Capitolo 23: Lucy

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«Domani toglieranno l'energia elettrica per un paio d'ore, in questo isolato» mormorò mia madre, lasciando cadere la lettera sulla tovaglia. «Per dei lavori, non ho ben capito.»

Sussultai osservando la busta bianca. Non avevo chiuso occhio. Per la minaccia. Per Neif. E stavo cominciando a risentirne.

«Tesoro?» mia madre mi posò la mano sulla fronte. 

Era così fresca, abbassai le palpebre e le mie dita mollarono la fetta di pane e marmellata di noci che si schiantò sul piatto.

«Non hai un bell'aspetto.»

Mi ero già guardata allo specchio quel mattino. «Lo so. Non ho chiuso occhio.»

«Incubi?»

Annuii. Mia madre mi prese la mano. «Se ne vuoi parlare ci sono. E credo che dovresti chiamare a lavoro e stare a casa oggi.»

Sussultai. «Mamma, no! Non posso.»

«Vuoi ammalarti?» mi lasciò la mano e prese un sorso di caffè, «Devo anche svegliare James, lo accompagno da Harry, prima di andare a lavoro. Così starai tranquilla.» Si alzò e posò la sua tazza nel lavandino. «Devono fare una ricerca sui vulcani per scuola.»

«Mamma, sul serio. Ce la faccio. Ho solo avuto un incubo. Che dovrei dire a Sam?»

«Che non ti senti bene» mi sorrise e si sporse a darmi un bacio sulla fronte. «Può capitare, non siamo invincibili.»

Sbuffai. «D'accordo.» Forse aveva ragione. Forse era meglio non uscire di casa con quel tizio che mi inseguiva. Per un momento fui tentata di dirglielo, di correre a prendere il telefono e mostrarle la foto... Ero stata così tentata di scrivere anche a Kim, ci eravamo scambiate solo un paio di messaggi dopo il suo compleanno...

«Vado a svegliare James e a controllare di aver fatto partire la lavatrice. Tu chiama il tuo capo!» mi ammonì mia madre.

Roteai lo sguardo al soffitto ma gliela diedi vinta. Mi ero rimessa a letto e mia mamma era venuta a salutarmi prima di uscire. Qualche ora più tardi, sola e ancora più stanca di prima, avevo deciso di controllare se la lavatrice avesse terminato il suo lavoro. Mi chinai per recuperare i vestiti umidi e passarli nell'asciugatrice.

Il telefono nella mia felpa si mise a vibrare.

Mi cercava tanto insistentemente?

Sbloccai il salvaschermo. Il numero era sconosciuto. Posai con cautela il cellulare all'orecchio destro.

Deglutii. «Pronto?»

«Ciao, Lucy Baker.»

Era una voce maschile. Non sapevo dire di chi fosse. Non la riconoscevo e il suono giungeva ovattato, come se avesse parlato attraverso un tessuto.

«Chi parla?»

«Non importa chi sono. Importa solo ciò che ho da dirti ora.»

Un brivido mi percorse la schiena. «Dylan, sei tu?» provai.

«Tu ci tieni a Neifion?» Me lo aveva chiesto con prepotenza e senza scomporsi.

Deglutii di nuovo. «Dimmi chi sei e che cosa vuoi da me.»

«Se ci tieni a Neifion devi venire all'indirizzo che ti ho mandato ieri. 55, Longline Street.»

Che cosa significava? «Senti, non so chi diavolo tu sia, quindi non mi fido di te. E non vengo proprio da nessuna parte. Non ti azzardare a richiamarmi, inseguirmi o importunarmi o andrò dalla polizia.»

«Non serve che tu vada alla polizia, piccola. Se riesci a venire entro mezz'ora scoprirai la verità su Neifion. Scoprirai tutto quello che ti sta nascondendo.»

Non farmi stare maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora