Capitolo 17

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Once you care you're fucked.

Belle

Ci sono tre tipi di persone che odio più di qualsiasi altra cosa al mondo. I primi sono quelli che riescono a leggere in macchina senza vomitare il loro pranzo o i loro intestini. Quelli senza traumi, Dio quanto sarebbe bello passare la propria vita senza aver paura di essere delusi dal prossimo o fare di tutto per non essere spezzati di nuovo e quindi allontanare tutti e tutto quel che di bello accade nella propria vita per colpa di aspettative futili. Gli ultimi sono quelli che riescono a piangere e rimanere belli. Per quale cazzo di motivo non potevo essere bella o almeno decente dopo aver pianto e invece ero qui, a fissare il mio riflesso allo specchio con gli occhi gonfi e le guance arrossate i capelli uno schifo totale e nuovi brufoli usciti durante la notte.
A cosa serviva chiamarsi Belle se ogni volta che mi guardavo allo specchio, eccetto qualche occasioni , non mi sentivo così attraente.
Il mio nome era una fottuta farsa.

Sciolsi i capelli che mi scivolarono in onde delicate sulla schiena e poi entrai nella vasca piena di acqua calda.
Ripensai a come mi ero comportata nei confronti di Julien e a quello che gli avevo detto, al modo in cui avevo visto i suoi occhi rattristirsi e come se qualcosa si fosse spezzato al loro interno.
Odiavo come ci eravamo lasciati. Erano passati tre giorni da allora e non aveva ne cercato di chiamarmi e non mi aveva nemmeno mandato un messaggio.

Non era forse quello che volevi? Sbarrassarti di lui definitivamente?

Non riuscivo a capire perché mi faceva sentire così. Ci conoscevamo appena da qualche settimane. L'unica cosa di cui avevamo parlato era che lavoro e il mio amore per l'arte. Sapevo che aveva un fratello e una nipote. Del suo amore per l'architettura ma a parte questo non sapevo nient'altro. Sapevo solo che stavo bene con lui. Non era solo per il sesso ma per quanto la sua sfrontatezza e il suo essere sicuro di se ma allo stesso tempo cosi dolce mi confondevano. Non aveva paura di mostrare ciò che provava a differenza mia. Non aveva paura di piangere o mostrarsi fragile. Era tutto ciò che qualunque donna avrebbe voluto. Ma io... io non sapevo cosa volevo. Sapevo solo che non volevo lasciarlo andare, non ora. Ma come avrei fatto a farmi perdonare dopo come gli avevo risposto? Tornai in camera da letto e mi buttai sul letto a pancia in giù con un tonfo, sbuffai stanca. Guardai l'ora sulla piccola sveglia posta sul comodino e mi resi conto di avere ancora un ora prima di andare al lavoro.

Non mi ero mai definita come una ragazza impulsiva anzi, ero il tipo di persona che pensava ad una cosa molte, troppe volte, prima di farla o decidere che sia una buona idea o meno. Quindi non riuscivo a capire come ero riuscita con due click Su Google a trovare l'indirizzo della sua compagnia e subito dopo aver finito con i documenti che avevo da controllare, mi ero fiondata fuori ed ero arrivata qui.
Fuori dall'edificio che ospitava gli uffici della sua compagnia. Avevo scoperto come grazie ai suoi investimenti era arrivato a dove era ora e a farsi un nome ancora così giovane. Erano le sette meno un quarto. Ero in macchina da circa un ora a contemplare la scelta di uscire e andare da lui a spiegare tutto oppure tornarmene a casa mia lasciando le cose così come erano.

Fanculo!

Esclamai sbattendo la porta alle mie spalle mentre uscivo dalla mia auto. Mi incamminai a grandi passi verso l'entrata da dove stavano uscendo un uomo vestito di tutto punto è una bionda con un completo in gonna grigio e i capelli raccolti in una coda alta.
E mentre la mia mano stava per spingere la porta la rilasciai cadere di nuovo al lato del mio corpo. Non ce la facevo. Cosa gli avrei detto, come mi sarei spiegata. Forse era meglio lasciare le cose così com'erano.
Stavo tornando indietro, i pensieri confusi quando mi senti prendere dal gomito. Lasciai un grido di spavento pronta ad urlare ancora più forte a chiunque si fosse permesso di toccarmi senza il mio consenso quando i miei occhi incontrarono i suoi.

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