50.

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Giorno 16.

Tre ore.
Avevano ancora tre ore prima che Giulia venisse dichiarata cerebralmente morta.
Charles non aveva dormito tutta notte, aveva passato ore e ore a fissare il soffitto di quella camera d'hotel, non riuscendo a togliersi dalla testa un pensiero. Non riusciva quasi più a ricordare il suono della sua voce.
Non la sentiva parlare solo da poco più di due settimane e ricordava il colore dei suoi occhi o il sapore delle sue labbra, ma non riusciva più a ricordare il suono della sua voce, non nei minimi dettagli. Era sicuro che l'avrebbe riconosciuta immediatamente fra altre centomila voci, eppure questo non bastava per lui, voleva risentirla disperatamente, voleva non doversi più preoccupare di dimenticarne il suono.
Quella mattina Charles si svegliò alle otto in punto e si preparò senza neanche guardarsi allo specchio, sapendo perfettamente di avere una cera pessima. Infilò il portafoglio e il cellulare in tasca senza controllare le notifiche, poi uscì dalla camera d'hotel e si avviò immediatamente verso il negozio di fiori.
Charles entrò nel piccolo e ormai famigliare negozio in fondo alla strada, rivolgendosi subito all'anziana signora che si trovava dietro al bancone, nonché proprietaria del negozio.
"Buongiorno." Salutò immediatamente, rivolgendole un dolce sorriso.
"Buongiorno, caro. Sempre il solito, immagino."
"Si, un tulipano giallo, grazie."
Mentre la signora si avvicinava al vaso di tulipani, scegliendo il fiore più bello, rivolse uno sguardo curioso al monegasco. "Posso chiederti per chi sono questi tulipani, caro?"
"Per una ragazza. Le porto un fiore ogni giorno."
La signora gli rivolse uno sguardo pieno di tenerezza, poi gli porse il tulipano con un sorriso.
"E questo tulipano che numero è?"
Charles accennò un piccolo sorriso, passandosi una mano fra i capelli e abbassando lo sguardo sul fiore.
"Il numero sedici, questo è il tulipano numero sedici." Sussurrò con un filo di voce, abbassando lo sguardo verso terra e lasciandosi andare ad un piccolo sospiro.
Quello sarebbe stato l'ultimo tulipano.
Charles lo sapeva perfettamente.
I casi era due: o sarebbe arrivato in ospedale trovando Giulia sveglia, e allora quello sarebbe stato l'ultimo tulipano perché lei stava finalmente bene, oppure sarebbe arrivato in ospedale trovando Giulia ancora in coma e avrebbe dovuto passare le successive tre ore a chiedersi se quelle sarebbero state le ultime.
Non si era azzardato a chiedere ai genitori di Giulia che cosa avrebbero voluto fare nel caso in cui fosse dichiarata cerebralmente morta, ma sapeva che Giulia fosse una donatrice di organi e temeva con tutto se stesso che avrebbero optato per quella scelta. Charles d'altro canto, anche se sapeva fosse la scelta giusta, preferiva non accadesse; il monegasco preferiva sperare che lei si sarebbe risvegliata e che i dottori si fossero sbagliati nella diagnosi finale.
Voleva ancora sperare nonostante tutto.
Voleva ancora lottare per lei nonostante tutto.
Quando raggiunse l'ospedale poco dopo, rimase fermo quasi una decina di minuti a fissare le porte scorrevoli aprirsi e chiudersi, lasciando passare pazienti, famigliari e dipendenti dell'ospedale. C'erano persone che uscivano con il sorriso sulle labbra, probabilmente dopo aver ricevuto notizie rincuoranti, e poi vi erano persone che invece ne uscivano con uno sguardo addolorato e con ancora i segni delle lacrime e del pianto sul viso.
"Spero di uscire dall'ospedale questa sera con il sorriso." Pensò fra se e se, abbassando lo sguardo sul tulipano che stringeva fra le dita. Quel tulipano era diverso dagli altri, aveva scelto quel tulipano perché, nonostante fosse di un bel giallo sgargiante, vi erano delle piccole e quasi impercettibili sfumature rosse.
Voleva che fosse quello l'ultimo tulipano, voleva che fosse quello.
Il sedicesimo tulipano.
L'ultimo.
Ironia della sorte, quello era anche il numero di Charles.
Se Giulia fosse morta proprio quel giorno, il sedicesimo giorno dopo l'incidente, Charles probabilmente non sarebbe più riuscito a convivere con quel numero.
"Questo numero non ha mai portato tanta fortuna a me." Pensò poi fra se e se, deglutendo rumorosamente e ricordando tutta la sfortuna che lo aveva colpito da quando aveva scelto quel numero. "Spero solo che la sfortuna non venga a colpirmi anche qui, anche oggi."
Con un profondo respiro, Charles prese finalmente coraggio ed entrò, superando le porte scorrevoli. Joris si era proposto di accompagnarlo la sera precedente, quando erano tornati in hotel e il monegasco aveva ammesso che sarebbe tornato quella mattina presto. L'amico si era subito offerto di accompagnarlo, ma era stato proprio Charles a chiedergli di non farlo, a chiedergli di lasciargli lo spazio di cui aveva bisogno.
Doveva affrontare quella giornata da solo.
Aveva bisogno di affrontare tutto quello da solo.
Se poi avesse avuto bisogno di aiuto, sapeva subito dove andarlo a cercare: sapeva di poter contare nei suoi fratelli, in Joris, Andrea e in generale la sua famiglia e i suoi amici.
Giunto davanti alla porta di Giulia, Charles tenne lo sguardo fisso verso terra, non essendo psicologicamente pronto ad alzarlo verso il letto di lei, non essendo psicologicamente pronto a vedere finalmente cosa sarebbe successo.
Quando sentì poi un leggero fruscio e del rumore provenire dalla stanza, il monegasco alzò immediatamente la testa, sentendo gia il sorriso spuntare sulla labbra e immaginandosi gia di vedere gli occhi grigi di Giulia ammirarlo da lontano, da dentro la stanza.
I suoi occhi, però, si posarono sulle due infermiere che stavano spegnendo i monitor di controllo e che stavano cambiando le lenzuola e la federa del cuscino.
Di Giulia neanche l'ombra.
Cercò con lo sguardo i tulipani sul comodino ma anche quelli sembravano essere spariti, così controllò nuovamente il numero della stanza, come se fosse sicuro di essersi sbagliato. Se lei non era li, allora la camera doveva essere quella sbagliata, giusto?
Ma appena riconobbe il numero affisso appena fuori dalla stanza, Charles sentì il panico invaderlo.
Lei non era li.
Sentiva gia le lacrime scorrergli sulle guance e, nonostante cercasse in tutti i modi di smettere di piangere, non ci riusciva. C'era solo un motivo plausibile per la mancanza di Giulia e dei tulipani all'interno della stanza: lei non c'era più.
"No." Singhiozzò infine, attirando l'attenzione delle infermiere e anche di Celine, la prima infermiera che avevano incontrato quando Giulia fu portata li il giorno dell'incidente. Quel giorno Charles le aveva gridato contro e si era sentito immediatamente una brutta persona per quello, ma da quel momento aveva chiesto scusa alla povera ragazza e ogni giorno si salutavano anche. Celine era stata anche l'unica infermiera che si era premurata di fornirgli un vaso di fiori adeguato quando Charles glielo aveva chiesto. "No, no non può essere morta."
Charles continuò a piangere e a singhiozzare, mentre le due ragazze si rivolsero uno sguardo preoccupato e confuso; fu proprio Celine ad avvicinarsi a lui e a posargli una mano sul braccio, con titubanza.
"Signor Leclerc, la signorina Corsi non è morta."
Il monegasco non connesse subito quelle parole, continuò a piangere e continuò a sentire quel peso famigliare premere sul petto, lo stesso peso che aveva sentito dopo Jules e dopo suo padre, lo stesso peso che sapeva non se ne sarebbe mai andato, lo stesso peso che poteva solo affievolirsi, ma mai sparire completamente.
"C-Come?" Chiese dopo qualche secondo, cercando di calmare il respiro e sperando con tutto se stesso di non aver sentito male, sperando che non fosse solo la sua immaginazione a fargli un brutto effetto.
"La signorina Corsi non è morta, è solo stata trasferita in un'altra ala dell'ospedale. Si è risvegliata questa notte e i dottori hanno fatto tutti gli esami necessari: lei sta bene e non c'era più motivo per tenerla in terapia intensiva. Dovrà restare sotto controllo per almeno qualche settimana, ma sta bene. È stata trasferita solo al piano di sopra, stanza C61."
Charles riprese quasi immediatamente a respirare, sentendo i polmoni riempirsi di aria fresca, come se per tutti quei giorni non fosse riuscito a farlo bene, come se per tutti quei giorni avesse respirato del fumo denso e non salutare. Sentì il sollievo invaderlo e subito dopo sentì tutta la gratitudine verso i medici e gli infermieri che l'avevano aiutata a guarire, che l'avevano mantenuta in vita, che l'avevano salvata.
Per questo si sporse verso l'infermiera, abbracciandola e stringendola forte al proprio petto; fece lo stesso anche con l'altra ragazza, che rimase piuttosto rigida per l'imbarazzo, poi Charles si asciugò le lacrime e le guardò un'ultima volta.
"E i tulipani?" Chiese a Celine, sapendo perfettamente che lei conosceva tutta la storia dei fiori e quanto fossero importanti per lui.
"Li ho spostati personalmente nell'altra stanza. Direi che manca solo quello all'appello." Rispose la ragazza, indicando il fiore che ancora stringeva fra le dita, l'ultimo tulipano.
Charles si asciugò ancora le guance e gli occhi, sorrise ad entrambe e le ringraziò una seconda volta, poi si voltò e corse verso le scale, salendo al piano successivo e facendo i gradini due a due. Rischiò anche di inciampare per la fretta, ma se ne fregò di quel piccolo particolare, limitandosi ad afferrare il corrimano per non perdere l'equilibrio. Raggiunse il piano con il fiatone, sia per le scale sia per il pianto che aveva avuto solo pochi minuti prima, poi corse lungo il corridoio, cercando con lo sguardo la targhetta che indicava la camera giusta.
"Non si corre in ospedale!" Lo riprese un'infermiera anziana, lanciandogli uno sguardo di fuoco.
Il monegasco si scusò velocemente con un gesto della mano, poi si bloccò quando il suo sguardo si soffermò sul numero giusto, sulla stanza giusta.
Non aveva dubbi al riguardo, ma anche se li avesse avuti, vedere i genitori di Giulia uscire proprio da quella stanza in compagnia di Francesca era la conferma di cui aveva bisogno.
Rimase immobile per qualche istante, poi prese coraggio e si avvicinò di nuovo a loro, senza spostare lo sguardo sulla stanza, sapendo perfettamente che vedere Giulia lo avrebbe mandato in tilt in un millisecondo, ancora più velocemente di quanto lui fosse su un circuito di formula uno.
"Come sta?" Chiese con ancora il fiatone, attirando finalmente l'attenzione dei suoi genitori e dell'allenatrice; si voltarono tutti nella sua direzione e sorrisero.
"Questo è un buon segno." Pensò subito fra se e se, sentendo gia il cuore battere all'impazzata alla sola idea di vederla, di rivedere i suoi meravigliosi occhi, di sentire di nuovo la sua voce, di poterla stringere in un abbraccio e sentire il suo corpo vivo fra le sue braccia.
"Sta bene." Rispose prontamente Francesca, sorridendo dolcemente e spostando lo sguardo sul tulipano che Charles ancora teneva in mano. "Non ha fatto altro che chiedere di te da quando si è risvegliata, ma immagino che tu non abbia visto i messaggi che ti ho mandato qualche ora fa, quando ci hanno detto che si era svegliata."
Charles afferrò immediatamente il cellulare dalla tasca dei jeans e arrossì appena si rese conto delle decine e decine di messaggi e chiamate che aveva ricevuto da Francesca, Joris e anche da Andrea.
"M-Mi dispiace, non ho proprio visto i messaggi e non ho neanche sentito le chiamate. È stata una notte lunga e... ho silenziato il telefono per tutte le notifiche che ricevo da amici e dal team."
Francesca accennò un sorriso, poi fece un piccolo cenno con il capo e lo invitò ad entrare nella camera di Giulia.
"Non preoccuparti di questo. Vai da lei ora, è diventata assillante con il chiedere di te ogni dieci minuti." Ridacchiò immediatamente, poi si fece leggermente più seria, posando una mano sul braccio di Charles. "Per certe cose è molto confusa. I dottori dicono che è normale e che ci vorrà del tempo affinché stia meglio. Ma ricorda tutto, tranne l'incidente, è solo un po' confusa su alcune cose, quindi vacci piano con lei."
Charles deglutì leggermente, annuendo. Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, poi posò la mano sulla maniglia della porta e, con una spinta, la aprì, alzando finalmente lo sguardo.
Lei era li, seduta sul suo letto con ancora la fasciatura intorno alla testa; era leggermente pallida ma, appena i loro occhi si incrociarono, un leggero rossore prese spazio sulle sue guance. Charles rimase fermo qualche secondo ammirando ogni singola cosa, ammirando i suoi meravigliosi occhi grigi e sentendo il cuore battere ancora più velocemente appena incrociò il suo sguardo, poi ammirò il leggero sorriso che iniziò a formarsi sulle sue labbra e infine posò lo sguardo sulle sue mani, che stavano giocando con il leggero lenzuolo, probabilmente per sfogare la tensione.
"Allora, dormo per sedici giorni e quando mi risveglio scopro che mi hai portato fiori ogni giorno, che hai pubblicato un brano al piano per me e che mi hai anche dedicato una vittoria in formula uno? Devo proprio averti fatto innamorare pazzamente di me." Sussurrò Giulia con il sorriso sulle labbra, sentendo comunque le guance scaldarsi per l'imbarazzo. Se per Charles, Giulia era cambiata molto in quei giorni, anche per Giulia era così e il viso magro e le occhiaie del monegasco ne erano un segno inconfutabile.
Charles rimase fermo per qualche secondo di troppo, poi abbassò lo sguardo sull'ultimo tulipano che aveva preso per lei proprio qualche minuto prima, sorridendo e lasciando cadere un'ultima lacrima sul pavimento. Rialzò di nuovo lo sguardo sul viso di Giulia e sorrise, facendo subito un passo verso di lei, lentamente. Le si avvicinò lentamente, lasciando vagare lo sguardo sul suo viso, sul suo corpo, sulle sue labbra rosee, poi si morse il labbro inferiore, arrivando finalmente vicino al suo letto. Allungò una mano verso di lei, accarezzandole la guancia con la punta delle dita e sentendo ancora il cuore battere all'impazzata dentro il proprio petto: batteva così per lei.
"Lo hai fatto." Sussurrò il monegasco, abbassandosi alla sua altezza e guardandola meglio negli occhi, avvicinando i loro visi l'uno all'altra. Abbassò per un istante lo sguardo sulle labbra di lei, poi tornò a guardarla negli occhi e sorrise ancora di più. "Sono follemente innamorato di te, Giulia Corsi e non vedevo l'ora di poterti guardare negli occhi per dirtelo, per dirti quanto sono innamorato di te; se fossi morta in quel maledetto incidente, sarei venuto io stesso nell' aldilà a riprenderti solo per dirti quanto ti amo."
Giulia si morse il labbro inferiore, poi sorrise e allungò lei stessa una mano verso di lui, accarezzandogli una guancia e passando il pollice sulla leggera barbetta che aveva lasciato crescere. Sorrise, sentendo le guance farsi sempre più rosse.
"Lo so." Sorrise immediatamente, abbassando lo sguardo sulle labbra di lui. "Ti ho sentito. Ti ho sentito ogni giorno. Resto con te, Charles. Non vado da nessuna parte, resto con te e ci resterò sempre."
Charles sorrise ancora di più, avvicinando le labbra alle sue senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi. "Ora ti chiederò una cosa Giulia Corsi. Ti chiederò una cosa e voglio che tu sia sincera e che mi risponda con tranquillità." Aggiunse, ricordando le parole che le aveva detto la prima volta che si erano baciati.
Giulia le riconobbe subito, infatti sorrise e annuì, aspettando che continuasse.
"Posso baciarti?"
Questa volta Giulia non gli rispose, prese Charles per il colletto della maglia e si sporse verso di lui, posando le labbra su di lui e baciandolo.
E proprio come la prima volta, si sentirono di nuovo sulle nuvole.

~•~
Eccoci qui con il capitolo 50!
So che molti di voi temevano che avrei fatto perdere la memoria a Giulia, ma sarei stata davvero una brutta persona: direi che sia voi lettori sia Charles abbiate sofferto abbastanza.
Giulia e Charles si sono finalmente confessati i loro sentimenti e, ormai, si tratta solo di scoprire come proseguirà la loro relazione nel tempo. Questo percorso, seppur sofferto, ha sicuramente aiutato Charles a capire quanto tenga a Giulia, vedete poi nei prossimi capitoli di più.
Vi voglio gia avvertire, prima che vi venga un attacco di panico lunedì, che il prossimo capitolo sarà denominato come "epilogo" ma saranno presenti ben cinque capitoli extra che andranno a mostrarvi la vita dei nostri protagonisti. Mancano quindi ancora due settimane alla fine completa della storia.
Ci vediamo lunedì con l'epilogo!
Saragarnier

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