Il giorno dopo tornarono all'Accademia, senza osare dire una parola. Il sole era fievole quella mattina, ma abbastanza raggiante da far sentire caldo nella giacca dell'uniforme.
Cinque sembrava essersi ripreso dalla sbronza della sera prima e anzi, dall'aspetto non sembrava nemmeno che avesse mai bevuto. La sorella invece continuava ad essere beatamente nervosa. Non avrebbe dovuto piangere la sera prima, anche se era grata che mentre lo faceva Cinque stesse dormendo e non l'avesse vista in quello stato. Era arrabbiata con se stessa. Aveva passato decine di anni da sola senza mai fare una smorfia, o provare qualcosa di umano, e adesso non ricordava come gestire tutte le emozioni che le scoppiavano dentro.Cinque era in piedi sul suo letto a riempire i muri della stanza di calcoli indecifrabili, o almeno comprensibili solo per loro, con un gessetto. Era abbastanza propositivo nonostante quello che era appena successo, e anche sul suo piano progettato per anni andato in fumo il giorno prima, aveva una e una sola priorità al momento: salvare il mondo.
Zero osservava i calcoli sul muro sdraiata sul pavimento, senza sforzarsi di aiutarlo se non per fargli notare degli errori di calcolo. Del resto era lui il genio della matematica, e se poteva cavarsela da solo non vedeva il motivo per cui avrebbe dovuto muoversi da lì e togliersi dalla faccia l'aria da saccente.
<Non potremmo provare a viaggiare nel tempo di nuovo?>
Cinque si girò e la osservò per un secondo <Complimenti, sei ufficialmente impazzita>
<Ma perché no? Se usassimo il nostro potere insieme potremmo portare anche gli altri con noi>
<Non so se pensi che io sia stupido e che non ci abbia mai pensato prima o semplicemente vuoi andartene da qui anche a costo di morire>
<Entrambi> fissava il soffitto <ma credo che potrebbe funzionare dato che io so usare i poteri meglio di te, e insieme avremmo un controllo maggiore>
Ignorò l'attacco sui poteri e disse: <non ho intenzione di rivivere quell'incubo>
<E allora perché non lasciamo che l'apocalisse venga a prenderci?> disse lievemente scocciata.
<Perché non ho passato la mia vita a cercare di farvi sopravvivere tutti per niente, e se non vuoi aiutarmi non m'importa, puoi andartene nell'apocalisse anche adesso se vuoi>
<Questo è un problema di soddisfazione personale allora> disse ignorando le parole che avrebbero dovuto ferirla, a cui si stava abituando di nuovo.
Poco dopo si decise ad aiutarlo, e in meno di un quarto d'ora trovarono il nome di un giardiniere. Avevano già imbracciato un fucile pronti per andare a ucciderlo, quando Luther fece irruzione nella stanza e disse loro che non potevano uccidere un innocente.
<Cristo, cresci Luther. Non è questione di buoni e cattivi> disse Cinque scocciato <è questione di tempo> concluse Zero. Non lo guardarono nemmeno in faccia prima di uscire.
<C'è sempre una scelta ragazzi. Non può essere questa l'unica opzione>
<Effettivamente no, ma non abbiamo molto tempo per trovarne un'altra>
L'uomo scimmia allora prese Dolores e la fece sporgere dalla finestra, minacciando di farla cadere.
Cinque gli puntò il fucile addosso senza pensarci troppo.
Zero disse: <Non può morire se cade dal terzo piano, dato che è di plastica> le era spuntato un sorriso nervoso mentre lo diceva. Ma Cinque non le diede retta, e fece cadere stupidamente il fucile a terra per poter prendere Dolores.
<Ho un altro piano> disse Cinque iniziando a camminare avanti e indietro, per poi sparire via.Zero aveva bisogno di andarsene, o di uccidere qualcuno probabilmente. Fu felice quando venne distratta da Klaus, o meglio, dai lamenti provenienti dalla sua camera. Lasciò quel teatrino imbarazzante dov'era e si diresse verso qualcosa in cui le sembrava interessante intromettersi.
Appena si affacciò alla porta della stanza vide Klaus in condizioni assolutamente pietose che ribaltava mobili e cercava nervosamente qualcosa. Non ne era troppo sorpresa, dato che non era una cosa insolita che stesse così, ma quella volta sembrava messo molto peggio del solito.
La domanda che sorse spontanea dopo aver riconosciuto i sintomi del viaggio nel tempo fu: <Dove sei stato?>
<Dove dovrei essere stato, signorinella?>
<I sintomi del viaggio nel tempo mi conoscono bene quanto io conosco loro. So che hai viaggiato nel tempo>
<Beh sì potrebbe anche essere, ma non è da escludere che potrebbe essere stato il fatto che i vostri due amichetti mi hanno tenuto dentro ad una stanza che puzzava di muffa per abbastanza tempo da farmi uscire di testa> disse mettendosi la testa nelle mani.
<Hazel e Cha Cha?> disse Cinque, spuntando da dietro.
<Sì proprio loro. Volevano te e quest'altro psicotico, almeno credo. Non riuscivo a sentire niente con quella Zoya Popova che continuava a blaterare filastrocche in russo>
Lo guardarono confusi, con le braccia conserte e l'espressione saccente che viveva perennemente sul loro volto. Andarono avanti con le domande: <Quindi hai usato la loro valigetta per andartene?>
<Credevo ci fossero dei soldi, avevo solo bisogno di un po' di..>
<Dov'è la valigetta?> dissero entrambi alzando la voce.
<L'ho distrutta>
Ci fu un breve momento di silenzio in cui entrambi fissarono Klaus allibiti.
<Ma perché, ma perché cazzo sono tornato> disse Cinque uscendo dalla stanza passandosi nervosamente la mano nei capelli più volte, dopo aver trovato le parole per esprimere il pentimento.
Zero invece rimase lì, in piedi sulla porta.
<Dove sei stato?>
Un sospiro <In Vietnam, nel 1968. Per meno di un anno> un altro sospiro.
<Un anno? Quelle dalle a me> disse mentre il fratello stava aprendo una bustina con dentro delle pasticche, ammirandole come se fossero oro.
<Ma tu non capisci, mi servono>
<Io non dovrei capire cos'è una dipendenza?> tirò un breve sbuffo <ti fai solo del male così, lo direbbe anche Ben>
<Me lo ripete ogni giorno infatti, quel rompipal...>
<È qui? Mi può sentire?>
Indicò una sedia vuota in mezzo alla stanza <Perché hai bisogno di sapere se può sentirti?>
Sbarrò gli occhi, che sentì inumidirsi tragicamente. Ritrovò immediatamente l'autocontrollo e senza rispondere alla domanda di Klaus disse: <Sarei dovuta rimanere qui> disse fissando la sedia immaginando che Ben fosse lì ad ascoltarla <Mi dispiace non poter più vedere il tuo naso dentro ad un libro>
<Dice che non è colpa tua. Non ti devi sentire così>
Il fantasma di Ben le si avvicinò. Provò ad abbracciarla, ma nessuno dei due sentì delle braccia cingerli.
<Sei riuscito a finire Harry Potter?>
<Mi ha costretto a vedere anche tutti i film mia cara> rispose Klaus guardando la sedia in malo modo.
<I film?> disse scioccata <Hanno fatto i film di Harry Potter?>
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𝑰 𝒂𝒎 𝒁𝒆𝒓𝒐 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒆𝒆𝒗𝒆𝒔 || The Umbrella Academy
FanficZero era il suo nome, ed era quello che pensava di valere senza l'unica persona al mondo per cui non provava disprezzo. L'ultima briciola del suo cuore sarebbe sparita se non fosse stato per il quinto dei suoi 7 fratelli, numero Cinque. Reginald Har...