27. cuore di gelo(sia)

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Steve li guardava interdetto. Guardò prima Zero preoccupato, poi il ragazzo, con aria dubbiosa. Seduto irrequieto sulla sua sedia, Cinque gli lanciò un'occhiata altrettanto inquisitoria, ma più inquietante. Fece poi una smorfia di dolore appena accennata, dovute alle medicazioni di Zero.
La tensione era palpabile.
«Cos'hai da guardare?» sputò Cinque irritato.
«Senti, io non-»
«Steve» lo fermò lei «stai zitto»
«Ma-»
«Perché non vai a nanna, Steve?» chiese lui, le labbra curvate in un sorriso provocatorio.
Il ragazzo ruppe il contatto visivo e, sospirando, si diresse verso le scale per il piano inferiore.
«Piantala di fare lo stronzo» sbuffò lei.
«Perché non vai a fermarlo? Dai, supplicalo di restare, magari disperata, tirandolo per quella stupida camicia a quadri»
Allora uno schiaffo colmo di rabbia gli colpì la guancia. Lui non fece nulla per evitarlo. «Mettiteli da solo i punti» e se ne andò, scendendo anche lei di sotto.
Cinque si lasciò sprofondare nel vecchio divano, godendosi i residui di dolore che, pizzicante e insistente, gli teneva compagnia in quel silenzio insopportabile.

«Perché non gli piaccio?» le chiese il ragazzo, seduto a terra, accanto alla porta aperta del negozio, con una sigaretta in mano.
«A lui non piace nessuno» fu la sua risposta secca.
«Un po' come a te» osservò lui.
Approvò silenziosamente mentre si sedeva di fronte a lui.
«Però io ti piaccio, vero? Cioè, non in quel senso, nel senso che-»
«Sì, mi piaci» lo interruppe «se no non starei qua a perdere tempo a parlarti»
Steve espirò una nuvola di fumo, quasi un sospiro. Un minuscolo sorriso gli fulminò il viso.
«Ignoralo» riprese lei il discorso «È solo preso male per l'apocalisse che non è riuscito a fermare»
«Preso male?» chiese lui confuso.
«Significa che è di cattivo umore» spiegò. Capitava spesso che Zero mischiasse modi di dire di varie epoche senza rendersene conto. Quindi puntualmente lui inarcava le sopracciglia e la guardava interdetto.
Per un attimo, la mente di lei venne trapassata dal desiderio di leggergli la mente. All'improvviso era diventata curiosa di cosa stesse pensando, con lo sguardo pensieroso perso nel fumo.
«Non dirmi che sei in ansia per il compito di domani» buttò lì lei.
«No» la guardò.
Passarono interi minuti là, senza dire niente, uno di fronte all'altra. E così, dal nulla, Steve le si avvicinò. Zero sentì un leggerissimo bacio sfiorarle le labbra, poi sulla pelle il vento che entrava dalla porta. Il ragazzo si alzò e prese le scale.
Che sensazione strana. Ora il desiderio di leggergli nella mente non era più così forte.

Si ricordò poco dopo del ferito al piano di sopra. Doveva assicurarsi che non avrebbe cercato di uccidere Steve durante la notte. Salì e, trovandolo immobile sul divano con gli occhi chiusi, gli si sedette accanto. Guardando il muro tappezzato di giornali, si accorse che le labbra di Steve non riuscivano a lasciare la sua mente. Che schifo. Non poteva davvero star pensando a una cosa del genere.
D'istinto, chissà perché, si avvinghiò a Cinque, abbracciandolo per la vita. Lo guardò. Il segno dello schiaffo era ancora rosso sulla sua guancia.
Si svegliò dalla dormiveglia, gli occhi mezzi chiusi la osservavano stupiti. Mica ce l'aveva con lui fino a cinque minuti prima?
«Tutto bene?» le chiese, quasi preoccupato.
«No. Non ti sopporto»
«Okay» grugnì infine.
Lui si mise di lato, sdraiandosi per quanto possibile nel piccolo divano, e lei lo seguì. Messa di lato, le sue braccia lo strinsero di nuovo. Cinque si era già addormentato, con la mano fredda di Zero nella sua, che invece pareva bollire. 

Il giorno dopo, 17 novembre 1963
7:45

Alla vista dei due fratelli dormienti sul divano, Steve sussultò. Non si aspettava di trovarli lì, appiccicati l'uno all'altra, soprattutto perché era convinto che ci sarebbe voluto più tempo perché si riconciliassero dopo la sera precedente. Sembravano dormire beati, alla faccia di lui che invece non aveva chiuso occhio. Il motivo? Diciamo soltanto che aveva una certa persona in testa. E quella persona era solita ad essere già in piedi a quell'ora, mentre oggi era ancora sul divano, abbracciata ad un altro.
Quindi, senza il solito caffè, lasciò l'appartamento per andare a scuola.

𝑰 𝒂𝒎 𝒁𝒆𝒓𝒐 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒆𝒆𝒗𝒆𝒔 || The Umbrella AcademyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora