Nineteenth

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Aspetto impaziente che le porte dell'ascensore si aprano, picchiettando il pavimento con la punta del tacco. Ho così tanto lavoro da recuperare che al solo pensiero mi gira la testa, ma cerco di incoraggiare me stessa mentalmente e bevo un altro sorso dallo 'starbucks' che stringo in una mano.

Mi dirigo verso il mio ufficio rapidamente, senza rivolgere nemmeno un saluto ai colleghi che mi guardano attraversare il corridoio.

Prendo un forte respiro e alzo il mento per finire il mio caffè e buttarlo nel cestino appena dietro la porta del mio ufficio, per poi alzare la testa e vedere quanti moduli riempiono il mio tavolo da lavoro, ma mi fermo sul posto e faccio subito un passo indietro quando non vedo nulla nel mio ufficio.

E non intendo solo le cartelle dei documenti, ma ... la mia scrivania. E la sedia.

Non c'è più una scrivania nel mio ufficio e non so se innervosirmi dello scherzetto che mi è stato fatto o preoccuparmi di essere stata licenziata, il che non mi risulta dato che ho cenato con il mio capo ieri sera e abbiamo passato la notte a festeggiare il compleanno di nostra figlia.

"Cerchi qualcosa?"

Salto sul posto quando una voce rauca più che famigliare arriva alle mie spalle, ma appena faccio per girarmi e guardarlo in faccia pronta a gridargli contro, sento il suo petto sfiorare la mia schiena, facendomi capire che oramai è così vicino che se mi dovessi voltare verso di lui non sarei capace di mettere due parole insieme.

"Qualcosa su cui sedermi, Jason."- allargo le braccia e indico lo spazio vuoti davanti ai nostri occhi, continuando a far finta di essere indifferente alla sua presenza, mentre lui fa finta che sia normale starmi attaccata al sedere.

Ieri sera ha detto di volersi avvicinare alla sua modella e oggi mi provoca davanti agli occhi di tutti quelli che riescono a vedere oltre le pareti trasparenti del mio ufficio.

E capisco che il suo gesto non è casuale quando lo sento avvicinarsi ancora di più, portandomi a fare un passo in avanti di scatto per allontanarmi da lui e dal suo profumo , per poi trovare il coraggio di affrontarlo faccia a faccia.

Lo incenerisco con gli occhi quando lo vedo davanti a me con le mani nelle tasche e un angolo della bocca piegato in alto con fare beffardo e pieno di malizia.

"Che gioco è, Jason?"- stringo la mia Stella Mccartney tra le dita, puntandogli l'indice contro in segno di minaccia, anche se tutto quello che ricevo in cambio è un sorriso che si allarga e lui che fa un passo in avanti per avvicinarsi di nuovo, prima di aprire di nuovo bocca con fare arrogante:

"Se vuoi nel mio ufficio c'è un posto in più."

Fa un passo di lato per mettersi al mio fianco senza smettere di guardarmi con la coda dell'occhio, mentre il mio sguardo punta oltre il corridoio.

Corrugo la fronte mentre le mie labbra si socchiudono in una 'o' per lo stupore e la confusione contemporaneamente quando noto che la mia scrivania è attaccata a quella di Jason nel suo stesso ufficio, al che alzo la testa Jason, per poi guardare di nuovo verso l'ufficio e ancora verso di lui.

"E' uno scherz..."- provo a dire per attirare la sua attenzione quando noto che anche lui guarda verso il suo posto di lavoro, ma non mi fa finire che inizia a incamminarsi e superarmi per attraversare il corridoio, mentre farfuglia un:

"Dì al tuo amico di ordinare per tre la prossima volta."

  Faccio per ribattere ma decido di rimanere zitta e ferma sul posto quando le sue parole iniziano a echeggiare nella mia testa. Non so se preoccuparmi della sua reazione o correre al piano di sotto a prendere a schiaffi l'unica persona che sospetto possa aver detto a mio marito della visita che Joseph mi ha fatto in ufficio qualche sera fa.

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