Ero nervosa, ma avevo bisogno di una mano. Non conoscevo molto quel posto, quella città. Mamma non riusciva così spesso a portarci dalla nonna e la nonna stessa si era arrabbiata con lei, quando aveva scoperto che era rimasta incinta di nuovo. Quindi i rapporti si erano incrinati, anche se si volevano ancora bene, e nonna aveva finito con l'adorare James, tanto quanto adorava me. Però la capivo. Avrebbe solo voluto un destino diverso per sua figlia, un marito diverso.
Avevo visto che il supermercato più vicino era dall'altra parte della città. Non avevo idea di come raggiungerlo. Non c'erano molti autobus.
Così ora me ne stavo andando avanti e indietro di fronte alla porta dell'interno 7A, che per precisare era dove abita quel ragazzo. Caleb. Lui era lì dietro, nascosto da quel muro bianco, probabilmente dormiva, e io lo avrei svegliato per chiedergli se poteva prestarmi una bicicletta. A piedi ci avrei messo un secolo.
Chiusi gli occhi e mi sfiorati la guancia, dove Neifion aveva posato le labbra con insistenza. Che mi prendeva? Basta, stavo diventando ridicola. Decisi che non avrei infastidito quel ragazzo dagli occhi terribilmente belli, ma non più profondi di altri color oceano che ormai conoscevo abbastanza bene. Dovevo stare calma e non perdere la testa. Stavo per dirigermi verso l'androne delle scale, quando la porta del 7A si spalancò improvvisamente.
«Bel modo per dire buongiorno, zampettare nel corridoio.» Sbucò quel ragazzo, praticamente in pigiama. Sempre che si potesse definire pigiama un paio di boxer e una canottiera.
Arrossii. Come faceva a sapere che ero io? Infine potevo essere chiunque. Il postino, il padrone del palazzo, la signora strana col cane... Rimasi impietrita, cercando di non osservarlo in modo troppo sfacciato.
«Buon... Buongiorno» sussurrai mortificata, «Scusami, sono scema. Non volevo svegliarti.»
«Ma dai, non mi hai svegliato, ti stavo prendendo in giro. Ero già in piedi e poi ho sentito dei passi» ridacchiò lui, «Ti serve qualcosa?»
Mi strinsi nelle spalle. «Sì, dovrei andare al supermercato, e avevo bisogno di... Un autobus. Non avresti un autobus da prestarmi?» Mi tirai una manata in fronte. Dio mio, ma perché non riuscivo a stare calma in sua presenza e continuavo a fare la figura della ebete?
Lui mi sorrise cordiale. Certo, il sorriso di circostanza che si può fare a una persona con la demenza senile. «Dista un bel po', non hai la macchina?»
Scossi la testa. Non poteva essere semplice qualcosa una volta tanto? Bicicletta. Dovevo solo dire la parola bicicletta. Non avrei fatto tutta la città a piedi con le borse... Ma come diavolo faceva mia nonna?
«Ti do un passaggio se ti va, tanto devo andarci anche io.»
«Ma veramente... Non serve. Non voglio disturbarti così tanto.»
«Stai tranquilla. Ogni tanto ho dato qualche passaggio anche a tua nonna. In cambio lei mi ha insegnato a giocare a poker.»
«Ah...» Da quando la nonna giocava a poker?
«Dammi cinque minuti, mi vesto e arrivo.» Richiuse la porta e rimasi sola nel corridoio. Non sapevo che fare. Qualcosa dentro di me mi diceva di filarmela via a gambe levate ed evitare quella gentilezza. Ma mi imposi di restare lì. Quando lui tornò ero persa nel mio disagio interiore e nei miei film mentali.
«Tutto bene?» mi riscosse, notando che ero concentrata a fissare il tappetino davanti all'ingresso della sua porta. Riportava una citazione del Signore degli anelli. "Dite amici ed entrate".
Alzai gli occhi e annuii. Mi stavo facendo accompagnare al supermercato da un ragazzo di cui sapevo solamente il nome. Fantastico. Dovevo solo sperare come Kim che avesse la testa sulle spalle.
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Non farmi stare male
RomanceE se il bad boy di turno diventasse il tuo migliore amico? Lucy Baker ha appena vent'anni e l'hobby di cui vorrebbe proprio disfarsi è quello di collezionare disastrose frequentazioni. Mentre il suo cuore è ancora in via di guarigione, nella sua vit...