Capitolo 23.1

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                                                         Controvento



Il cielo si abbandonò su di noi, scese con una pioggia fine, musicale nel nostro sortilegio ambrato, ma Zeno non si spostò dal mio grembo.

Gocce trasparenti si posarono sulle sue guance perlacee, sotto a una luce debole, illusoria del sole, lucidando il suo viso mentre mi guardava dal basso.

Così vicino, eppure remoto.

Così uomo, eppure astro.

I suoi occhi, aperti gentilmente su di me, elidevano i movimenti delle persone intorno a noi, seguivano il braccio teso con cui avevo protetto fin da subito il nostro fiore di carta.

Erano il blu della tanzanite e il verde del peridoto, scintillanti pietre di un diadema regalatomi da una stella amica nel cosmo.

Li sentivo come gioielli sulla pelle, ora che si erano spostati sul mio collo, a impreziosirlo con uno sguardo tutt'altro che freddo, di infiniti carati.

Mi emozionai per loro, rabbrividendo, e il ragazzo lo percepì dal leggero tremolio del mio corpo, involontario.

Sollevò gli occhi al mento, facendomi palpitare il cuore dei battiti di una intera vita in pochi istanti, e poi alle mie labbra.

I loro bagliori parevano fendere l'aria umida, dare lustri colori alla pioviggine, duettare con il maltempo, per poter lasciare sulla mia bocca almeno un bacio di luce.

«Tu...avevi letto il nome della località quando mi hai raggiunto in quella spiaggia al lago?» mi chiese.

«No, su nessun cartello.» ammisi, ripercorrendo nei pensieri il sentiero che aveva portato a un incontro.

«Ci tieni che te lo dica?» domandò, incrociando finalmente il mio sguardo.

«Sì, ci tengo.» confidai. Una risposta che lui prese con sé per farla diventare quel respiro che gli mancava, per farlo tirare su con il busto e allineare le sue labbra alle mie.

«Paradiso.» sussurrò, il volto così vicino da coprire con la sua visuale perfino il cielo piangente all'orizzonte plumbeo. «Si chiamava Paradiso.»

Io e te...a Paradiso?

Il vento fece danzare la pioggia sopra di lui, spruzzi d'acqua appena accennati sui suoi capelli chiari, lo rese più naturale, abbracciato dal mondo in cui vivevo, accolto con garbo nella sua visita terrestre.

Si scostò da me, senza dire altro, lasciandomi sedotta e stupita, a guardarlo di nuovo appoggiato con la testa sulle mie gambe, le palpebre chiuse in una pacata attesa.

La sua bocca pronunciata era il centro delle mie fantasie, anche se avrei preferito non fosse così, e cercavo di distrarmi mettendo il nostro fiore all'asciutto in borsa, dove era pure l'altro.

Le gocce si infittirono da un momento all'altro, schizzando su di noi con una maggiore rapidità, sentii subito le insegnanti annunciare che la lezione era sospesa.

Zeno si sollevò, disturbato da quel picchiettare continuo, pulendosi la fronte e le guance con un braccio, e in quel momento realizzai che l'acqua battente avrebbe potuto fare male alla sua pelle.

«Questa non ci voleva!» esclamai, rialzandomi in piedi, notando alcuni partecipanti intorno a noi cercare riparo sotto grossi alberi, altri congedarsi.

«No, per niente.» concordò, lanciando un'occhiata veloce alle mie labbra che mi fece avvertire uno sfarfallio nello stomaco. «Devo andare via, perchè potrebbe peggiorare e anche con tutta la buona volontà, senza ombrello è difficile per me.»

«Sì, devi andare.» sostenni, sentendomi scissa, da un lato l'idea di accompagnarlo, dall'altra la consapevolezza che fosse meglio per lui lasciarlo solo. 

In quel momento, lo sguardo del ragazzo mi oltrepassò, cambiando espressione, e ne intuii il motivo solo quando la pioggia cessò di cadere su di me.

Una giacca era ora sollevata sulla mia testa, tenuta in alto da due grandi mani che mi riparavano dallo scroscio d'acqua.

Avvertii la consistenza del suo fisico dietro la mia schiena, anche se mi stava appena sfiorando, e capii che era tornato dal suo giro, iniziato quando io ero andata da Zeno per creare un secondo fiore.

Il ragazzo si spostò al mio fianco, vicinissimo, coprendo sé stesso e me con quella giacca aperta, la sua; una sola e ristretta stoffa divisa in due, sotto le lacrime di un cielo gonfio e ingrigito di nuvole.

«Elias.»

E' arrivata anche la nostra pietra ancora tutta da venare, chissà che cosa succederà adesso

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E' arrivata anche la nostra pietra ancora tutta da venare, chissà che cosa succederà adesso. Idee? Con Zeno abbiamo scoperto di essere stati a Paradiso in uno degli scorsi capitoli, posto che esiste veramente a Monte Isola e che confina proprio con Carzano; con Elias... Spero che questa parte, anche se corta, vi sia piaciuta. Fatemi sapere le vostre impressioni sui personaggi nei commenti. Tornerò con la seconda parte domenica prossima! ❤

Saiph - La mia stellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora