Capitolo 20

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Clarke si sveglia con qualcosa che le solletica la schiena. È morbido e gentile, ma è abbastanza per distrarla dal sonno.

Si sente calda, contenta e a suo agio, più di quanto forse non abbia fatto in tutta la sua vita. L'aria è fredda, la sente sulle spalle, ma il suo corpo pizzica ancora per i caldi tocchi che riceve.

Girando leggermente la testa, vede Lexa sdraiata su un fianco con gli occhi aperti. Sta osservando la propria mano che si muove, facendo scorrere delicatamente il dito indice lungo la spina dorsale di Clarke, come se la stesse studiando.

La sera prima torna di corsa nella mente di Clarke. Non si sono preoccupate di mettersi i vestiti dopo il bagno, cadendo nel letto e rubando baci e carezze finché Lexa non si è addormentata. È per questo che si sente così sazia quella mattina. Il suo corpo è rilassato e formicolante, come la sensazione dell'ultimo drink prima di superare il limite e ubriacarsi.

Tutto è tranquillo mentre la luce del sole inizia appena a filtrare dall'esterno e Lexa è lì. Lei è lì, è al sicuro e stanno insieme.

Clarke mormora un buongiorno, attirando l'attenzione di Lexa e quei bellissimi occhi verdi la trovano.

Prima che possa dire qualcosa, Lexa trova la mano di Clarke, se la porta alle labbra e la bacia.

È così gentile e attenta. C'è una tenerezza in Lexa che Clarke immagina sia sempre stata presente. Ama così intensamente, come se ogni momento potesse essere l'ultima volta che riesce a vederla.

Probabilmente è così che Lexa vede il mondo, dopo tutto quello che ha passato, tutto quello che ha perso.

Clarke si gira verso di lei, prendendole la mano libera e appoggiandola sulla clavicola di Lexa.

"Giorno", quando Clarke lo dice, la sua mente immagina un mondo in cui lo dice a Lexa ogni giorno.

Il conforto di quel pensiero le toglie il fiato.

"Sonop, ai hodnes. Hai dormito bene?"

Clarke mormora con un sorriso, strofinando il naso sulla spalla di Lexa. Apparentemente la mora non è l'unica ad avere bisogno di un contatto. "Sì, questo letto è fantastico".

"È troppo grande", ammette Lexa. Clarke la guarda e la mora sorride. "Era".

"Non so come fai ad avere la forza di uscirne ogni mattina. Resterei qui per sempre se potessi".

"Kailee mi ha detto che non avrei mai visto questa stanza".

Lexa si acciglia. "Perché?"

"Perché tu sei Heda e io sono un umile Skaikru. In nessun modo il Comandante dei Dodici Clan mi avrebbe portato a letto".

A questo, Lexa si fa beffe. "Potrei dover assicurarmi che Kailee non stia perdendo la vista, se ti vede e pensa che non sarei interessata".

Clarke non riesce a fermare la sua risata. "Non ci provi nemmeno, vero? Parole melliflue ti escono dalla bocca".

"Faccio molti discorsi. Ho pratica con le parole".

"Non c'è da meravigliarsi se tutte le ragazze svengono per te".

Il broncio di confusione di Lexa è adorabile. "Svenire?"

"Uh huh, le ho visti quando siamo entrate in città: belle donne che ti chiamavano, ti volevano, non fingere di non essertene accorta".

C'è un attimo di silenzio, poi il viso di Lexa si trasforma in un sorrisetto e lei alza le spalle. "Io sono Heda. È un grande onore giacere con il Comandante".

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