7° CAPITOLO If a look could kill/ Lies and absurd invitations

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7.

နσʆε🌞

Nashville, 20 febbraio 2014

"If a look could kill"


È passata una settimana da quando ho baciato il Maledetto.

Avessi fatto solo quello.

Sette giorni in cui ci siamo evitati.

Quando mi vedeva nei corridoi cambiava strada. Quando si allenava la squadra di nuoto evitavo di andare in piscina.

Non so cosa mi sia preso quel giorno.

Il mio corpo e il mio cervello non collaboravano, erano in lotta perenne tra loro, finché le sue labbra hanno raggiunto le mie. Non ci ho più capito più un fico secco, sono stata guidata solo dall'istinto e dalla passione.

Accidenti, gli ho quasi fatto un pompino.

Io.

La ragazzina che non era mai andata oltre i baci e qualche toccatina da sopra i vestiti.

Porca miseria, solo a pensarci arrossisco fino alla punta dei piedi. Per fortuna, il timore di essere colti sul fatto, mi ha frenato.

Devo continuare a evitarlo come la peste, anche per questo ho deciso di non continuare il lavoro al Toffee Coffee. Non posso rischiare di ritrovarmelo sempre tra i piedi, essendo un cliente abituale. Ninfea era molto dispiaciuta quando le ho comunicato la notizia, ma ha compreso la mia paura di restare indietro con le lezioni. Ovviamente non è a conoscenza del resto.

Qualcuno tossisce accanto a me. Sono in aula canto e Colton Anderson mi si è appena avvicinato. Uno dei ragazzi più fighi della N.H.T., sorridendo e guardandomi negli occhi: «È libero qui o stai tenendo il posto a qualcuno?»chiede, sbattendo i suoi grandi occhioni blu cobalto.

Ingoiando la saliva balbetto in risposta: «N....no è libero. Puoi sederti».

Non posso crederci, Colton, strappa mutande, Anderson, mi ha chiesto di potersi sedere accanto a me. Mi sento addosso le occhiate adirate di molte delle mie compagne di classe, ma possono stare tranquille, Colton non fa per me, anche se la sua bellezza mi agita. Non sono abituata a tutte questi maschi che mi gravitano attorno.

«Ok, non t'allargare Sole, l'aula accanto è piena di studenti, come al solito non ci sono molti posti liberi, per chi arriva a ridosso dell'inizio della lezione», penso, tra me e me.

Faccio un respiro e noto il professor Vivaldi entrare e accomodarsi in cattedra.

Si levano dei sospiri femminili in tutta l'aula.

Sì, il professor Theo Vivaldi è un fico storico. Alto e prestante, occhi verde acquamarina e bocca carnosa, è un giovane "uomo" di appena 23 anni, che ha iniziato quest'anno a lavorare alla N.H.T., come assistente di cui si servono gli altri prof. di cattedra. Tutta la scuola gli muore dietro, ovviamente.

Gira voce abbia una tresca con una sua collega.

Una mano entra improvvisamente nella mia visuale periferica. Colton Anderson, mi tocca un braccio e dice: «Mi presti una penna? La mia non scrive più»

«Ecco», mi sento rispondere e passandogliela aggiungo: «Io ne ho tante di riserva».

Si può essere più ovvi di così?

Sentendomi degli occhi addosso, mi volto e noto una ragazza dai lunghi e folti capelli neri e occhi molto chiari osservarmi, anzi fissarmi inebetita.

Non l'avevo mai vista da queste parti, deve essere nuova, proprio come me poco tempo fa. Una manciata di secondi dopo essersi accorta che l'ho beccata a fissarci, volta lo sguardo e torna a prestare attenzione al prof. Vivaldi, che in questo momento sta spiegando la tecnica del solfeggio.

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