12

218 14 3
                                    

Kolder

Quando mio padre morì, successe velocemente. All'epoca avevo ventidue anni ed ero riuscito a ottenere l'affidamento dei ragazzi soltanto da pochi mesi, lavoravo già alla Warner Enterprise. Ricordo di essere andato da lui a dirgli qualcosa, per poi vederlo accasciarsi sul pavimento del suo ufficio che ho chiuso all'intero personale dopo la sua morte. Ricordo di aver chiamato i soccorsi, e di averlo tenuto stretto a me nell'attesa. Ricordo l'arrivo dei soccorsi, e il loro tentato salvataggio. Fu inutile. Era morto prima ancora di accasciarsi a terra.

Avrebbe dovuto essere quello l'istante scioccante e soffocante, ma non lo è stato. La vera sofferenza, è stata la notizia che ho dovuto dare ai miei fratelli. Arwen, Freya e Amélie piansero come non le avevo mai viste fare. Rhysand e Cyrus si ubriacarono. Kyler e Emerson piansero silenziosamente, soli. E io dovetti trovare un modo per dirlo a Cameron.

È stato difficile spiegare a una bambina di nove anni che suo padre non sarebbe più tornato a casa, perché non stava più bene. Mi strinse la mano per tutta la durata del funerale, non pianse mai. Non sono certo che a quel tempo abbia capito cosa sia successo realmente. Ma smise di parlare di lui, e smise di aspettarlo tornare a casa la sera.

Anni dopo, la trovai sulla tomba di nostro padre. Piangeva, fissando la lapide grigia con dei fiori sopra.

Non mi avvicinai a lei, la fissai fin quando non si alzò e tornò a casa. Più tardi tornai a casa anch'io, e le chiesi com'era andata a scuola, consapevole che l'aveva marinata. Lei sorrise, dicendo che si era divertita.

Quel giorno ho compreso che Cameron soffre per la morta di nostro padre come tutti noi, forse più di tutti. Ma non lo mostra mai. È morto quando aveva nove anni. Solo nove anni. Ha perso un'intera vita con suo padre. Avrebbe voluto più tempo con lui, proprio come Sayer lo avrebbe voluto con sua madre. Passi una vita a non preoccuparti del tempo che passa, e poi accade una cosa che ti fa riflettere su tutto quel tempo che hai perduto. Tutto quel lungo tempo che non avrai mai più. E la consapevolezza di aver perso quel prezioso tempo, ferisce molto più della perdita subita.

E Sayer sta affrontando questa consapevolezza. Dopo averla abbracciata, l'ho fatta entrare in casa sotto gli sguardi preoccupati di Kyler, Amélie e Cameron. È bastato uno sguardo minaccioso per fare intendere a tutti e tre di non dire o chiedere niente. Ho fatto bere dell'acqua Sayer prima di portarla in camera mia. Non abbiamo parlato, si è solo stretta a me, addormentandosi tra le mie braccia.

Questa mattina, dopo essermi svegliato e averla guardata dormire sul mio cuscino, rannicchiata tra lenzuola, sono sceso al piano di sotto senza svegliarla, perché voglio che dorma un altro po'.

Una cosa è certa, non andrò al lavoro. Non la lascerò sola. È venuta da me, dopo aver saputo della morte di sua madre. Vuole me. Il mio aiuto. E io non la deluderò. Voglio starle accanto, e recarle conforto. Volevo asciugarle le lacrime, e portarle via il dolore e il rimpianto che prova.

Non è solo sesso. Non è solo una frequentazione. Il sentimento che provo si estende a qualcosa di profondo, puro, reale. Non sono in grado di dare un nome a quel sentimento.

Ma c'è. E vive dentro di me.

«Sei sveglio. Ho preparato il caffè».

Alzo la testa dalla ciotola di cerali in cui verso il latte per Seattle. Stephanie entra in cucina vestita perfettamente, indicando la caraffa piena di caffè. Annuisco, chiudendo le bottiglia di latte e passando la ciotola traboccante di cerali colorati a forma di ciambella a Seattle, seduta sullo sgabello alto.

Ossigeno - Kolder // Saga Warner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora