1.7 - Gorcon il terribile

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Il pianeta Gorcon è inabitabile. L'atmosfera non contiene né ossigeno, né azoto, ma una miscela velenosa di gas. Velenosa per me, s'intende. La temperatura è talmente bassa che la superficie è ghiacciata. Dovunque si guardi ci sono lande desolate. Insomma, noia fino all'orizzonte e anche oltre.

Per analizzare la superficie del pianeta ci vogliono talmente tante ore che arrivo a contare le scorte liofilizzate per sapere se morirò di fame prima che scopriamo qualcosa. Non è stata un'idea brillante. Pensavo di avere più tempo. Mi è salita un po' d'ansia, in pratica mi sto trasformando in Flip.

Recupero tutto il mio disprezzo per il pericolo quando Curick identifica una piattaforma. È molto estesa ed è protetta da una cupola, al suo interno l'atmosfera è perfettamente compatibile con la vita. La vita in carbonio, insomma la vita umana, ad esempio.

"Gli umani sono estinti".

Lancio a Flip un'occhiata volutamente costernata.

"Eccetto il presente. In effetti, Kalvin,  hai mai pensato di donare la tua intera persona a un museo? Ti piace così tanto metterti in mostra che ti troveresti bene."

"Non ho la tua stessa disinvoltura a stare dietro un vetro, Flip."

Dreida ferma lo scambio frapponendosi con un movimento fluido, "piantatela voi due. Curick sta cercando di contattare la base".

Mi volto a cercare il mio insetto gigante preferito, balzo al suo fianco e do un'occhiata agli schermi.

"Allora?"

"Niente."

"In che senso niente?"

"Nessuna risposta."

"In che senso nessuna risposta?"

Curick si volta, mi studia. I suoi ommatidi nero brillante mi restituiscono l'immagine della mia delusione. È difficile tenere il punto con qualcuno che ti sbatte in faccia la verità senza nemmeno sforzarsi.

"Va bene. Ho capito. Ma il faro che ha attirato la nave è lì?".

"Sì."

"E allora, se non rispondono, andiamo a bussare alla porta, no?".

Curick cerca Flip con lo sguardo. Non mi offendo, lo capisco, lui è il capitano. Ma a quel punto Flip guarda Dreida. Ancora una volta non mi offendo, perché è il nostro responsabile tattico, il braccio destro che impugna le armi, se dobbiamo scendere su un pianeta sconosciuto è lei che deve dare il consenso. Il problema è che Dreida guarda me. Ha l'aria diffidente di chi fissa una mina vagante. La sua scarsa fiducia mi ferisce.

"Non mi hai mai guardato tanto a lungo."

"Ho l'incubo ricorrente in cui finisci per farci uccidere tutti."

"Questo vuol dire che mi sogni?"

"Vuol dire che non credo che verrai con noi."

"Che vuol dire che non verrò con voi?".

"Sei troppo inaffidabile. È una situazione che richiede professionalità, cosa di cui sei totalmente sprovvisto."

"Non se ne parla. Io scendo con voi. O giuro che la nostra convivenza fino a ora vi sembrerà una passeggiata al confronto di com'è quando sono scontento."

Lo scambio di sguardi questa volta è molto diverso.

***

Lasciamo la Flyer con una navetta. Io alla guida, Dreida al mio fianco, Flip e Curick alle mie spalle. È la solita disposizione, in genere è piuttosto comoda, solo che questa volta mi sento Flip addosso. Vuole che non mi avvicini "bruscamente", qualsiasi cosa voglia dire. Non vuole dare il "messaggio sbagliato" agli abitanti della base. In ogni caso, loro – chiunque essi siano – non reagiscono. Non riceviamo nessuna comunicazione. Non ci viene incontro nessuna nave. Insomma, niente si muove, così mi avvicino.

"Rallenta!"

"Più lento di così ci fermiamo, Flip."

"Lì c'è il sistema di accesso alla cupola, guarda."

È un sistema a doppio ingresso. La camera centrale ha lo scopo di acclimatare l'ambiente così da non alterare l'atmosfera che c'è all'interno. È un sistema datato, si utilizzano più comunemente campi di forza con un sistema a ingresso singolo. Il dettaglio è abbastanza curioso da darmi qualche speranza. Forse sono esseri umani rimasti intrappolati sul pianeta da centinaia di anni, abbastanza a lungo da non rimanere al passo in materia di nuove mode. 

Mi avvicino con la giusta lentezza, tuttavia, nonostante tutte le precauzioni, il sistema di accesso non si apre.

"Flip?"

"Kalvin, se fai una battuta giuro che trovo la prima pozza d'acqua e ti ci affogo."

"Volevo chiederti se possiamo smettere di fare le femminucce e forzare l'ingresso, ma mi piace il tuo entusiasmo."

Ci vogliono una passeggiata nello spazio aperto e un po' d'inventiva per aprire le porte. Giusto un'oliata ai meccanismi e l'incredibile capacità conduttiva di Dreida, che ha alimentato i meccanismi. Il gas plasma di cui è composta non mi è mai sembrato così sensuale.

Sulla nave non vola una mosca mentre facciamo il nostro ingresso nella cupola. Un po' perché siamo ufficialmente degli invasori, quindi chiunque abiti qui è in pieno diritto di abbattere la nostra navetta. E un po' perché questa ha tutta l'aria di essere una base abbandonata e diciamocelo, mette un po' i brividi.

La vegetazione all'interno della cupola è rigogliosa e imponente. In parte ha invaso il cemento della piattaforma di atterraggio, ma tutto sommato è in buono stato, così sbarchiamo. Prima Dreida, poi tutti gli altri.

Ci guardiamo intorno. Verde a destra. Verde a sinistra. Verde avanti, indietro, in alto, in basso. Verde ovunque.

"Sembra di stare in una serra."

"Che roba è? Piante rampicanti?" Chiede Dreida.

"Lo vuoi sapere da me? Io non ho mai visto così tanta erba in vita mia. E ne fumo parecchia, di diversi tipi."

"Non ne dubitavo, Kal."

"Quello che voglio dire è che sono nato su una base spaziale, a stento so com'è fatto un albero."

Flip si avvicina a Dreida con un passo piuttosto prudente, non gli fa onore, o meglio non lo fa al capitano di una nave mercantile. È un imbarazzo per la sua categoria. Com'è possibile che hanno preferito lui a me?

"Credo sia una base abbandonata, Flip, ma meglio stare in allerta."

"Se non c'è nessuno, allora chi ci ha attirato qui?".

Flip se la sta decisamente facendo nella boccia.

"Bella domanda, Flip. Forse dei fantasmi, chi può dirlo."

"Kal", la voce di Curick mi coglie di sorpresa, è la prima cosa che dice da quando siamo scesi, ha fissato per tutto il tempo un rilevatore portatile che punta in giro.

"Il faro è da questa parte".

Ottimo, finalmente si fa qualcosa.



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