Sono sotto casa tua.
Scrissi di fretta a Eliza, mentre aspettavo appoggiato a un lampione illuminato, all'angolo della strada. L'avevo già chiamata per dirle che dovevo urgentemente parlarle. Si faceva attendere e aveva pure iniziato a scendere una leggera pioggerellina notturna. Dovevo capire, volevo delle risposte.
«Neif!» mi chiamò una voce flebile.
Alzai gli occhi dal cellulare che mi stavo rigirando in mano, cercando di asciugare le gocce che si erano fermate sullo schermo, e li rivolsi verso Eliza. Feci un passo verso di lei, scostandomi dal palo della luce.
«Che succede? Perché a quest'ora di notte volevi vedermi?» si alzò il cappuccio della giacca per ripararsi meglio dal vento, nonostante avesse un ombrello.
Lei era perplessa, sembrava addirittura preoccupata.
Sospirai e il mio respiro si condensò in una nuvoletta di fiato, iniziava a far freddo. Il fascio di luce rompeva l'oscurità della notte, proiettando le nostre ombre sull'asfalto bagnato.
Alzò meglio il suo viso verso il mio e notai i suoi occhi stanchi. «Ti va di entrare?» indicò casa sua.
«Perché vuoi farmi del male?»
«Ma che dici?» strinse gli occhi, come se non sapesse di cosa parlavo.
«Qualcuno ha aggredito Lucy. Davanti al negozio di Dylan.» Avanzai di un altro passo verso di lei. Mentre la distanza che ci separava, diminuiva sotto quell'incessante ticchettio della pioggia che mi incollava i capelli sul collo e sulla fronte.
Lei si strinse nelle spalle. «Per questo non c'era a lavoro, oggi. Neif, io...»
«Non sei mai stata brava a fingere.»
«Di che parli?»
«Non fare la finta tonta, sono stati Dylan e Oliver, non è vero?»
«Cosa?» continuò a trattenere sul suo volto quell'espressione sorpresa, «Queste accuse che stai facendo sono gravi.»
«Non sono accuse. Dimmelo ora, no? Tanto poi sai che lo scoprirò.»
Mi avvicinai ancora e lei impallidì. Ma non fece un passo indietro, anzi restò ferma al suo posto, a fissarmi. Piantando i suoi occhi nei miei, temeraria, come se mi stesse sfidando.
«Perché?» le gocce di pioggia mi scesero dal naso, «Perché vuoi allontanarla da me? Cosa ti ho fatto?»
«Perché mi dici questo? Non ho idea di cosa stai dicendo.» Fissò il marciapiede sotto di noi.
Ero talmente vicino a lei che potevo abbassarmi sotto l'ombrello e abbracciarla. Le gocce che mi cadevano sul corpo mi fecero chiudere gli occhi per un attimo. Iniziavano ad essere fastidiose. Sembravano spilli freddi, sulla mia pelle bollente di rabbia. Sì, ero arrabbiato. Nessuno mi avrebbe portato via Lucy. Nemmeno lei.
«Hai ottenuto ciò che volevi. Lei domani partirà e non la vedrò più. Sua madre vuole tenerla lontano da me, ha dovuto raccontare tutto.» Sospirai. «Dylan e Oliver sono stati fortunati che non li abbia denunciati. Sai? Ci sono andati giù pesante.»
«Non l'hanno picchiata» incrociò le braccia al petto, tradendosi. Il suo ombrello mi schizzò.
«L'hanno ferita.»
«No, Dylan mi ha detto che l'hanno solo spaventata.»
«Eli...» Davvero non lo sapeva? «L'hanno ferita al polso con un coltello.»
Lei sussultò. «Dylan non me lo ha detto.»
Mi sentivo il cuore ridotto a poltiglia. «Perché lo avete fatto?»
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Non farmi stare male
RomanceE se il bad boy di turno diventasse il tuo migliore amico? Lucy Baker ha appena vent'anni e l'hobby di cui vorrebbe proprio disfarsi è quello di collezionare disastrose frequentazioni. Mentre il suo cuore è ancora in via di guarigione, nella sua vit...