Capitolo 6

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Osservai attentamente il mio aspetto riflesso nello specchio e non ci trovai nulla di nuovo, anche se ogni giorno che passava mi sembrava sempre peggio

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Osservai attentamente il mio aspetto riflesso nello specchio e non ci trovai nulla di nuovo, anche se ogni giorno che passava mi sembrava sempre peggio. La mia solita espressione senza emozioni tradiva ciò che il mio Io interiore doveva sopportare costantemente. Tuttavia solo chi sapeva vedere, e non solo guardare, si sarebbe potuto accorgere dei segni inconfondibili sulla mia pelle.

Come ogni mattina, i miei occhi erano contornati da delle occhiaie sempre più scure e visibili, segni delle nottate passate in bianco a causa degli incubi. I capelli erano arruffati, stanchi di essere torturati dalle mie stesse mani durante una delle tante crisi che mi assalivano durante il giorno. Per non parlare poi del sudore che mi imperlava la fronte e della maglietta fradicia che mi si era incollata sul corpo...riuscivo a cogliere solo il disastro che rappresentavo in tutto ciò che mi apparteneva.

Il mio tormento non si era concluso una volta lasciata la clinica, e non se ne sarebbe mai andato finchè non fossi riuscito a farmi perdonare dal mio fiorellino. Eppure, invece di avvicinarla, mi sembrava di spedirla sempre più lontana da me con i miei atteggiamenti.

«Dorian, oggi avevi la seduta con lo psichiatra, ma ho appena scoperto che si è trasferito senza dire nulla a nessuno, per caso ha contattato te?» mi chiese mio padre, una volta che lo raggiunsi in soggiorno, dopo aver fatto un'interminabile doccia ghiacciata.

Cercai di reprimere il sorriso che minacciava di spuntare sulle mie labbra e addentai una mela, facendo finta di niente. A quanto pare il dottore doveva essersela fatta sotto ed era scappato a gambe levate dopo la nostra ultima e piacevole conversazione.

«Non so nulla di questa storia» risposi facendo spallucce e mostrando la mia indifferenza.

«Ne sei sicuro? Mi sembra di avere un dejavu. Adesso che siamo tornati a Detroit comincerai a far fuggire di nuovo tutti gli psichiatri che ti prenderanno in cura? Pensavo stessi facendo dei passi in avanti» ribattè con sguardo severo e deluso. Ormai era l'unico sguardo che fosse in grado di dedicarmi, ed ero stufo di tutta questa pagliacciata.

In risposta serrai i pugni lungo i fianchi e lasciai cadere la mela sul tavolo con un tonfo. Cercai di mantenere la calma, ma era sempre difficile per me controllare le mie emozioni, soprattutto una così potente come la rabbia.

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