CAPITOLO 19

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If I told you about
the darkness inside of me
would you still look at me
like i'm the sun?

Cassandra aveva passato la giornata, come al solito, al maneggio. Dopo il casino con Aron non aveva più osato bussare all'ufficio di Polly se non quando assolutamente necessario.
Era impazzita quando l'aveva visto con Irina, e non perchè odiasse lei o lui, o le desse davvero fastidio qualcuno facesse sesso in quell'ufficio che non era neanche suo. Era gelosa, gelosa di lui come se fosse qualcosa che le appartenesse, e invece di suo c'era solamente l'angoscia, il tormento, il modo in cui le scombussolava il petto ogni volta che le si avvicinava troppo.
Doveva toglierselo dalla testa, ci aveva provato dal primo istante in cui aveva capito per lei non vi fosse speranza, ma non riusciva, era come se fosse una parte di lei.

Aveva cenato con un'insalata: a furia di ordinare cibo d'asporto, sul viso le stavano venendo fuori dei brufoli che odiava. Aveva chiesto alla cuoca di prepararle qualcosa di leggero, che sapesse di salutare, peró la saziasse. Dopo, aveva pensato alle parole di Polina, quando le aveva chiesto se secondo lei fosse capace di fare un te, e le aveva risposto di sì, che non ci volesse nulla.
Era tardi, Cass era abbastanza certa che stessero tutti dormendo, l'unica cosa che non sapeva era se fosse rimasta a dormire Lidia, anche quella notte. Le piacque come cosa, significava che non avvertiva troppo la sua presenza, forse sarebbe potuta venire a vivere con loro.
Forse.

Si alzó dal divano dove amava cenare, davanti al caminetto acceso nel salottino di lei e del fratello. Indossava una delle tute che usava per allenarsi, da sopra una maglietta a maniche corte, coperta da una felpa nera che le stava sicuramente troppo grande. L'aveva fregata a qualche ragazzo, non ricordava neppure a chi, di preciso.
Se la sistemò meglio sulle spalle, e camminò, affondando i piedi nudi nel tappeto persiano. Cercò di non fare rumore, mentre si avviava verso la cucina. Forse, se fosse stato sveglio, avrebbe chiamato anche suo fratello, solo per offrirgli qualcosa fatto da lei; le stavano cominciando a piacere le loro chiacchierate notturne.
Arrivó fino al corridoio, oltre la porta. Il legno del parquet si piegó sotto i suoi passi, lenti. Quando giunse alle scale, sentì qualcosa. Si nascose, pensando di aver svegliato qualcuno a cui non volesse dare spiegazioni. E invece, mentre se ne stava con la schiena premuta contro il muro in una rientranza dove anni prima c'era un tavolino antico, vide passare Aron e suo fratello.
Che stavano tramando? Controlló l'ora sul cellulare, erano le undici passate.

Aggrottó lo sguardo, non erano affari suoi. Eppure, la tentazione era così forte che non riuscì a resistere, raccontó a se stessa che stesse andando in camera, a recuperare dei calzini da indossare perchè il marmo era troppo freddo.
Invece sperava di captare qualcosa delle loro conversazioni.

Andarono nel salottino dove prima c'era lei: Klaus si lamentó della ciotola sporca e delle posate che lei aveva lasciato lì, dopo aver cenato.
Invece Aron rise, Cassandra non lo sapeva, ma lui riusciva ad immaginarsela benissimo, mentre se ne stava seduta sul divano, a cercare qualcosa da guardare e intanto sgranocchiava la sua insalata.
« Le ho detto mille volte di non mangiare qui, è testarda da morire. »
« In caso contrario, non sarebbe tua sorella. »

Ormai lei era ferma, dietro la porta ad ascoltarli. Non si sarebbe mossa finché non avesse capito che diavolo stessero tramando.
Magari non tramano niente, è solo che ti piace ascoltare la voce di Nowak mentre parla di te.
Si chinó per stare più comoda. Klaus ricominció a parlare. « Senti, di questa cosa non sa niente nessuno, ho chiesto a te di occupartene perchè sei la persona di cui mi fido di più. » Sentì uno strano rumore, qualcosa che veniva poggiato sul tavolo.
Si sporse per guardare, senza farsi vedere.
Una pistola. Le tremarono le mani, si nascose subito, come se avesse paura di quell'oggetto.
Ma dai, non è la prima volta che ne vedi una, Cassy. Non era quella a terrorizzarla, ma la consapevolezza che dovessero fare qualcosa di rischioso, dopo che Klaus fosse quasi morto ammazzato.
« Ovviamente poi il locale e tutto quello che c'è dentro te lo prendi tu.
Ci fai quello che vuoi. » Se gli concedeva una cosa del genere, così grossa, significava che il rischio era altissimo. Le si aggroviglió lo stomaco.
« Se con lui ci sono altri, c'è la possibilità che ci sia più di una vittima. Sarà un bel casino da coprire. » Il tono di voce era sicuro, calmo come se stesse parlando di una sciocchezza.
« A quello ci penso io, tu devi solo liberarti di loro. »
« Consideralo già fatto. » No, no, no.
Si strinsero la mano, un gesto estremamente solenne. Poi Aron prese la pistola e se la nascose incastrandola tra i jeans, sotto il maglione.
Cassandra trasalì, tutto quello le ricordò di suo padre, del modo atroce in cui fosse morto e di come la sua mente cercasse ancora di dimenticare, senza riuscirci, l'odore del sangue, la disperazione della gente, il dolore di Klaus che non sapeva cosa fare.

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