01 - prologo

66 5 8
                                    

Ero stanca.

Avevo il fiato corto, le gambe indolenzite così come le braccia. Sentivo il mio corpo supplicare, supplicare di fermare tutto, ma non potevo, dovevo continuare, dovevo proseguire, raggiungere il confine, solo così sarei stata al sicuro.

Mi guardai attorno, la foresta mi circondava, era silenziosa, troppo silenziosa per ciò che era in realtà.

Gli alberi fitti e misteriosi celavano il segreto, nascondendoci al mondo, nascondendoci agli occhi di coloro che secondo le leggende ci usavano per soddisfare i loro piaceri, le loro ambizioni.

Ma non tutte le leggende erano vere, o almeno forse lo erano un po', bisognava però vedere da che punto di vista le si guardava, chi era che le raccontava, erano loro o eravamo noi?

Le loro leggende ci descrivevano come demoni, demoni mangiatori di uomini, noi li ammaliavamo per poi nutrirci dei loro cuori, quell'organo che doveva soddisfare la mancanza che ci caratterizzava, ma non era così, avevamo un cuore anche noi, anche noi amavamo e provavamo sentimenti come loro, è vero eravamo diventati come ci descrivevano, ma non per ciò che pensavano, ma per tutte le ingiustizie e i maltrattamenti che nel corso dei secoli avevamo subito.

La bellezza celestiale era ciò che ci aveva sempre caratterizzato, fin dalla nascita delle prime foglie noi eravamo qua, ad amare la terra e i suoi frutti e la natura ci aveva ringraziato donandoci la bellezza eterea.
All'iniziò non era così, quando nacquero loro noi ci prendemmo cura di quelle creature, le nutrimmo e gli insegnammo a vivere coi doni che la terra ci donava ogni giorno, col passare del tempo noi eravamo diventati delle divinità, elevati proprio dai loro antenati, non lo avevamo chiesto, ci era stato dato, ma il tempo passava e mentre noi restavamo immutati, o così poteva sembrare ai loro occhi, loro invecchiavano e nuove vite nascevano sostituendo chi lasciava questo mondo, nuove vite con nuove idee, nuovi ideali. Non avevamo mai fatto pressione sulle loro ideologie, li lascevamo sbagliare, cambiare, restevamo in disparte consigliando solo coloro che lo desideravano e continuando a vegliare come dei bravi genitori, ma loro avevano iniziato a diventare man mano più crudeli, avevano iniziato ad approffitare della nostra generosità, usandoci per i nostri doni e massacrandoci quando ormai non gli servivamo più, avevamo provato a far capire loro che stavano intraprendendo una strada sbagliata, contro natura, ma era stato tutto inutile. Pian piano avevano preso sempre più le distanze da noi, creando veri e propri eserciti cresciuti ed educati ad ucciderci a vista.

Impauriti eravamo rimasti per decenni nascosti sulle montagne e la natura da sempre nostra alleata aveva magicamente eretto un muro invisibile da tutti ormai conosciuto come confine.

Il confine era il nostro posto sicuro, non poteva essere visto o attraversato da loro, il confine aveva creato come un luogo sovrapposto.

Per coloro che venivano considerati speciali, attraversata questa magica barriera, si estendeva la vera bellezza della natura, alberi rigogliosi, fiumi sempre in piena e freschi, pezzi di foresta dove l'ombra dava riparo dal caldo e luoghi aperti dove le stelle accompagnavano le nostri notti.

Per coloro invece considerati dalla natura come non degni di tale bellezza, il confine era come inesistente; avevamo fatto tante prove nei decenni passati, spingendoli a seguirci e avevamo notato che mentre noi entravano nel nostro mondo sicuri, loro restavano nella foresta, una foresta fitta e immensa che si estendeva per tutta la montagna. Qualcuno aveva anche provato a costruire, ad insediarsi nelle profondità, ma venivano come rigettati, rifiutati, la natura li cacciava con le proprie armi rendendo quel luogo per loro inesplorato e invivibile.

Col passare del tempo avevamo smesso di nasconderci e speranzosi che si fossero evoluti lasciandosi alle spalle tutte quelle ossessioni nei nostri confronti, avevamo iniziato ad attraversare il confine mimetizzandoci tra di loro, sembrava andare tutto bene inizialmente, sapevamo come passare inosservati, ma non avevamo fatto i conti con i racconti che si tramandavano di generazione in generazione e fu così che pian piano quelli che di noi lasciavano la nostra sicurezza per quel mondo inesplorato e meraviglioso cominciarono a non far più ritorno. Ingenuamente avevamo creduto che fosse una nostra decisione, ci piaceva quel luogo, ma solo per puro caso eravamo venuti a conoscenza dell'orribile verità dietro a quei non ritorni.

Kitsune "Vmin Story"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora