11. Tra incudine e martello

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"Di più non posso fare".

- Tratto da Lettere a Theo,
Vincent Van Gogh

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Erano trascorsi due giorni da quando Ginevra e Oliver avevano fatto ritorno ad Amsterdam. Gli ultimi giorni a Barcellona erano trascorsi lentamente - forse fin troppo - e la ragazza non vedeva l'ora di tornare a casa. Oliver aveva fatto di tutto per alzarle il morale ma la sua felicità era sempre a breve termine. Riusciva a dimenticare Pedri per poco più di due ore e poi ritornava la voglia di sentire la sua voce che le sussurrava quanto la amasse.

Una volta tornata nella città olandese, Hélène l'aveva riempita di domande alle quali Ginevra aveva sempre risposto superficialmente e non approfondendo più di tanto le sue risposte. La sua coinquilina, di conseguenza, aveva intuito che qualcosa non andava e le aveva lasciato i suoi spazi.

Quella mattina il tempo non era dei migliori. Dei grossi nuvoloni grigi riempivano il cielo di Amsterdam e presto sarebbe arrivato un vero e proprio temporale. Ginevra aveva le lenzuola che le arrivavano fino a metà busto e dormiva beatamente. I capelli le ricadevano sul viso e la bocca semiaperta fece apparire un piccolo sorriso sul volto di Oliver. Le spostò i capelli dalla guancia e le diede un piccolo bacio su di essa. Ginevra emise un flebile lamento prima di cambiare posizione.

Aprì lentamente gli occhi e sbuffò quando realizzò che quella non sarebbe stata una giornata di sole. Si alzò dal letto e si mise a sedere per poi strofinarsi gli occhi. Le lacrime che aveva versato la notte prima, si erano ormai asciugate. «Buongiorno Oliver» lo salutò con un debole sorriso.

Il ragazzo fece un cenno con il capo in segno di saluto e le mostrò la scatola che aveva tra le mani. «È per me?» Gli chiese e Oliver annuì. Prese quella misteriosa scatola beige e la aprì, rivelandone il contenuto. «Oh, non dovevi» gli disse, facendogli segno di avvicinarsi per poterlo abbracciare. «Portarti la colazione è il minimo che possa fare dopo tutto ciò che è successo»

Oliver si era sentito tremendamente in colpa per aver costretto Ginevra a scegliere tra lui, il ragazzo che l'aveva aiutata in un periodo difficile, e Pedri, il ragazzo che la amava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma sentiva che, se non lo avesse fatto, Ginevra avrebbe continuato a stare male. Il mondo del calcio è caratterizzato da continue pressioni da parte della stampa e Oliver credeva fermamente che la ragazza non ce l'avrebbe fatta a stare sotto i riflettori.

«Già mi hai spiegato perché lo hai fatto. Devi stare tranquillo» lo rassicurò Ginevra, sciogliendo l'abbraccio. «Io e Pedri non saremmo mai potuti stare assieme. Ci hai visti? Lui è estroverso e conosciuto mondialmente mentre io sono diffidente e ho paura del mondo esterno» aggiunse. Non sarebbero mai potuti essere felici insieme. Erano completamente diversi l'uno dall'altra. Non sarebbero mai riusciti a trovare un punto d'incontro. Non sarebbero mai riusciti ad amarsi per davvero. Ginevra si era ripetuta quelle parole miliardi di volte, cercando di convincersi che era effettivamente così.

Oliver le accarezzò i capelli, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi che sembravano illuminare quella stanza quasi del tutto buia.

«Connor e Hélène passeranno l'intera giornata a fare delle commissioni, quindi ti toccherà pranzare con il sottoscritto» disse, puntandosi l'indice contro. «Ma che sfortuna» disse Ginevra alzandosi gli occhi al cielo e scoppiando in una risata. Il ragazzo le fece la linguaccia. «Ed io che volevo portarti in un posto bellissimo...»

«Di che posto si tratta?» Gli chiese con un pizzico di curiosità nella voce. «Se accetti di venire, lo scoprirai» le rispose il ragazzo. «Credevo che fosse sottinteso il fatto che sarei venuta»

Midnights in Amsterdam ; PedriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora