17. Tutti insieme appassionatamente

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Florencia

È l'odore della cioccolata calda a causare il mio risveglio, salendo dalla cucina su per le scale fino alla mia stanza, dove la porta è accostata perché non si sa mai se qualcuno dovesse sentirsi male.

Subito avverto una voragine aprirsi all'altezza dello stomaco e abbandono all'istante l'idea di tornare tra le braccia di Morfeo, alzandomi a sedere mentre stiro braccia e schiena.

Mi alzo e scosto le tende: gli alberi sono tutti imbiancati e la neve che cade a più riprese dai rami più piccoli mi fa intuire che deve aver nevicato in nottata.

Sembra zucchero a velo.

Accidenti a me, non riesco a non pensare al cibo!

Il brontolio che sorge dalla pancia suggerisce di muovermi verso la cucina, cosa che faccio dopo aver infilato un cardigan in lana dato che ho sempre freddo al risveglio.

Mi affaccio sulla porta e vedo Martin di spalle che armeggia ai fornelli, mescolando qualcosa in un pentolino.

Sghignazzo: è davvero ridicolo con quel grembiulino rosa che ha comprato a Vancouver.

Deve avermi sentita perché si gira e lo vedo sorridere flebilmente, come se si vergognasse.

Capisco dove vuole arrivare già prima che inizi a parlare.

– Buongiorno –, mi saluta e io ricambio, avvicinandomi a braccia conserte.

– Ho sentito un certo profumino. Hai comprato il Ciobar a Milano?– chiedo sarcastica.

– Spiritosa. Ho usato le tavolette intere ed è fondente. Ingrassa meno.

Si fa serio e abbassa lo sguardo sulla colazione.

– Sotterriamo l'ascia di guerra?

– No –, rispondo secca e lui apre la bocca scandalizzato, per poi allontanare il pentolino

– Allora fattela da sola la colazione!

– Quando fai così sei proprio una checca isterica, sai?– dico,– Sei stato tu a esagerare, e adesso fai anche quello piccato! Roba da non credere, che faccia di bronzo!

– Non è vero, sto cercando di scusarmi!

– Con una cioccolata calda?! Puoi fare di meglio –, rispondo tornando a braccia conserte, e sono seria, lo penso davvero. Voglio che la smetta di dire cosa posso o non posso fare.

Martin sospira, prendendo due tazze mug dalla lavastoviglie.

– Sono solo preoccupato per te. Quel tizio non è una bella persona.

– Ma te cosa ne sai? Chi è che ci ha parlato? Io, non tu –, ribatto infastidita.

Veniamo interrotti dal telefono di casa che inizia a squillare e Martin risponde, passandomi poi la cornetta con sguardo accigliato.

– Sì?

– Florencia, ciao.

La voce di Jordan entra chiara nel mio orecchio, titubante come al solito, e l'arrabbiatura lascia il posto a un'improvvisa contentezza.

– Ciao Jo! Come... come stai?

– In piedi, perché?

Mi metto a ridere e lui si scusa:– Perdonami, io... prendo tutto alla lettera e...

– L'Asparago, lo so.

C'è un momento di silenzio.

– Asperger –, puntualizza lui e alzo gli occhi al cielo.

La nebulosa del granchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora