PROLOGO

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« Cass, Cass! »
« Che vuoi? »
« Ti va di guardare l'alba? »
« Eh? »
« L'alba, ti va? »

« ...Hai una sigaretta? »

Cassandra non aveva neppure aperto gli occhi chiari, non aveva neanche riconosciuto la persona a cui apparteneva la voce che l'aveva svegliata.
Non era certa se avesse smesso di risponderle o fosse lei che ormai non sentiva più, comunque tornó a dormire, perchè era quello che il suo corpo implorava. Volse il capo dall'altro lato, i capelli le rimasero incollati sul viso.

« Cazzo, cazzo, Cass! »
« Guardala da sola l'alba, cazzo. »
« Non è quello... che schifo... »
Un sospiro pesante si levó dalle narici della giovane, non capiva con chi stesse parlando, solo dopo qualche secondo il suo cervello mise a fuoco il viso della sua migliore amica, o una specie. Si conoscevano da quando erano piccole, non avevano scelto di diventare inseparabili, eppure lo erano, legate da due famiglie che avevano deciso per loro un destino simile. « Che schifo, Cass... »
Cassandra grugnì infastidita, serró i denti e mosse le dita delle mani intorpidite per spingerle contro il materasso e usarle come leva per tirarsi su. Appena staccó il corpo dalla superficie morbida un dolore profondo e lancinante le perforó le tempie, e si allargó oltre la nuca da dietro, fino al collo. Cazzo. Si portó la mancina contro la parte superiore del naso. Non aveva ancora voglia di aprire gli occhi. « No, aspetta— rimettiti come prima! » Sentì Vanessa avvicinarsi, le mise una mano su una spalle e fece per spingerla nuovamente verso il basso.

Cassandra a quel punto s'infastidì ancora di piú, con un gesto veloce le colpì il braccio e si liberó dell'amica. « Ma che problemi hai. » mormoró piano, scuotendo il capo. Schiuse le palpebre, la luce troppo forte dell'alba appena sorta le brució le iridi cristalline, abbassó il mento d'istinto, sulle gambe aveva un lenzuolo chiaro, non teneva per niente caldo.
Non c'erano coperte?
Come c'era arrivata lì?

Cadde una goccia rossa sul tessuto di cotone bianco. Poi due, tre.
Assottiglió lo sguardo. Sangue. Scivoló con lo sguardo più indietro, anche il suo top era sporco di rosso. Ecco a cosa si riferiva Vanessa.
« Era di Missoni. »
L'amica parve improvvisamente allarmata. Allargó lo sguardo scuro e vispo. « Ma non è che dobbiamo chiamare un
dottore? »
« Ma che dici. » La voce era ancora resa ruvida dal sonno.
Vanessa alzó le spalle. « Che ne so. »

Cassandra si prese un momento di pausa, recuperó le forze necessarie per porre la sua domanda. « ...Hai una sigaretta? »
« Mh. » Vanessa si volse in direzione opposta, camminó a piedi nudi sul parquet e arrivó al lato della poltroncina che stava difronte al letto, sollevó da terra una borsetta di Vuitton e tiró fuori dalla tasca interna due sigarette, le teneva sparse perchè era troppo piccola e il pacchetto non c'entrava. Se ne portó una alle labbra, l'altra la lanció sulle coperte leggere che coprivano le gambe di Cassandra. « Tieni anche questi. » Le fece arrivare anche dei fazzoletti di carta.

« Mh. »
Vanessa scosse la testa, i ricci neri ballarono attorno al suo viso spigoloso. « Comunque l'alba era bella. » Si, ci credo.

« Non è che hai qualcosa per la testa? »
« In che senso? » Le dita olivastre dell'amica si allungarono all ricerca di un posacenere.

« Nel senso che mi fa male, una cosa per il dolore. »
« Si, in bagno. » Lasció la borsetta costosa a terra, prima peró ne estrasse un accendino di YSL, comprato a Parigi qualche settimana prima.

Quando Cassandra lo ebbe tra le mani se lo rigiró lentamente sotto gli occhi. « È stra tamarro questo coso. »
« E che me ne frega. Anche avere i vestiti sporchi di sangue. »
« ...È un Missoni. » La voce adesso era nasale, aveva premuto contro le narici un fazzoletto bianco, la sigaretta stretta tra le labbra e l'altra mano occupata ad accenderla. Per poco non diede fuoco al fazzoletto.
Vanessa piegó le labbra carnose in un sorrisetto dovertito, come se quella non fosse casa sua, il suo letto. « Si, pieno di macchie rosse. »

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