Triste pensare che noi
Noi due non saremo nienteCassandra si era portata dietro un pacco di biscotti rubato dalla dispensa e un po' d'acqua. Indossava gli abiti più pesanti che avesse, e anche il sacco a pelo, era caldissimo. Il maneggio non era un posto fatto per dormire, lo sapeva bene e per questo s'era attrezzata come se avesse dovuto trascorrere la notte sotto le stelle.
Aveva deciso di restare fuori ancora un po', l'aria era gelida. Stava seduta sugli scalini di legno umidi che portavano alla porta dell'ufficio di Polina, tra l'indice e l'anulare della mano sinistra teneva stretta una sigaretta e tremava; quando respirava una nuvoletta opaca si formava oltre la sua bocca. Si divertiva a guardarla svanire nella notte, ogni volta che prendeva un tiro e poi svuotava i polmoni.Aveva detto a Polina di avvisare Aron, non aveva voglia di dirglielo lei, di parlarci. Non riusciva a gestire due cose contemporaneamente, o pensava al suo cavallo o a tutto il resto. E poi aveva ancora in mente le parole di Polina, quando le aveva detto che avrebbe dovuto decidere da sola.
Anche se ora sembrava assurdo, il tempo dava sempre una spiegazione alle sue previsioni.
Si sistemò la coperta di lana sulle spalle, prima di andare a letto si sarebbe fatta un te caldo, giusto per scaldarsi ancora.
Teneva le ginocchia strette. Quel posto era stupendo quando era vuoto, silenzioso. Allungò un braccio sulle ginocchia e inclinò il capo verso l'alto. Le stelle si vedevano benissimo, lontano dalla città. Avrebbe tanto voluto conoscere le costellazioni, qualche nome.
Spense la sigaretta sul terriccio umido, poi si alzó, la buttò nel cestino dentro l'ufficio e si chiuse la porta alle spalle. Alla fine Polly aveva fatto portare una brandina, anche abbastanza grande. Comunque le sembrò molto meglio dell'idea iniziale di dormire sul pavimento. Scricchiolava un po', pensò fosse un bene che non si muovesse troppo nel sonno.Forse avrebbe fatto meglio a fare un giro per i box, per controllare Crow. Si mise i guanti di pelle e decise che non fosse ancora il momento di andare a dormire. Scese i soliti gradini di legno umido e si guardò ancora intorno.
Camminò fino ai box, facendosi luce con il cellulare. Conosceva quel posto a memoria, avrebbe saputo raggiungerlo anche senza, ma se Crow si fosse sentito male aveva bisogno del telefono vicino, per chiamare immediatamente qialcuno. Quindo tantovaleva usarlo.
Non voleva spaventarlo, si limitò a controllare che dormisse, e poi restò lí ferma, immobile, non sapeva davvero che fare. Non poteva aiutarlo in alcun modo.Spense la luce e chiuse gli occhi, realizzò che fosse proprio una stupida. La sua presenza non avrebbe cambiato niente.
Improvvisamente sentí un rumore, era facile notarlo, perchè il maneggio era immerso nel silenzio più assoluto. Nascose il telefono e si pentí di non aver portato con se almeno un coltello. Strinse i pugni, era sempre in allerta.
Udí il rumore di un legnetto spezzarsi, sussultò e poi si sentí una scema, quando vide che era stata lei. Era già più tranquilla, anche se dopo Londra aveva sempre paura. Odiava avere paura.
Poi qualcuno l'afferrò da dietro, le tappò la bocca con una mano, non era stato stupido come quell'idiota che l'aveva beccata in corridoio all'università. Non poteva urlare, cosí cercò di liberare un braccio per tirare una gomitata sul torace a chiunque volesse farle del male. Anche se era strano, aveva una sensazione proprio strana. Come se non dovesse agitarsi tanto. Perchè?
« Vuoi per caso uccidermi, dopo tutto il casino che hai fatto per salvarmi? »
« ...Aron. » Come aveva fatto a non riconoscerlo subito? Aveva un profumo diverso. Non sapeva come reagire, se piangere o abbracciarlo. « Ma che ci fai qui? »
« Ti meriteresti di morire di freddo da sola, per colpa della tua testardaggine... ma non ci riesco. » Le mise un braccio attorno alle spalle e la strattonò forte per darle fastidio. « A fare cosa, scusa. » Aggiunse lei, piegandosi verso il basso sotto la spinta di Aron.
« A dirti di no. Non sono mai riuscito a lasciarti subire le conseguenze delle tue cazzate. »
Cassandra sorrise, abbassò lo sguardo e poi lo alzò lentamente.
Erano irrimediabilmente legati e avrebbe voluto dirgli che quella voglia di starle dietro non fosse altro che una maledizione, ma tacque. Tacque tutto, in quell'istante. Si guardarono e fu come se per un momento Aron avesse recuperato la memoria, aveva quegli occhi cosí invitanti che riuscivano a far sembrare niente tutti i guai a cui era andata incontro solo per poter stare a fissarli in quel modo, solo per perdercisi dentro una volta in più. Fu lui a distogliere per primo lo sguardo, ovviamente. Lei pensò che quella notte sarebbe stato meglio se lui non fosse andato a trovarla.
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REBORN
ChickLitCassandra è la sorellina minore del piú spietato boss di New York. Quando i loro genitori sono morti e Klaus ha preso il posto del padre, a soli ventidue anni, ha deciso di eliminare dalla sua vita la sorella, che mentre cresceva assomigliava sempre...