Rimase a fissare quello che era rimasto del foglio. Si mise a cercare nella pila altri dettagli su quella storia, ma non accennava quasi mai a Zero, solo noiosi resoconti di chi ammazzava. Nonostante si stesse per sentire male non disse niente a sua sorella, poiché non voleva farla stare peggio di quanto non stesse già, così piegò il foglio e se lo mise in tasca insieme al foglietto. Intanto la ragazza stava tornando con una scatola di fiammiferi in mano. Negli occhi le si leggeva la voglia di vedere qualcosa che andava in fiamme, si trasformava in cenere e spariva per sempre.
<Non vuoi leggerli prima?> chiese Cinque.
La risposta fu un secco e serio no. Accese il fiammifero e lo lasciò cadere sui fogli. Le pagine si carbonizzarono e vennero cancellate dal fuoco, tutte tranne quella che Cinque aveva in tasca ovviamente.
<Perché gli hai sparato?>
<Qualche giorno dopo l'attacco della Commissione ci era arrivato l'ordine di uccidere te, e io ho rifiutato la missione. Era nata una speranza in me, dopo aver saputo che eri vivo là fuori da qualche parte, ma ero comunque preoccupata perché sapevo che anche se non l'avessi fatto io avrebbero mandato qualcun altro a farlo. Jo rischiava il posto di lavoro in quel modo, minacciò di uccidermi, dopo avermi dato quel biglietto di cui ti parlavo prima, e gli ho sparato. Ma certe persone non muoiono mai a quanto pare>
Dette quelle parole Zero si sentì soffocare. I ricordi l'accecavano e voleva cancellare con quel fiammifero il tempo trascorso là dentro e tutte le cose orribili che aveva fatto. Vedeva Jo seduto di fronte a lei che scriveva e scriveva e non riusciva a sopportarlo.
Inconsciamente stava cercando lo sguardo di Cinque, che la stava osservando preoccupato. Vedeva le fiamme che riflettevano nei suoi occhi e gli incubi che le scorrevano davanti. Sapeva che sarebbe migliorata col tempo, ma soffriva a vederla così arrabbiata.
La ragazza si alzò e disse: <Sai cosa? Fanculo. Ho smesso di far finta che andasse tutto bene troppo tempo fa> prese altri fiammiferi dalla scatola e li accese uno alla volta <perché dovrei limitarmi a bruciare della carta quando posso vedere questo schifo bruciare davanti a me? Voglio vedere questo posto sparire. Se devo essere una pazza, almeno che lo faccia come si deve> iniziò a lanciare i fiammiferi sul divano, sulle tende, sulle lenzuola e fece prendere fuoco qualsiasi cosa infiammabile si trovasse là dentro.
<Che razza di pazzoidi sono quelli che camminano sorridenti e salutano come se non fosse mai successo niente, e dentro la testa hanno un casino che non gli permette di vivere, come fanno? Io non sono così e non ho idea di cosa si provi a far finta di essere qualcun altro, anche se vorrei ardentemente esserlo in questo momento>
Le fiamme si alzavano lente, si allargavano catturando tutto quello che riuscivano e stavano rendendo l'aria calda e irrespirabile. Guardarono immobili il fuoco che si alzava, come estasiati, fino a che non iniziò a propagarsi troppo in fretta da dover smettere di guardarlo e correre via. Zero non era sicura che scappare fosse l'idea migliore, ma l'istinto le disse che morire bruciati non era la cosa giusta in quel momento, così si allontanarono, alterando il teletrasporto alla corsa per non esaurire troppa energia. Intanto il fuoco si propagava velocemente per tutto l'appartamento, prendendo le pareti e bruciando lentamente il pavimento. Anche le prese della corrente furono colpite, le quali fecero scaturire un'esplosione tale da far saltare in aria i due ragazzini prima che facessero in tempo ad allontanarsi. Si rialzarono abbastanza velocemente da evitare un'altra esplosione di corti circuiti, respirando a fatica per via del fumo, ma nonostante ciò non riuscivano a smettere di correre. L'adrenalina gli stava pompando nelle vene e il cuore rimbalzava nel petto all'impazzata senza dargli tregua, e trovare una via d'uscita con il fumo che appannava la vista era più che difficile.
Trovarono le scale, ma era ormai troppo tardi per tornare al piano terra e uscire dalla porta.
<La finestra> urlarono all'unisono. Continuarono a correre verso la fine del corridoio e senza perdere velocità saltarono dalle finestre distruggendo in milioni di pezzi le vetrate, e facendo affidamento alla poca energia che ancora avevano in corpo per riuscire ad atterrare senza spalmarsi al suolo. Si ritrovarono in mezzo alla strada esattamente di fronte al palazzo, che era ormai completamente in fiamme e Zero si mise a ridere in quel suo solito modo isterico da cui non si poteva capire se era felice o disperata, senza riuscire quasi più a respirare.
<Vorrei capire cos'hai nella testa> disse il ragazzo quasi rimproverandola, ma lei continuava a ridere.
La verità è che sapevano entrambi che per Zero il suo modo di piangere era ridere in quel modo, ma fecero finta di non farci caso.
<Va meglio ora?> chiese Cinque mescolando sarcasmo e preoccupazione nella sua voce.
<Non hai idea quanto>
Le auto in strada stavano rallentando per poter guardare l'edificio colorarsi di rosso sempre di più, e qualcuna di esse si fermò lì in mezzo creando traffico.
Il ragazzo le prese il braccio e la trascinò via prima che potesse replicare, cercando di riportarla a casa prima che avesse un attacco isterico davanti a decine di auto ferme, ma lei lo portò sul tetto di un edificio da cui si poteva ammirare il sole tramontare nel palazzo brillante e il cielo tingersi lentamente del colore del fuoco. Si sedettero sul bordo del tetto e Cinque la strinse a sé con il braccio inconsciamente, come per volerla proteggere. Lei appoggiò la testa sulla sua spalla.
Non lo ammisero e mai lo fecero, ma sarebbero rimasti lì immobili per sempre a sentire il suono del loro respiro, se solo non ci fosse stata un'apocalisse che incombeva.
Zero mise per un attimo da parte l'orgoglio per fare una domanda di cui si vergognava solo al pensiero, cercando di non far incrinare la voce: <Sono un mostro secondo te?>
<Stai sprecando tempo a cercare di curarti da una malattia che non hai, lo sai vero?>
Erano entrambi testardi e odiavano farsi vedere deboli, ma fra loro la cosa non contava minimamente. Ogni loro litigata era causata dal silenzio, da sempre. Come si capivano, si fraintendevano di continuo e non si parlavano. Finiva così ogni volta, per solo qualche parola non detta, e questo era il modo in cui si chiarivano, o almeno solitamente era così. Purtroppo i rapporti umani comportano una serie di doveri, e uno di questi è comunicare con l'altro.
Rimasero lì seduti fino a che non iniziarono a vedere le prime stelle nel cielo e non sentirono le sirene dei soccorsi arrivare. Credettero che vedere la loro grande opera spenta dai vigili del fuoco sarebbe stato triste, e inoltre avevano fame, quindi se ne andarono.Stavano per arrivare a casa quando Cinque fece una domanda: <Verresti a cercare Dolores con me?>
La ragazza ne rimase un po' sorpresa e anche un po' ferita. <Adesso?>
<Sì adesso. Dovrebbe essere qui vicino>
<Non mi hai ancora spiegato come faceva ad essere viva nell'apocalisse. Cos'è un robot?>
<Non esattamente>
<E allora dove abita?>
<Nell'outlet qui dietro>
<Aspetta, come nell'outlet?>
Quando si trovarono davanti al grande negozio di abbigliamento che a quanto pare era anche la casa di questa Dolores, le luci erano spente e le porte chiuse a chiave già da un pezzo, cosa che non sembrò spaventare più di molto i poteri dei nostri due piccoli supereroi, dato che le oltrepassarono senza neanche toccarle. Zero era ancora molto confusa sull'identità di quella donna, ma senza fare domande si mise a seguire Cinque, che stava camminando lentamente fra le tante corsie di vestiti in mostra alla ricerca di qualcuno. O qualcosa.
La ragazza era così confusa che a quel punto era convinta che Dolores fosse una commessa, o che la stesse semplicemente prendendo in giro.
<Dove dovrebbe essere?> Cinque continuava a non parlare, e Zero si stava irritando.
Si fermò all'improvviso in un passaggio fra le corsie davanti a vari manichini in mostra, e dopo essere stato fermo ad osservare qualcosa come in adorazione sussurrò una parola. Zero si stava guardando in giro cercando di capire con chi stesse parlando, e quando lo vide avvicinarsi ad osservare uno dei manichini che stava al centro capì che Dolores non era affatto una donna. Era un manichino, ed era sopravvissuta all'apocalisse perché era un maledetto pezzo di plastica.
Cinque stava sussurrando qualcos'altro al manichino come se si fosse dimenticato che c'era anche sua sorella lì con lui.
<Non dirmi che sei serio>
<Ah scusami, Zero, lei è Dolores. Dolores lei è Zero, quella di cui ti ho parlato, ricordi?>
<Lo vedi anche tu che è un manichino vero?>
Il ragazzo sembrò profondamente ferito da quella affermazione.
<C'è sempre stata negli ultimi 45 anni>
<Posso capire, ma resta comunque un cazzo di manichino>
<In ogni caso lei viene a casa con noi>
Zero si mise a ridere <Sei innamorato di un manichino?>
<Abbiamo avuto una storia sì, per più di trent'anni>
<Oh cristo> si mise una mano nei capelli <Senti, non posso giudicare una cosa del genere dato che nell'apocalisse deve essere stato davvero difficile, ma se adesso lei è qui non ti conosce ancora. E poi perché l'hai chiamata Dolores?>
<Non so le si addice. E comunque non m'interessa, lei viene a casa comunque>
Zero era sull'orlo di una crisi di nervi. Poteva capire che nell'apocalisse la compagnia non fosse un granché, ma avere una storia con un manichino sembrava strano pure a lei. Si arrese e gli disse di fare come voleva, poiché non voleva mettersi a discutere sul fatto che Dolores fosse un oggetto inanimato che non poteva né sentirlo né parlargli. Voleva solo tornare a casa e mangiare.
Il ragazzo stava prendendo uno zaino per poter trasportare l'amata Dolores fino a casa quando sentirono le campanelline delle porte del negozio tintinnare e dei colpi di fucile passargli accanto. Erano due uomini con delle maschere per bambini in testa, e stavano sparando all'impazzata in tutte le direzioni, illuminando la stanza con i proiettili, che sembravano stelle cadenti molto rapide che svolazzavano nella notte, con l'unica differenza che i proiettili servono per uccidere, e l'unico desiderio che puoi esprimere quando ne vedi uno è quello di sopravvivere, spesso senza troppe speranze di riuscita. I due ragazzi dovettero ritrovare l'adrenalina avuta qualche ora prima per correre via cercando di evitare di essere ammazzati. Si misero a correre in direzioni opposte nascondendosi dietro alle lunghe file di abbigliamento cercando un modo di contrattaccare. Cinque trovò una paletta da giardinaggio, Zero invece prese una gruccia e la rese affilata abbastanza da riuscire a colpire da dietro i due uomini al collo, ma non fecero in tempo ad ucciderli. Non riuscivano più a teletrasportarsi, troppo stanchi per poterlo fare: non gli restava che correre fino a che non fossero stati fuori da lì. Zero gli urlò di andarsene, ma il ragazzo era determinato a portarsi Dolores a casa, così infilò il manichino, che aveva perso le gambe e un braccio nella sparatoria, dentro allo zaino e riprese a correre. Si incrociarono nella stessa corsia e saltarono alcune file di vestiti, fino a che si resero conto che i due uomini gli stavano alle costole. Li salvò il suono delle sirene della polizia, che distraendoli aveva permesso ai ragazzini di nascondersi dietro al bancone della cassa. Stavano affannando e le goccioline di sudore che scendevano dalla fronte coprivano completamente i loro volti. Zero era appoggiata con la schiena al bancone e aveva la mano nei capelli di Cinque, il quale più che appoggiato al bancone era posato sul petto di sua sorella, e teneva stretto nelle braccia lo zaino contenente Dolores.
<Fammi indovinare, cercavano Dolores?>
Fece un breve respiro prima di rispondere, cogliendo il sarcasmo: <Quelli sono Hazel e Cha Cha>Spazio autrice
Un baciotto a te che stai leggendo. Sei una persona bellissima.
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𝑰 𝒂𝒎 𝒁𝒆𝒓𝒐 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒆𝒆𝒗𝒆𝒔 || The Umbrella Academy
FanfictionZero era il suo nome, ed era quello che pensava di valere senza l'unica persona al mondo per cui non provava disprezzo. L'ultima briciola del suo cuore sarebbe sparita se non fosse stato per il quinto dei suoi 7 fratelli, numero Cinque. Reginald Har...