The City, 24 marzo 2026
21:33«Sei sicura di voler andare?» chiese Cinque, guardando la ragazza correre da un angolo all'altro della casa e piegare nervosamente dei vestiti, per poi lanciarli in uno zaino.
«Non è che me lo chiedi solo perché sei geloso?»
«Chi? Di un morto?» rispose con le sopracciglia alzate «Ma davvero, sei sicura che non ti faccia stare male tornare lì?»
«Sicura. Sarà breve, giusto una visita»
«Come vuoi tu» e le si avvicinò per darle stamparle un bacio sulla fronte.Dallas, 25 marzo 2026
11:01La lapide era ben tenuta. Si vedeva che qualcuno andava ancora a prendersene cura regolarmente, cambiando i fiori e togliendo le erbacce. Non si poteva di certo dire lo stesso per la maggior parte del cimitero, della quale non si leggeva neanche più il nome del defunto per quanto erano vecchie.
Quella lapide piena di crisantemi recitava: "Steven Gussman, 14.10.1947 – 17.01.2022" e sotto una scritta in cui era riportato il dispiacere di moglie, figli e parenti vari.
Zero non aveva mai avuto il coraggio di andarci, anche se era dal ritorno nel 2019 che desiderava vederlo. Era morto quattro anni prima e se solo non avesse avuto tanta paura, avrebbe potuto rivederlo vivo. Con moglie e figli, ma vivo.
Si sentiva come se sarebbe svenuta a momenti, ma per fortuna il braccio di Cinque a cingerle la vita le dava un minimo di sostegno. E i suoi occhi piantati nei suoi non appena si voltava verso di lui la tenevano in piedi come nulla al mondo era in grado di fare. Questo però l'aveva capito un po' tardi probabilmente. Ce n'era voluto di tempo prima che ammettesse a se stessa che ne era perdutamente innamorata, e ancora più tempo per darsi pace sul fatto che non erano davvero fratelli e che non era sbagliato che si volessero bene in un senso ulteriore al fraterno. Cinque aveva atteso per anni, pazientando come mai aveva fatto nella vita. Quando si baciarono per la prima volta, mezzi brilli in mezzo ad una statale, fu immensamente grato di aver bloccato il traffico della sera. Era stato indescrivibile, straordinario. Erano rimasti a fissarsi come due imbecilli senza accorgersi dell'insistenza dei clacson e degli insulti della gente che avrebbe voluto andarsene a casa. Qualche strano tizio, forse un poliziotto, aveva dovuto trascinarli via da lì tanto erano distratti l'uno dall'altra.
Da lì in poi, non c'è stato più nulla che potesse dividerli. Qualsiasi cosa andasse fatta, non si vedevano in giro uno senza l'altra. Come sempre avevano fatto, del resto.
Solo un'acuta vocina riusciva a distrarla da quanto fossero verdi gli occhi di Cinque.
«Mamma, pel te!» farfugliò la bambina, porgendo un mazzolino di fiori rubati da altre tombe.
Zero sorrise. «Grazie, piccola. Però non si dovrebbe rubare» rimproverò lei, anche se in realtà ne era molto fiera.
I suoi ricciolini castani li aveva visti per la prima volta fuoriuscire da uno scatolone. Quattro anni prima avevano sentito un piagnucolio venire da un vicolo, poi da uno scatola di cartone vicino ai cassonetti. Dentro c'era la loro bimba.
Era stata abbandonata così crudelmente che Zero non ci pensò due volte prima di prendere in braccio il fagottino e portarselo a casa, senza ascoltare Cinque che le diceva «dovremmo denunciare l'abbandono» o «dovremmo portarla in un posto dove possono prendersene cura», ma lei era più che determinata a crescerla personalmente. Ad un certo punto, Cinque si arrese e la lasciò fare come desiderava. Andò a finire che lui le si affezionò come mai avrebbe immaginato e se la portava ovunque in braccio. Provarono a insegnarle a dire i loro nomi, ma erano troppo difficili e lei si mise in testa di chiamarli mamma e papà. Le piaceva anche rubare, a quanto pareva. Per quanto nessuno dei tre condividesse lo stesso sangue, avevano in comune solo il cognome e le sconosciute origini biologiche. Della piccola non si sapeva nemmeno il compleanno.«Buongiorno» disse una voce rauca dietro di loro «Ci conosciamo, per caso?»
Si voltarono e videro un'anziana con dei fiori gialli in mano. Dallo sguardo, si deduceva che doveva essere in lutto già da un bel po'.
La bambina si spaventò alla vista della vedova e corse via slalomando fra le lapidi. Cinque andò a seguirla.
«Lei deve essere la signora Gussman» intuì Zero.
«E lei chi è, signorina?»
«Ero un'amica di Steve»
«Un'amica? Non ti ho mai vista. Eri al funerale?»
«No, no. L'ho conosciuto nel 1961»
«Beh, io nel 1964, ma non abbiamo proprio lo stesso aspetto. Quanti anni hai?»
«È una storia complicata, signora. Dovrei averne venti, ma non sono sicura»
Non sembrava infastidita da quella strana presenza sconosciuta, ma anzi compiaciuta che la memoria del marito fosse viva. Cominciò quindi a fare domande, tutta sorridente.
«Quel ragazzo, chi è? È il tuo fidanzato?»
«Non saprei bene come definirlo. Una cosa del genere, comunque»
«E come si chiama quella dolce bambina? È vostra?»
«Si potrebbe dire che l'abbiamo adottata. Si chiama Maria, come mia madre»
«Ma che meraviglia! E com'era tua madre?»
«È stata uccisa da quelli che mi hanno rapita e portata dal mio malefico padre adottivo, solo perché avevo qualche superpotere»
La donna rimase di sasso. Poi si mise a ridere. «Maria è... uno splendido nome cristiano»Spazio autrice
Non so neanche cosa dire. Sono tre anni che scrivo sta cosa a periodi alterni e finirla è quasi strano. Non mi sarei mai aspettata così tante letture, soprattutto perché era un esperimento che avevo iniziato per noia. Solo a leggere più capitoli di fila penso si possano vedere più versioni di me che scrivono in modo diverso.
Non mi dilungo oltre e ringrazio chiunque sia arrivato fino a qua a leggere. Davvero, grazie.
Ah e sto scrivendo altra roba. Vediamo dove mi porta il vento.<3
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𝑰 𝒂𝒎 𝒁𝒆𝒓𝒐 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒆𝒆𝒗𝒆𝒔 || The Umbrella Academy
FanfictionZero era il suo nome, ed era quello che pensava di valere senza l'unica persona al mondo per cui non provava disprezzo. L'ultima briciola del suo cuore sarebbe sparita se non fosse stato per il quinto dei suoi 7 fratelli, numero Cinque. Reginald Har...