Promesse

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I mangiamorte di riversarono nelle stanze che affacciavano sul corridoio, impazienti di cominciare, da troppo tempo non si divertivano alla vecchia maniera. Da anni era abitudine organizzare quelle feste in cui la loro supremazia di esplicitava con il possesso carnale, una pratica di guerra vecchia come la guerra stessa. La conclusione della nottata era spesso l'omicidio dei prigionieri, ma talvolta il sadismo di quegli uomini era tale da risparmiarli per poi finirli in un'altra occasione, estendendo le loro sofferenze.

Severus che era abituato a quelle dinamiche attraversò il corridoio trascinandosi la donna dai capelli rossi al seguito. Arrivò in fondo al corridoio ed aprì da porta della stanza più piccola e appartata che vi fosse. Quelle stanze non avevano nulla a che fare con lo sfarzo della villa, erano spartane con i letti riversi direttamente sul pavimento e l'unico altro mobile presente ospitava lame, corde, oggetti da tortura, per assecondare ogni perversione e capriccio dei suoi ospiti. La porta si chiuse pesante alle loro spalle, seguirono degli incantesimi silenzianti e un colloportus, la donna tremava osservando il mago che eseguiva ogni azione con estenuante lentezza. "Stenditi" le ordinò e lunghe lacrime scesero sul pavimento freddo di marmo. "E taci". La donna spaventata si asciugò il volto e trattenne i singhiozzi, la sua unica colpa: essere nata con la magia da genitori non magici. Appena ebbe toccato il materasso l'unico indumento che la copriva sparì lasciandola alla merè del mangiamorte. Severus le punto la bacchetta alla tempia e immagini di violenza le nacquero nella sua memoria. Dopo alcuni secondi di agonia cadde addormentata, e l'uomo poté accasciarsi sul pavimento, stanco e provato.

Artemisia aveva preso posto in una stanza adiacente, e aveva lanciato gli stessi incantesimi alla stanza per evitare curiosi. La donna di fronte a lei, già seduta sul letto sembrava essersi tranquillizzata, forse rincuorata che fosse stata lei a sceglierla e non qualcuno di peggiore. "Come avrai sentito è la prima volta che mi trovo a partecipare a questo tipo di feste" iniziò la mangiamorte girandole intorno. "Non sono avvezza a toccare sanguesporco, e non ho intenzione di iniziare. Dunque stenditi e dormi", la donna non se lo fece ripetere e, spostandosi sul lato più distante del letto, si rannicchiò tremando.

Artemisia attese di sentire il respiro regolare di chi si è addormentato, e quando ne fu certa abbandonò la camera per dirigersi a quella attigua. Bussò delicatamente per evitare che qualcun altro la sentisse e trasalì quando la porta si spalancò con rabbia.

L'uomo che le apparve di fronte era trasfugurato, irriconoscibile e attraversato da emozioni contrastanti. A quel caos emotivo si aggiunse lo stupore quando la vide. La trascinò all'interno della stanza per paura che la vedessero e richiuse la porta alle loro spalle. Lo sguardo di Artemisia saetò direttamente sulla figura nuda che pareva svenuta sul letto, in una posizione innaturale. Un dolore lancinante la colpì al petto ma la sua espressione rimase granitica. "Cosa devo fare?" Severus che era ancora stravolto dalla fatica di creare ricordi fasulli così violenti si prese un attimo prima di rispondere. "Scoparti quella Eva fittizia che ti sei scelta" le disse con rabbia e gelosia, tralasciando che anche lui si fosse scelto una donna con le fattezze di un'altra. "Come tu ti sei scopato quella rossa lì?" gli domandò con ostentata indifferenza. Piton si voltò a osservare la donna in questione non lo attraeva minimamente, come non lo avevano mai attratto le donne che gli proponevano a quelle feste e che aveva sempre graziato. "Sei una strega potente, saprai modificare dei ricordi" le disse senza girarsi a osservare la sua reazione.

Artemisia si trovava ancora vicino alla porta, ma la sua presenza così rilevante faceva sembrare che si trovasse su un podio al centro della stanza. Nulla sembrava rimasto della ragazzina schiva e spaurita che aveva incontrato anni prima, e qualla potenza lo affascinava a tal punto da sentire la necessità di rimarcarla continuamente. "È quello che hai fatto tu?", "Sì, è quello che faccio ogni volta".

Era in questi casi che fuoriusciva l'esperienza decennale dell'uomo. Artemisia ne osservò il profilo spigoloso, non si era più voltato a guardarla, ma sentendola silenziosa lo fece. La ragazza fece un passo e rubò a quelle labbra un bacio leggero. Piton rimase immobile, preso alla sprovvista da quel gesto, con il cuore in subbuglio e il sentimento di speranza che cresceva in lui. "Che fai?" le chiese non appena si fu allontanata. "Rinnovo la mia promessa, ti aspetto". Il senso di oppressione che avevano avvertito poche ore prima in terrazza si ripresentò prepotentemente.

"Non sentirti legata a me, molte cose cambiano in una guerra, le mie azioni ti faranno inorridire, non voglio vedere il disgusto sul tuo volto" ammise con una serietà pesantissima, che fece riflettere la giovane per molti istanti. "So cosa sei chiamato a fare, se ti servisse aiuto non esitare a venire da me, come ho fatto io sta sera, siamo i soli a poterci capire", sta volta fu Severus a sporgersi e carezzarle il viso liscio e piccolo, con il suo palmo le avvolgeva l'intera guancia trasferendole il calore della sua mano. Lei vi si adagiò leggermente e chiuse gli occhi inspirando piano. "Vorrei portarti via con me", "Vorrei lo facessi davvero".

Rimasero così, immobili, per alcuni minuti. "Sei diventata più potente di quanto io li sia mai stato", "Sindrome di inferiorità?" lo prese in giro lei, strappandogli un sorriso. "No, sono orgoglioso che una straga del genere mi stia vicino", "È cosi, e lo sarà per il resto della mia vita". Un lento bacio, sta volta non solo sfiorato, ma profondo e intenso, seguì quelle dichiarazioni.

Ritrovarsi dopo tanto tempo era un'emozione indescrivibile e pura. Non accennarono neanche ad andare oltre, gli bastavano le loro bocche, i loro sospiri e parole, le carezze dietro la nuca e sul viso, i corpi a contatto dopo quella che sembrava una vita.

"Ora devo andare, devo fare come mi hai detto" si allontanò lentamente la giovane. "Sì, vai prima che qualcuno si accorga che non sei in stanza". Si separarono a malincuore ma rinforzati dal loro legame.

Artemisia giunse nella sua camera senza intoppi. Varcò la soglia e prese un profondo respiro. Immagini atroci vennero costruite nella sua mente e alzanzo la bacchetta le riversò nella memoria della donna stesa sul letto. Questa si agitò, pianse e urlò, vivendo come se fossero vere quelle violenze, ricadde nel sonno poco dopo.

La ragazza si sedette di fianco a lei e si addormentò. 

Fatemi sentire gli scleri perché io lo sto facendo tantissimo

Finché vivrò avrò il controllo sul mio essere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora