio avanzata persino dopo tutto questo tempo. Osserva piuttosto il modo in cui le piante si fermano ai suoi piedi. Apparentemente nessuno ha manomesso l'antenna, questo avvalora l'ipotesi che sia accesa da anni, tuttavia Curick non vuole essere precipitoso. Per questa ragione non appena Kalvin si allontana con Tannel decide di abbandonare la sua proposta di scalare la costruzione, scegliendo una via diversa, più ragionata.

L'antenna è collegata a una serie di cavi, Curick ne percepisce le emanazioni elettromagnetiche. Scava dal terreno grossi tubi di gomma, forse basterebbe tagliarli per disattivare l'antenna, tuttavia non è improbabile che sia collegata anche a un sistema di emergenza. Le decisioni umane rispettano generalmente una certa paranoia che Kalvin definisce "prevenzione" e che in ogni caso trova saggia per quanto nevrotica.

Segue i cavi lentamente e senza alcuna fretta, ha tutto il tempo. Kal emanava una precisa fragranza che lasciava presagire incipienti rituali di accoppiamento. Le emanazioni della ragazza tuttavia lo hanno lasciato alquanto perplesso, ma non conoscendo altri umani aveva lasciato correre. L'antenna è sicuramente il segreto che più lo interessa di tutta la stazione.

I cavi corrono per decine di metri riunendosi con altrettanti simili, ma del tutto inattivi, in un reticolo sempre più ampio che porta a un unico palazzo. Stranamente la vegetazione non si inerpica troppo in alto sui fianchi grigi della costruzione, che tutto sommato sembra perfettamente integra a differenza di tutte le altre.

Piegato sulle zampe posteriori indaga il terreno in cerca di quei picchi, li segue attraverso la boscaglia fino a una porta di metallo. A malapena si riesce a vederla tra le frasche, ma il riverbero della luce ne illumina la superficie. La porta metallica è chiusa da un meccanismo di riconoscimento biometrico. Non appena vi si avvicina lo schermo si fa rosso.

Accesso non consentito.

Ha studiato la tecnologia umana sulla Flyer e conosce abbastanza bene non solo il suo linguaggio, ma in modo non troppo rudimentale anche le sue funzionalità, quantomeno a sufficienza da riuscire a staccare dal muro il pannello di riconoscimento. La forza bruta tipica della sua razza gli fa erroneamente frantumare quel pezzo, ma lo ignora buttando via i pezzi. Armeggia con i cavi esposti, pazientemente, finché non crea il contatto necessario a far scattare di lato le porte con un sonoro bip.

S'infila all'interno e quasi subito si accendono le luci che inondano un ingresso ampio e poco arieggiato. L'odore è terribile. Ha fatto una certa abitudine alla puzza degli umani, ma questa è mille volte peggiore. Scopre che viene dalla decomposizione di alcuni cadaveri, che ormai non sono altro che un mucchietto d'ossa incrostate dai residui induriti di carne. Li supera senza degnarvi ulteriore attenzione. La polvere si alza a ogni suo passo, avanza attraversando corridoi, una stanza dopo l'altra. Aggira scrivanie ribaltate, sedie rovesciate. A terra si fa largo tra vetri rotti, microscopi, fogli di carta e schermi andati in frantumi. Segue il riverbero elettrico dei cavi e anche se non può vederli nelle pareti può percepirli. Avanza fino a un caveau. Forza ancora una volta l'ingresso e quando le porte si aprono, s'illumina una nuova stanza.

I cavi si radunano tutti in questo luogo, che Curick suppone sia un apparato di controllo centralizzato. I macchinari alle pareti sono tutti spenti, ad eccezione di una sola fila di piccole luci verdi, che segnalano il funzionamento dell'antenna. Si collega all'unico terminale connesso solo per scoprire che per disattivare il faro occorre inserire un codice di conferma. Questa volta teme che armeggiare con i cavi non sarà sufficiente. Forse dopotutto occorre rompere l'antenna, Kalvin aveva ragione. Tuttavia succede tanto raramente che trova più saggio approfondire le sue ricerche, per precauzione. Decide di tornare indietro e frugare tra i cadaveri in cerca di sistemi d'identificazione in codice.

Proprio mentre si volta, pronto a profanare dei cadaveri, vede qualcosa che lo fa scattare un passo indietro. Si tratta di una figura alta, immobile dietro un vetro. Il suo volto ha gli stessi lineamenti di Kalvin, eppure ne è completamente diverso. È un umano, ma c'è qualcosa di strano in lui. Il suo odore è diverso, sa di metallo e fibre sintetiche.

Accanto alla teca c'è un pannello. Appena lo sfiora compare una scritta, chiede se si vuole avviare il programma. Non c'è bisogno di alcun codice.

Sì.

Il pannello s'illumina di verde, la teca in cui è rinchiuso l'umano si apre con un risucchio a cui segue un debole ronzio che viene direttamente dall'umano. Apre e chiude gli occhi, poi parla.

"Salve".

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