1. Words always win,but I have know I'm going to lose.

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༄༄༄༄༄༄༄"Le persone non smettono mai di mancarci

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"Le persone non smettono mai di mancarci. Impariamo soltanto a vivere tenendoci dentro, in qualche modo, l'enorme abissale vuoto lasciato dalla loro assenza."
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AMELIA

La sua foto, me la rigiro tra le mani, mentre sono seduta sul davanzale della mia finestra. Il vuoto che ho cresce ancor di più quando qualcosa di bagnato bagna le mie guance. Se solo potessi tornare indietro e magari...

Se ne andato e non tornerà più.

Il rumore della pioggia mi risveglia dai miei pensieri, poso la foto nel comodino accanto al mio letto, per poi raggiungere il bagno. Di sfuggita vedo il mio riflesso nello specchio al centro del bagno è quello che riesco a scorgere e sola una ragazzina che si porta dentro un ammasso di dolore.

Mi ripeto che sto bene. Starò bene. Te lo prometto

Faccio un sorriso forzato asciugandomi le lacrime e promettendomi che andrà bene.

«Amelia, scendi la colazione è pronta.»basta solo sentire la voce di mia madre, e mi dirigo subito giù in cucina trovandola ai fornelli, mi appoggio allo stipite della porta mentre la osservo. Impreca sottovoce quando si brucia prendendo la padella senza i guanti da cucina.

Sospiro avvicinandomi con le mani incrociate. «Quante volte ti ho detto che prima di prendere la padella devi indossare i guanti?»

Si gira inclinando la testa di lato anche lei con le braccia incrociate, adesso siamo nella stessa posizione.

«E io quante volte ti ho detto che devi smetterla di spaventarmi quando entri in cucina senza avvisare, e neanche un -buongiorno mamma, come stai? Dormito bene?-» dice imitando la mia voce, che ovviamente viene male.

«E comunque non trovavo i guanti.»borbotta guardandosi intorno.

«Mamma, sono sul bancone.. proprio dietro di te.» le  indico i guanti che probabilmente avrà posizionato lei stessa lì, non sono sicura, ma credo che mia madre abbia perdite di memoria a breve termine, se solo accennassi questo mio pensiero a lei, anche solo scherzando, mi tirerebbe uno dei suoi utensili da cucina appresso.

Mi metto seduta su una delle sedie della sala da pranzo, iniziando a mangiare i pancake fatti da mia madre.

«Non pensavo che i pancake avessero queste forme..» dico afferrandone uno, aggiungendo subito dopo, «non sono così male dai.» non sentendo nessuna risposta, alzo lo sguardo e noto che mia madre mi fissa con i suoi occhi color nocciola.  Ha sempre tenuto alla cura estetica e soprattutto dal viso, questa si poteva intuire anche dalle numerose creme che aveva comprato, labbra leggermente carnose, capelli biondi e lunghi ma non troppo. Ho ereditato tutto da lei persino il carattere, tranne i colore dei occhi, lei li ha marroni io azzurri.

Ogni volta che dobbiamo uscire insieme, la gente ci chiede se siamo veramente madre  e figlia. Mi ha avuta quando era solo una diciassettenne, è stato molto difficile per lei soprattutto quando i suoi l'hanno abbandonata, prima eravamo noi tre...

«Hai pianto.» la guardo, senza risponderle, continuo a mangiare i miei pancake. La sua mano mi afferra il polso. Già so cosa vuole dirmi.

Andrà tutto bene, siamo noi due contro il mondo.

Me lo diceva sempre da piccola.

Da quando l'abbiamo perso, fa di tutto per farmi sorridere, ma se neanche lei riesce a fare un sorriso vero, come potrei mai riuscirci io? Tutte le notti la sento piangere, e la mattina successiva è sempre lì a sorridermi come se nulla fosse successo. Entrambe sappiamo che dietro ai quei sorrisi si celano culmini di sofferenze nascoste, per non fare vedere alla propria figlia, ogni debolezza nascosta.

Ma si sa che già di illusioni ne ha avute,  e sa che ha già perso.

«Sono tua madre Amelia, so che hai pianto. Se ti tieni tutto dentro come puoi superarlo? Dimmi come ti senti...promettimi che almeno un giorno mi racconterai quello che ti passa per la testa, non parli più da quel  gior...» La interrompo perchè già ne ho abbastanza, e ora torna quella parte di me che non ragiona e agisce per paura.

«Proprio tu mi vieni a fare la predica? Sei la prima che tiene una scatola piena delle sue foto. Ogni sera  ti sento mamma, piangi di continuo guardando quelle foto. Ti scoli una bottiglia di vino rosso -rido ma di disperazione- ubriacandoti, ma non ti faresti mai vedere in quel modo da me.»Prendo fiato ma continuo, alzo gli occhi al cielo a causa delle lacrime che minacciano di uscire.

«Perché provi vergogna. Vergogna di farti vedere in questo stato da me, quindi ti prego non venirmi a dire come cazzo mi devo sfogare.» Ormai le nostre mani si sono sciolte, una lacrima le scende sulla guancia. Si alza avvicinandosi a me.

«Non rivolgerti mai più così con me Amelia, non ti permetto di trattarmi in questo modo.» Il tono che usa è tutt'altro che un rimprovero, è delusa. Da me. «Quindi e quello che pensi di me? Bene.»

Fa per andarsene ma la fermo. «Mamma io ... -per un'attimo chiudo gli occhi- non so cosa mi sia preso io..» Si gira di scatto e mi abbraccia all'improvviso, resto un po' confusa, ma appoggio subito la testa sul suo petto.

«Abbracciami, stronza.» Mi stringe un po' più forte, la assecondo abbracciandola,  fra le sue braccia mi sento a casa, un posto sicuro in cui non vorresti più andartene.

«Scusa.» Le sussurro così piano che credo non mi abbia neanche sentito.

«No hai ragione Lia, se non lo supero  io per prima, come faccio ad aiutarti?»

Non mi chiamava mai così, o almeno lo faceva quando c'era lui. Mi sento così in colpa per averla trattata in quel modo e la stringo di più.

«Allora lo affronteremo insieme,-affermo sicura- magari non oggi o domani. Ma ti prometto che lo supereremo.» Sciolgo l'abbraccio  guardandola negli occhi, e non faccio che pensare che mia madre e davvero bellissima, Trentatré anni li porta splendidamente.

Uno strano odore invade la sala da pranzo.

«Mamma non dirmi che hai lasciato di nuovo i pancake sui fornelli.» Per poco non le scoppio a riderle in faccia quando si mette a fare avanti e indietro per la cucina.

«È tutta colpa tua, maledizione!» Urla disperata, mentre mi maledice in tutte le lingue.

Altre persone penserebbero che è una pessima madre, che non dovrebbe trattare sua figlia in quel modo. Ma invece sono fortunata ad averla così, per me non è solo la persona che mi ha cresciuta è molto di più.

Confidente, Migliore amica, Complice.

«Ah e comunque ho deciso.» le dico dall'altra parte della stanza preparandomi a scappare.

«Cosa?»

«Ti scrivo a un corso di cucina, sei veramente pessima Mamma.» Senza più il controllo di me stessa mi piego in due dalle risate.

«Amelia Wilson, ti giuro c-che...» Non riesce a continuare che scoppia pure lei a ridere.

Siamo sempre state così.

Io e lei.

Lei e io.

Amelia e Lauren.

Stay with meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora