Capitolo 22: Lucy

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«Ehm... Baker? Puoi venire un momento nel mio ufficio?»

Sam mi fece un cenno con la mano e il mio cuore accelerò così tanto che probabilmente sarei morta sul colpo.

Che stava succedendo? Misi giù la scatola di latta di biscotti al burro, insieme alle altre che dovevo sistemare, e lo seguii. Stavo già sudando e ogni passò sembrò faticoso. Avevo pure provato a dormire, dopo che Neif mi aveva riportata a casa, ma non ci ero riuscita granché. Mi strofinai gli occhi, colta da un improvviso senso di disagio.

«Siediti un attimo» Sam indicò la sedia libera davanti alla sua scrivania. Ma non prese posto dietro al tavolo. Restò in piedi.

Forse doveva dirmi qualcosa di bello. Ti prego, fa che non sia qualcosa di brutto. Mi squadrò come se dovesse farmi una scansione a raggi x e poi lasciò cadere una busta bianca sul tavolo.

«Qualcuno ha lasciato questa busta, credo sia per te, c'è il tuo nome sopra. Vedi?»

Allungai il collo senza toccarla. Sì c'era il mio nome scritto a penna biro rossa sopra. Ed era anche sigillata e firmata. Quindi se qualcuno l'avesse aperta al posto mio, lo avrei sicuramente notato. Che cosa strana.

«Che cos'è?» Era tutto uno scherzo vero?

«L'ha trovata Larry, sopra il rullo di una cassa, stamattina.»

Non riuscivo a riconoscere la calligrafia. La firma era una specie di scarabocchio. «Non so davvero che cosa possa essere.»

Lui la rigirò con le dita. Sul retro era pieno di disegnini di cuoricini, alcuni vuoti, altri riempiti da linee. Sobbalzai sulla sedia.

«Non importa» Sam si passò una mano sulla fronte, «Però ti ho chiamata qui perché ti consiglio di tenere fuori la vita privata dal lavoro. Ok? Non è un bene mischiare le due cose.»

Cosa? Non era colpa mia! Mi morsi le labbra. «Va bene, ho capito.»

«Ottimo. Gli ammiratori magari vedili fuori. Non dentro il supermercato. E ricordagli che non siamo la posta.» Sam era decisamente nervoso. «E non farti distrarre. Quando sei qui devi pensare solo ai tuoi compiti.»

Ma che colpa ne potevo avere io? Anche se fosse stato un ammiratore segreto che mi aveva visto lavorare lì... Sam non aveva il diritto di rimproverarmi in quel modo. «Sì.»

«Ora torna a lavoro.»

Presi la busta e annuii in evidente imbarazzo. «Grazie.»

Piegai la busta e la ficcai nella tasca dei pantaloni sotto la divisa. Ripresi a lavorare ma cercare di non pensarci fu impossibile.

Il mio sesto senso mi consigliava di non aprirla se non volevo attirarmi altri guai, ma la curiosità mi stava uccidendo, e poi magari all'interno compariva il nome di un mittente. Lo conoscevo? O era davvero un ammiratore segreto? Forse era di Chris? No, non gli avevo detto in quale supermercato lavoravo, a meno che non glielo avessero detto Neif o Eliza non poteva saperlo. E poi lo avevo letteralmente umiliato, non aveva senso che mi scrivesse una lettera o una poesia. Forse era di Neif? Se era sua lo avrei ucciso.

Arrivata a fine turno, la curiosità ormai mi aveva mangiato viva. Senza nemmeno cominciare a cambiarmi e, con un gesto un po' tremante, sollevai la linguetta di carta adesiva che la chiudeva.

Il foglietto all'interno della busta era scritto con lettere ritagliate dai giornali e incollate tutte vicine, come le domande di riscatto che si vedono nei film polizieschi.

"So che cosa stai cercando di fare. Non ci riuscirai. Guardati le spalle, brutta idiota."

Mi voltai di scatto. Ma a parte le scarpe di Rachel, davanti alla fila di armadietti, ero davvero sola nella stanza. Che palle. Riguardai il mio nome sulla busta. Quella calligrafia davvero non mi diceva nulla.

Non farmi stare maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora