Ero molto piccola quando conobbi Dorian Walker. Si trattava di un bambino timido e riservato, ma io fui l'unica che riuscii a farsi spazio nel suo cuore.
Con il passare degli anni però, capii che Dorian non era solo un semplice bambino timido come t...
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Dorian: 8 anni Isobel: 6 anni
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Continuai a strappare distrattamente i fili d'erba che ricoprivano quel prato immenso. Il giardino era l'unico luogo della scuola che mi piaceva. Passavo la maggior parte del tempo nascosto qui perché in questo modo potevo stare per conto mio, lontano dagli sguardi cattivi dei miei compagni.
Improvvisamente vidi sbucare da un albero una testa castana, con i capelli raccolti in due trecce disordinate.
Isobel era l'unica bambina alla quale permettevo di invadere il mio spazio personale. Mi piaceva la sua compagnia e mi guardava con occhi diversi, come se fossi quasi speciale. Ed io sperai di esserlo almeno un pò per lei, come lei lo era per me.
Quando mi si parò davanti distolsi lo sguardo dall'erba e lo puntai sul suo viso da bambolina. Stava piangendo. Le sue guance erano tutte rosse e bagnate, gli occhi azzurri gonfi per colpa delle lacrime. Teneva una manina sulla bocca, nel tentativo di trattenere i singhiozzi.
Non potei fare a meno di pensare che fosse sempre bella, anche quando piangeva.
«Che cos'hai fiorellino?» le chiesi per poi spostarle delicatamente i capelli che le ricadevano sul viso.
«Sono triste perché sta mattina mamma e papà hanno litigato» rispose con le piccole labbra che le tremavano.
«Quando i miei genitori litigavano io facevo sempre un gioco per distrarmi».
«E quale?».
Sorrisi perché riuscii a catturare la sua attenzione e farla smettere di piangere. Le feci poi cenno di sedersi di fronte a me con le gambe incrociate.
«Chiudevo gli occhi e immaginavo di essere nel mio posto felice, così le loro urla sparivano e intorno a me c'era solo silenzio e pace. Prova anche tu».
«Non so se sono capace...» disse con la sua vocina flebile mentre abbassava lo sguardo sul prato sotto di noi.
«Certo che ne sei capace, però deve essere davvero un posto in cui ti senti felice, sennò non funziona» le posai una mano sulla guancia per farle alzare di nuovo gli occhi su di me.
«Tu cosa immaginavi, Dorian?».
Questa volta fu il mio turno di abbassare la testa.
«Non me lo ricordo più...» risposi e poi ripresi a strappare i fili d'erba che mi capitavano tra le dita.
«E ora cosa vedi quando pensi a un posto felice?» mi domandò ancora, con gli occhi curiosi e più puri che avessi mai visto.
«Sono già nel mio posto felice fiorellino, qui con te».