Qualche ora più tardi, forse
Mentre Cinque camminava girovagando per la città alla ricerca di una speranza, sentì una voce. O meglio, la voce.
<Cosa credi, di farmi paura? Ho ucciso bestioline dieci volte più grandi di te, sai?> diceva la voce.
Il ragazzo si fermò di scatto e si affacciò in una stradina dietro ad una vecchia pizzeria, dove vide Zero con un ramo in mano che stava urlando addosso a qualcosa. Corse subito da lei, le prese il braccio e appena guardò per terra nella direzione dei suoi occhi vide un gatto, malconcio e tutto pelle e ossa, che la guardava impassibile.
La guardò in faccia sforzandosi di tenerle fermo il braccio, che lei continuava a dimenare perché si liberasse. I capelli non riuscivano a coprire i nuovi lividi neri che aveva sulle guance.
<Stai minacciando un gatto?>
<No, sto uccidendo un gatto> disse senza distogliere lo sguardo dall'animale.
<Posso sapere perché?
<Mi ha risposto male. E poi mi sta trattenendo dall'uccidere te o qualsiasi persona di questa città> e fu in quel momento che Cinque capì che era in corso una delle sue crisi di nervi di quelle tipiche sue. Decise di cercare con tutte le sue forze di non peggiorare la situazione, quindi mise da parte il dilemma apocalittico per un attimo e tentò di usare il tono di voce meno sarcastico che potesse avere.
<So che è strano detto da me, ma non puoi uccidere un gatto solo perché ti ha risposto male>
<E perché no?>
<Perché, oltre a non sembrare del tutto normale, non abbiamo tempo per queste cose>
<E per cosa abbiamo tempo? Almeno dimmi che hai trovato il proprietario dell'occhio>
<Ero venuto per parlare di questo in realtà. Non credo comunque che tu abbia ragione, ma il piano dell'occhio è saltato. Quindi adesso dimmi cosa dovremmo fare secondo te>
<Prima spiegami per quale cazzo di motivo ti porti in giro quella cosa>
<Ma se dici che è solo un pezzo di plastica, perché ce l'hai così tanto con lei?>
<Non ho neanche capito perché le parli, non ha un apparato uditivo e nemmeno un'anima> disse con un tono più confuso che arrabbiato.
<Mi puoi dire cos'hai che non va?> iniziò a salirgli la rabbia, non riuscì a evitare di alzare la voce rispondendo.
<Che ci fai qui?> chiese lei ancora più confusa.
<Ti prego adesso ascoltami, dobbiamo chiedere a quel tizio, Tom o come si chiama cosa sa di questa storia> disse riferendosi a Jo.
<Pensi che non l'abbia già fatto? Ma mi ascolti quando parlo?>
<Dove l'hai messo?>
<Non cambiare argomento, adesso ascoltami tu. Gradirei se la smettessimo>
<Di fare cosa?>
Non rispose, lo guardò solo.
<Cos'hai?> chiese il ragazzo al limite dell'esasperazione.
Non rispose di nuovo, lo guardò solo con un'espressione piuttosto assente.
Continuò con le domande, diminuendo il tono seccato: <Tu amavi quel Tom?>
<Si chiama Jo>
<Quello che è>
<Ti sembro il tipo che si innamora durante una sparatoria? Il mio stupido, stupidissimo pensiero fisso era trovare te. E a volte anche sopravvivere> disse come stanca, stufa di parlare, senza tremori o incurvature nella voce. Con le mani nei capelli messe in quel modo sembrava tanto vulnerabile quanto terrificante. Sentì gli occhi appesantirsi sempre di più.
Il ragazzo invece tirò un sospiro ma non riuscì a sorridere, anche se senza dubbio quella frase gli aveva tolto dallo stomaco un dubbio che lo perseguiva da giorni. Capì che aveva fatto quella domanda nel momento meno adatto, ma sapeva anche che aveva colto la palla al balzo. Una Zero in sé non avrebbe mai risposto seriamente ad una domanda del genere.
<Che ce ne facciamo?> chiese il ragazzo a quel punto.
<So che vorresti tanto ucciderlo, ma se lavora per la commissione sarebbe meglio provare a tenerlo vivo>
<Intendo col gatto>
<Lo ammazzo, ovviamente>
<Uccidere non è la soluzione a tutto>
<Ma che ne sai tu qual è la soluzione?>
Una breve pausa di silenzio scatenò troppi pensieri, e di conseguenza troppa rabbia.
<Sai cosa, la fabbrica è appena esplosa insieme a tutti i registri, ma forse hai ragione tu>
<Dove stai andando?>
<A ritrovare un po' di felicità>
<Sai che non è così che risolverai le cose. So come finirà, non farlo>
<Che ne sai tu qual è la soluzione?> e allargando le braccia si girò per andarsene.
Zero non riuscì più a dire neanche una parola. Si accasciò a terra e iniziò a chiedersi se Cinque non stesse cercando di aiutarla. Aveva sentito la metà delle cose che aveva detto, quindi non ne era del tutto sicura, ma qualsiasi cosa avesse tentato di fare lei Iniziò a sentirsi sempre peggio. Il mal di testa era passato da un dolore martellante ad un dolore costante e insopportabile. Però non sentiva più niente, neanche una parola, sono un lieve fischio.
Non impedì a stessa in nessun modo di cadere per terra, lasciò che le palpebre le coprissero gli occhi e si fece prendere dal buio e dalla calma dell'incoscienza.Spazio autrice
Comunque volevo dire che secondo me i dinosauri si sono estinti mangiandosi a vicenda, se no non si spiega scusate
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𝑰 𝒂𝒎 𝒁𝒆𝒓𝒐 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒆𝒆𝒗𝒆𝒔 || The Umbrella Academy
Fiksi PenggemarZero era il suo nome, ed era quello che pensava di valere senza l'unica persona al mondo per cui non provava disprezzo. L'ultima briciola del suo cuore sarebbe sparita se non fosse stato per il quinto dei suoi 7 fratelli, numero Cinque. Reginald Har...