1.10 - L'ultima riga dell'amore

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"I tuoi amici non vengono con noi?" L'espressione di Tannel è ansiosa.

Mi volto, Dreida sta accompagnando Flip alla navetta. Tornerà sulla Flyer, dove probabilmente prenderà un piedistallo da cui farà cadere i suoi commenti ancora più dall'alto.

Guardo Tannel e le sorrido, "no, i miei amici non verranno" in verità non sono miei amici. L'unica amica che vorrei farmi è lei e devo dire che non mi dispiace l'idea di rimanere da soli.

"Nemmeno il grillo parlante?" aggiunge indicando Curick, che è impegnato a scavare dal terreno una serie di cavi, in questa posizione sembra davvero un grillo. Non ci avevo mai pensato.

"Come quello della storia?" Le chiedo.

"Sì, esattamente" sorride e per un attimo le si illuminano gli occhi. Diamine, quant'è bella.

"In effetti, Curick somiglia a un grillo, ma le prediche moraliste sono il pezzo forte di Flip."

"Allora siamo fortunati che non venga."

Percepisco una vaga allusione a sfondo romantico, quindi sorrido e rispondo con un languido "decisamente", spero che il sottinteso sia abbastanza eloquente.

"Conosci la favola di Pinocchio?"

"Sì, me la raccontava mia madre prima di addormentarmi."

Questa volta sono io a sorridere, "anche a me".

Mia madre raccontava molte storie, quelle che mi piacevano di più non erano favole, ma le avventure di eroi nello spazio, vecchie leggende di un'umanità perduta nel tempo, mi facevano sentire speciale, in qualche modo. Erano una sorta di lascito di cui io ero l'ultima parte, la frase alla fine del libro. Ho sempre voluto che fosse grandiosa, ma adesso mi basterebbe anche esserne una piccola parte, insieme a lei, Tannel.

Ci incamminiamo nel folto della base, passeggiamo tra le piante per un bel pezzo. Ascolto Tannel, mi racconta le storie tramandate dalla sua gente. La stazione in origine era un centro di ricerca top secret. Nella base lavoravano soprattutto genetisti, speravano di potenziare le abilità umane attraverso la genetica aliena. In pratica sezionavano creature dalle abilità speciali per carpirne i segreti.

"Ma poi durante la guerra ci fu un guasto in uno dei laboratori", Tannel abbassa gli occhi e la sua tristezza mi colpisce come un pugno dritto allo stomaco.

"Gli scienziati non sapevano come riparare le unità di contenimento e alla fine creature spaventose si liberarono uccidendo tutti quelli che incontravano. Chi sopravvisse oppose una violenta resistenza. Riuscirono a uccidere tutte le creature, ma non vollero mai più riaprire i laboratori", Tannel si ferma e sospira, scuote la testa per scacciare quei pensieri.

"Perché non sono scappati da Antares?"

"Non c'erano navette, perché nessuno doveva abbandonare la base senza il permesso del governo. Quello che facevano qui era un segreto, capisci?"

"Sì", nemmeno io avrei voluto far sapere in giro che i miei scienziati aprivano creature aliene, magari di razze alleate. So che gli esseri umani erano noti per essere privi di scrupoli, ma d'altronde non si possono governare imperi galattici con le carezze e i buoni sentimenti.

Guardo Tannel, il suo viso ha lineamenti dolci, quasi rotondeggianti, si fanno spigolosi solo sugli zigomi, ma le labbra, oh bhe, quelle sono soffici da impazzire, potrei giurarci.

Lei ricambia il mio sguardo imbarazzata, i suoi occhi hanno il colore delle foglie che ci circondano.

"Cosa c'è?" Mi chiede, un lampo d'incertezza le attraversa il viso.

"È sorprendente che siate ancora vivi."

Tannel sorride. Le sue labbra si distendono fino agli angoli. Sulle guance compaiono le sue fossette. Poi, il sorriso diventa leggera apprensione.

"Sembri stanco."

Ora che ci penso sono stanco morto. Ho dormito giusto il tempo che ha impiegato Filp ad ammaccare la Flyer.

"Un po'" mi volto a guardare la strada annegata dal verde, ormai è solo un giardino circondato da un impero di foglie. "Ti va se ci riposiamo un po'?"

Tannel annuisce e così le prendo la mano e la invito a sedersi accanto a me. L'erba è soffice, sembra banale da dire, ma è una vita che non scendo dalla Flyer, ed è facile dimenticare questi dettagli. Mi arrendo alla gravità e così mi distendo. Tannel, senza dire niente, poggia la mia testa sulle sue gambe. La lascio fare, non mi formalizzo. Mi piace.

"Spero di non arrivare mai al tuo villaggio. Potremmo rimanere qui per sempre."

"Nemmeno io vorrei che tu debba ripartire", Tannel alza gli occhi verso la cupola, oltre le foglie, osserva il cielo nero puntellato di minuscole luci.

"Potresti venire via con me."

Sono un po' avventato, lo so. Il problema è che è difficile rimanere razionale quando le sue dita mi accarezzano i capelli, si attorcigliano tra le ciocche. È piacevole e inebriante, tanto che chiudo gli occhi.

"Sei tu il capitano dell'astronave?"

Di colpo apro gli occhi, la magia del momento ha subito uno strattone, "non esattamente, ma in pratica la governo io".

Tannel emette un delizioso sospiro di sorpresa, sembra ammirata, perché non dovrebbe?

"Non hai mai visto un'astronave?"

"No, non è mai venuto nessuno qui."

"Sei fortunata, perché la Flyer è un modello invidiabile, velocissima e in più io sono un vero prodigio come pilota."

"La guidi tutto da solo?"

"A dire il vero non l'ho mai fatto, ma potrei tranquillamente."

"Mi ci porterai davvero?"

Alzo gli occhi per incrociare i suoi, le ciocche di capelli le ricadono sul viso incorniciandolo.

"Certo, al diavolo Flip. Se tu vuoi venire ti porterò via con me."

Tannel sorride ed è bellissima.

Annuisce.


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