Lexa non è sicura si quando i suoi occhi si erano chiusi, ma sa che la volta dopo che li apre è molto più scuro. E' anche sdraiata su un letto, neanche lontanamente bello come il suo letto (lì o a Polis) e la coperta è sottile e praticamente inutile, ma la sua testa è intontita, la sua bocca è asciutta e soprattutto a lei non importa davvero.
E' un sentimento strano. E' stata colpita con una freccia, quasi uccisa e ora c'è ancora un'altra minaccia alla sua vita, ma non le potrebbe interessare di meno.
Sente che dovrebbe importarle, infatti, sa che lo farà alla fine, ma ora come ora tutto quello che le interessa è il sottile fascio di luce che vede sul soffitto che sta girando ed è affascinante.
Lexa prova a sedersi, a raggiungere la luce sul soffitto, ma quando ci prova, la sua schiena grida in protesta e lei sussulta, cadendo sul letto con un tonfo.
"Hai bisogno di stare ancora sdraiata", una voce annuncia, delicata e seria. Non è Clarke.
Desiderava che fosse Clarke. Vuole vederla e coccolarsi con lei e annusare i suoi capelli.
"Weron ste Klark? (Dov'è Clarke?)" Lexa chiede, sorpresa di quanto forte ha parlato. Non ha provato a parlare, è semplicemente uscito fuori.
La voce risponde velocemente. "E' andata a prendere del cibo. L'ho mandata io perché è stata qui tutto il giorno.
E' allora che Lexa riconosce la voce, nessuno le parla con un fastidio trattenuto come Abby Griffin.
La maggior parte delle volte fa impazzire Lexa. Ha percorso ogni sentiero possibile per riparare i ponti. E' stata più gentile, perdonato e ha provato a essere infastidita e distante; niente ha funzionato. A lei normalmente non importerebbe; essere odiata non è niente di nuovo, aveva avuto persone che la odiavano dal giorno che è ascesa, è arrivato con l'essere Heda.
E' stata colpita ieri perché qualcuno probabilmente la odia, succede. Non può rendere tutti felici, può fare solo quello che sente sia giusto.
Comunque, vorrebbe che Abby Griffin l'accettasse, almeno. Per amore di Clarke, se non per altro. "Non ti piaccio", dice e non crede che le parole le siano uscite dalla bocca. Voleva solo pensarle, non dirle.
Questo quando cerca di assorbire il mondo intorno a lei e si rende conto di quanto sia sfocato. La sua testa è leggera e le sue mani formicolano, si sente... disconnessa.
"Sei sotto l'effetto di un buon antidolorifico" Abby le spiega, non guardandola ancora. "Voglio fare alcuni test mentre sono sveglia e mi sento bene, sai, per provare a prevenire un'altra guerra."
Lexa risponde: " Non ci sarà una guerra."
"C'è sempre un altra guerra" Abby mormora più a se stessa che a Lexa. Vuole dire qualcosa in risposta, ma all'improvviso è troppo concentrata su quanto sente grande la sua lingua nella sua bocca. E' stata sempre così grande? E' una reazione allergica alla medicina Skaikru?
"Puoi muovere le dita dei piedi per me?" Abby chiede e Lexa si dimentica della sua lingua e si concentra di nuovo sulla dottoressa.
Abby Griffin, come faceva Clarke a essere la figlia di una persona così irritabile?
Anche se Clarke poteva essere abbastanza irritabile anche lei e Abby è malata, ciò significa che probabilmente ha più ragioni di essere...
"Comandante", la chiama di nuovo Abby, con voce più severa ora. "Per favore, muovi le tua dita dei piedi".
Sospirando, fa come richiesto e muove le dita avanti e indietro. Apparentemente, non lo fa nella maniera giusta perché Abby si acciglia profondamente esce velocemente.

STAI LEGGENDO
The Long Way Home
FanfictionNon l'ho scritta io. Ho preso questa storia dal sito Archieve of our own beta ed è stata scritta da un utente di nome Simplykorra.