Capitolo 39.2_2

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Dormente nell'intelletto, una nenia dal suo respiro burrascoso di vento raccontava di favole al vespro, la sua ingerenza dondolava tutto ciò che ero.

Attirava a tendermi, ancora, a condividere l'assillo, ad aspettare il rilassamento di ognuna di quelle sue fasce muscolari con cui si sorreggeva.

Era lo strazio peggiore nel migliore, era agitarmi sonnambula nell'ascolto di tutte le meraviglie che prosperavano laddove nessuno conosceva.

Insottraibile, mi teneva sollevata anche se gli addominali tremavano dallo sforzo, e la melodia che proveniva da lui aumentava la frequenza, spingendomi a seguire fino in fondo le storie che produceva.

La mia indole non era più riconoscibile, esistevo tesa soltanto alle infinite narrazioni del suo volto, trafelata, mentre il suo sguardo imprigionava la mia richiesta di non farla tornare come prima.

Ero nelle note più acute del suo essere, i racconti mi rendevano sorda e guidavano persino attraverso i riverberi delle sue cornee, dai quali percepivo illecite parole per me, e trasformative ricchezze, che non potevo far altro che voler dissotterrare.

E come l'attesa di una calamità, non sapevo se sarebbe stata tanto nefasta e consumante per il suo effetto su mente e corpo quanto lasciasse intendere, né se ero abbastanza preparata.

Sapevo che sarei dovuta scappare dalla paura, ma non potevo, non al punto dell'apogeo.

Registrai il momento esatto in cui Elias accettò di esserne causa scatenante, e il suo turbolento arrivo mise in moto i miei battiti su una corsia che non aveva ritorno.

Si arcuò di schiena per farmi avere la sua bocca, un'apertura profonda nella mia, un gemito di luci telluriche, pioggia torrenziale e fiori di Mandorlo che cercavano una loro promessa, allo scivolio delizioso e istintivo delle lingue.

Placò il mio sfinimento, facendomi tornare nuovamente sdraiata, con il suo grande fisico che mi bloccava sotto di lui, mentre si prendeva ogni affanno dalle mie labbra con inclemente lentezza.

Afferrai con le dita la sua maglia in un punto, poi in un altro, e in uno diverso ancora, da quanto avevo necessità che mi lasciasse vedere la sua convulsione.

Ero dentro un gorgo che mi stava trascinando giù, percepivo il sortilegio del suo sapore mischiato a quelle gocce d'acqua che lui mi aveva messo addosso, con tanta forza da esserne sopraffatta.

Era l'ineludibilità di ciò che si era da sempre mosso nella nostra ombra, subdolamente; era il finale abbandono nella volontà della sua bocca, del suo corpo, negli estremi del suo potere su di me.

Il piacere che ne traevo era bestiale, come lo era l'aumento della vigoria nel suo modo di farsi scoprire, di accordarmi la sua viscerale musica, una nota dopo l'altra di occulto cantastorie.

Le sue reazioni erano così nuove, ancora circondate da un'aura oscura, che non potei fare nulla quando il suo crescendo mi spostò a più riprese sul bordo della vasca fino a farmi pendere giù, e il suo braccio sostenne la mia schiena sulla superficie dell'acqua con fermezza.

La temperatura calò dietro di me, emisi un grazie, rabbrividendo nel suo respiro, Elias diede una pausa e mi guardò a lungo fissarlo da quella posizione senza lamentarmi degli altri capelli finiti per bagnarsi.

I suoi occhi espressero che era ciò che voleva vedere, che lo avevo portato a non avere più limite, e stava odiando e amando allo stesso tempo la sua impossibilità di scelta.

Baciai il suo mento, gli aromi di ogni fiore che avevo conosciuto grazie a lui erano sparsi sulla sua pelle, inspirai in quel ninfeo di giardino, volenterosa di ritrovarli a uno a uno, e lui riprese il mio fiato per sé con la sua lingua.

Un bacio come un Anemone, uno come una Viola del Pensiero, uno come un Nontiscordardime.

Qualcosa allargò la crepa che avevo, era una nettarea ricerca di quelle fioriture nell'altro, del significato che avevamo dato all'incontrarle sulla nostra strada, per non sapere come poterle lasciare.

Mi tirò su con lui, massaggiando la base della mia nuca infreddolita per il contatto con l'acqua, secondo dopo secondo di insostenibili carezze, mentre i miei capelli cadevano a cascata sulle sue spalle, inumidendole, e piccoli sfiati si ripetevano tra le nostre labbra.

Erano scoperte che stordivano, quelle che mi stava svelando con le sue esclusive storie, era l'abbondanza nelle sensazioni allucinogene a cui ero esposta quando eravamo insieme a questo modo.

Un indistruttibile e indimenticabile papavero da oppio, inalato per errore in un violento cataclisma che stava colpendo e sfasciando ogni cosa.

Avrebbe potuto darmi accesso a una infinità di gioie bronzee e rosee, con la sua incantevole voracità, in un altro tempo, in un altro luogo, ma nel mio, non poteva che essere un temporaneo estraniarsi nella devastazione.

Era come respirare a occhi chiusi in una ucronia, la bellezza dei calici dai sanguigni colori, disposti a file, a sedarci sdraiandoci uno tra le braccia dell'altro.

La melodiosa ottava che aleggiava intorno a quel ragazzo era una strofa dalla metrica misteriosa, che nessun umano avrebbe mai potuto studiare o comprendere, mi fece muovere su di lui per invertire il mio ruolo.

Mi sedetti a cavalcioni, una stretta sulle sue gambe che lo fece sospirare attaccato al mio collo, mentre iniziava a leccarlo con intensità, tenendomi premute le natiche con entrambe le sue mani.

Erano gli occhi penetranti di un astro dal candore gigliaceo, con i ciuffi neri calati sulle sue sopracciglia, quelli che mi puntò poco dopo, d'improvviso arrestandosi completamente in ogni altro godimento.

Ero tanto in Elias che non riuscii neanche ad ammettere quanto i tratti del suo viso stessero perdendo nitidezza, così come le linee del suo disegnato torace, sfilandosi, e come fosse lui a farlo succedere di proposito.

Si unì poco alla volta all'aria del cortile della casa, anziché a me, anche se io cercai di evitarlo, allacciandomi con delicatezza alla sua schiena per trattenerlo ancora sotto le mie cosce.

La sua infatuazione vibrava con il getto ritmico della fontana, scricchiolava con la chiamata dell'ascensore da un imprecisato piano, palpitava sul mio labbro schiuso per lo smarrimento.

Ero stata lasciata nell'azione, non potevo sapere con precisione dove si fosse messo, ma non smisi di avvertire che mi fosse lo stesso molto vicino, e che mi stesse guardando. Oh sì, come il vento di Saiph poteva arrivare a guardarmi. Dappertutto.

«Mi dispiace, il Maggiociondolo fa male per davvero, Ester», sussurrò.

Torno tra voi, finalmente

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Torno tra voi, finalmente. Voi che non avete mai smesso di stupirmi con il vostro affetto, di capirmi quando vi ho parlato del mio trasloco (ho cambiato appartamento e sono stati perciò mesi in cui le mie energie sono state dissipate e usate perlopiù sugli altri social, Instagram e Tiktok connessi alla storia). Sono dedicata cento per cento a Saiph, la porterò a termine nel modo migliore di cui sono capace :-) Parlando di questo, in realtà mancano pochi capitoli, sono tutti stra importanti. Se qua abbiamo finalmente avuto il bacio Elias- Ester, che molte di voi già volevano a Monte Isola, vi dico solo di prepararvi perchè non mi risparmio in rivelazioni ora. Fatemi sapere nei commenti come vi è sembrata questa parte, e se vi va supportatemi con il vostro voto. Un abbraccio a tutti per aver portato Saiph a più di 300.000 letture

Saiph - La mia stellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora