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Sayer

Alzo nuovamente la mano chiusa a pugno, pronta a bussare alla porta in legno, ma ancora una volta non faccio niente. Sono così patetica. Mi passo una mano tra i capelli, rendendomi conto che hanno bisogno di un taglio netto. Un altro paio di giorni e le punte bionde raggiungeranno la parte bassa della schiena. Ho persino dimenticato di depilarmi le gambe e le ascelle.

Sospiro e faccio un passo indietro, senza aver bussato. Sì, patetica.

Sono in procinto di voltarmi, e andare via rassegnata dal mio poco coraggio, quando all'improvviso la porta si apre, e gli occhi neri del mio terapista mi guardano sorpresi.

Abbozzo un sorriso.

«Buongiorno».

«Sayer, buongiorno. È bello vederti».

Lo psichiatra Trevor Walker mi sorride felice, come se non fossero passate tre settimane dall'ultima volta che ho fissato un appuntamento con lui.

Sì, evito il mio terapista. O almeno, lo facevo. Sono da lui, significa qualcosa. No? Forse è meglio cominciare con delle scuse.

«Mi dispiace averla evitata».

Nonostante facciamo sesso, mi ostino a dargli del lei al di fuori da esso. Mi piace pensare che siamo due persone diverse, a seconda della situazione.

«Non importa. Ora sei qui. Accomodati dentro».

Trevor sorride, facendo un passo indietro per farmi entrare nel suo studio. Guardo la stanza mentre lui chiude la porta alle nostre spalle. Mi tocco nervosamente il collo, sedendomi nel solito divano bianco che non ha mai cambiato, da quando sono diventata una sua pazienza. Lui prende posto davanti a me, nella sua sedia nera girevole. Mi tolgo il cappotto, facendogli inarcare le sopracciglia.

Scuoto la testa, «Non sono qui per il sesso».

«Allora perché sei qui?».

Va dritto al sodo. Come sempre a dire il vero. Tossisco piano, toccandomi le ginocchia scoperte dai jeans neri strappati. Sono nervosa, ansiosa, e odio esserlo. Ma ho bisogno che qualcuno mi ascolti. Ho bisogno che qualcuno mi dica qualcosa. Qualsiasi cosa.

«L'ho fatto un'altra volta».

Lui accavalla le gambe, studiandomi attentamente. Adoro il suo sguardo da nerd super intelligente.

«Cosa, hai fatto un'altra volta?».

Tiro un filo dei jeans, forte.

«Ho pensato un'altra volta al suicidio. Due giorni fa».

Le parole escono con un respiro tremolante, liberandomi il petto dal mattone che l'aveva appesantito.

Abbasso le spalle, insieme allo sguardo e il filo dei jeans si strappa tra le mie dita come una corda ormai consumata dal tempo.

«Oggi è il mio compleanno. Venti, cifra tonda. E l'unica cosa a cui penso, è il giorno in cui non ci sarò più. Tocco queste cicatrici, e mi sento debole».

Sfioro il mio polso sinistro, il rilievo della cicatrice, coperta da un tatuaggio nero di un albero che sfiorisce. È passato parecchio tempo da quel giorno, ma io lo ricordo come se fosse successo solamente da poche ore. Nella mia testa, sono passati solo una manciata di secondi, da quando ho iniziato a fissare il sangue scorrere fuori da entrambi i polsi.

Ossigeno - Kolder // Saga Warner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora