CAPITOLO 24

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Tell me every terrible thing you ever did, and let me love you anyway

Cassandra restó ferma, lo sguardo puntato sulla stagnola piegata nella spazzola. Ci avrebbe messo un secondo, se avesse voluto. Pensó a quanto fosse a pezzi, a come sarebbe bastato un attimo per tornare a mille, a nutrirsi di una specie di finta felicità che peró, prima di ammazzarti, funzionava bene. « Non lo so, ho paura che poi non riesco più a smettere un'altra volta. » Lo disse ad alta voce, come se davanti avesse davvero una persona di cui potersi fidare. Aveva appena fatto un errore imperdonabile, qualcosa da cui Klaus l'aveva spesso messa in guardia: aveva rivelato un suo punto debole, a qualcuno di cui non si fidava neppure. Si morse una guancia e sospiró piano, dovette metterci quasi tutta la sua forza di volontà per non cedere. Perchè si conosceva, lo sapeva che non sarebbe mai stata una volta sola.
« Senti qui è deprimente, conservala per quando andiamo da qualche parte. » Alzó le spalle, stava cercando di prendere tempo. Non voleva ripeterle quanto fosse sbagliato, le sembrava di fare la parte di quella stupida. E non le si addiceva per niente.

Andrea a quel punto fece una smorfia stranita. Come se non le credesse. « E quando? Non mi sembra che tu esca molto. » Ancora con questa storia? Allora forse Vanessa non aveva tutti i torti.
Cassandra cercó di non farsi prendere dall'ansia, dall'angoscia di non essersi resa conto di star diventando ancora di piú la stupida sorella di Klaus. « Il giovedì c'è sempre una serata al Jeffer. » E forse avrebbe fatto bene ad andarci.
Tutta la giornata vedeva solamente gente che le ricordasse Aron, e i posti erano gli stessi che frequentava lui. Forse la soluzione era ritornare come prima. « Sicuramente Vanessa e gli altri ci vanno, di solito non fa schifo. » Anche se non riusciva a ricordare chiaramente nessuna delle serate passate lí.

« Guarda che ci conto. Questa casa è bellissima, ma dopo un po' toglie l'aria. »
A Cassandra venne da ridere. « ...Lo so. » Poi sospiró sommessamente.

Vi fu un attimo di silenzio, come se Andrea fosse indecisa se parlare o meno. Si morse il labbro inferiore e poi si sporse per guardare se non stesse entrando nessuno. Si piegó verso il viso di Cassandra e assottiglió lo sguardo. « È per questo che ieri notte sei scappata? » Credeva davvero di poter uscire illesa da quella conversazione?
« Eh? » La bionda sgranó gli occhi scavati dal sonno.
La bruna sorrise compiaciuta, comunque era molto più furba di quello che sembrava. O dava a vedere. D'altronde per entrare nelle grazie del boss dei De Vito doveva esserlo per forza. « Ho trovato il biglietto, ti vedi con uno? » Cantinenó, compiacendosi.
Cassandra s'innervosì subito. « Che cazzo ci facevi nella mia stanza? » Una notte con Aron ed era successo tutto quel casino. Eppure, l'avrebbe ripetuta esattamente come era andata.
« Usavo il bagno, tranquilla, non ti spio. »
« Non mi vedo con nessuno, comunque. »
« Dai, a me puoi dirlo. »
« Non c'è niente da dire, sono uscita per conto mio. »
Andrea roteó lo sguardo, ma tutto quel nervosismo la incuriosì ancora di più. « Guarda che non dico niente a Lidia. »
« Dille quello che cazzo vuoi, io non ho niente da nascondere. »
« Sicura? Sicura che se faccio arrivare questo bigliettino... » Tiró fuori dalla tasca il foglietto spiegazzato con la calligrafia di Aron ben evidente. Klaus ci avrebbe messo pochissimo a riconoscerla. « Se lo faccio arrivare a tuo fratello non succede niente? » Glie lo sventoló davanti al viso.

A quel punto la bionda decise che fosse arrivato il momento di smetterla d'esser carina, che se proprio doveva essere fregata da qualcuno era meglio che quella persona fosse suo fratello, o addirittura lei stessa, ma non Andrea, la sorella stronza di Lidia. Assottiglió lo sguardo gelido e l'accoltelló con una occhiata. « Vuoi metterti davvero contro di me, Andrea? »
Quella non se l'aspettava, quell'impeto improvviso di rabbia. « Sto solo cercando di capire... »
« Stai cercando di farti i cazzi miei, se pensi che una ramanzina di mio fratello mi faccia paura non hai capito un cazzo. » L'avvicinó abbastanza da doverla far indietreggiare, in modo da sovrastarla completamente. « Non me me frega un cazzo di cosa tu abbia dovuto passare, non pestarmi i piedi perchè qui quella che ha il coltello dalla parte del manico sono io, questa casa è mia, il cibo che mangi è mio, i vestiti che indossi sono miei, se dico a Klaus che hai fatto un passo falso, ti butta in mezzo alla strada. »
Balbettó qualcosa di incomprensibile, poi si ricompose. « Ma che stai dicendo. »
« Non pensare mai piú di essere alla mia altezza, io e te non siamo uguali. » Detto ció, si allontanó e tornó alle sue cose. Andrea s'infurió, Cassandra non aveva idea del perchè si fosse comportata in quel modo, voleva forse dimostrarle di essere furba? O voleva fare quella forte? « Non sarai mai come me. » Aveva esagerato. Come al solito, come era successo anche con Irina. Quando si sentiva attaccata reagiva avvelenando chiunque avesse intorno. Come poteva sapere, Andrea, quanto peso avessero le sue parole mentre parlava alla bionda?

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