Capitolo 21: Neif

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Mi avvicinai e la chiamai piano. «Lucy?»

Lei si girò di scatto e aprì debolmente gli occhi, per poi alzare lo sguardo verso di me, in piedi dietro di lei.

Non potevo crederci che si fosse addormentata lì, su quella panchina, con questo cavolo di freddo. Per un attimo avevo pensato che fosse svenuta... Quando avevo parcheggiato e mi ero accorto che era proprio lei, ero tornato indietro a prendere il telo termico che mia mamma metteva sul finestrino per non farlo ghiacciare.

Lucy bofonchiò qualcosa e si stropicciò gli occhi mentre mi sedevo accanto a lei. Si irrigidì all'improvviso e annusò l'aria, come se fosse un cane da caccia alla ricerca di qualcosa. «Tu puzzi di fumo.»

Sorrisi per quella sua espressione buffa e disorientata. «Te ne accorgi solo ora? Dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme?»

«Non so perché, ma ha un vago sentore di caffeina. Magari eri solo fissato col caffè come le protagoniste di Una mamma per amica.» Si sgranchì le gambe dondolandole sotto la lunga gonna azzurra. Avrei voluto chiederle come mai fosse lì, ma mi trattenni. Questa situazione era un assaggio del prima che la baciassi e non volevo che si modificasse così presto. Anche se lei non sembrava del tutto sveglia. Sbadigliò, e le lacrimarono gli occhi, «Scusami, dirò un sacco di cavolate... Sono... Mi sembra di essere finita in un buco nero. Non capisco più nulla.»

Srotolai la coperta termica e gliela misi sulle spalle. Lei si irrigidì ancora di più. Il suo sguardo si perse sul mare di fronte a noi. Aveva le guance e il naso rosso, ed ero tentato di prenderla di peso e portarla davanti alle bocchette del riscaldamento della macchina. Ma avevo bisogno che fosse lei a volerlo fare, un altro passo falso e sarebbe scivolata ancora più lontano da me. I suoi complessi mi rendevano nervoso e insicuro. Non poteva essere come tutte le ragazze normali e lasciarsi andare un po'? No. Lei doveva farsi mille problemi e così si perdeva un sacco di cose belle. Ma non ero lì per farle la ramanzina.

«Stai meglio?»

Lei mi guardò storto ma mi offrì un angolo di coperta. Strisciai al suo fianco e me la misi sulle spalle. Riusciva a coprirci entrambi.

«Chris mi ha baciato. Prima...» il suo sospiro formò una nuvoletta di condensa. «E non lo so. Ricorda tutto.»

«Tutto cosa?»

«È stata lui quella mia disastrosa prima volta. Quella in cui...»

«E tu?» la interruppi, «Provi ancora qualcosa per lui?»

«Per Chris il modello?» scosse la testa, ma evitò il mio sguardo. «No, non è più la persona di cui mi sono innamorata anni fa.» Le sue dita arrossate dal gelo presero a torturare la cerniera della sua borsa, «Ma eravamo molto legati. Siamo cresciuti insieme, prima di innamorarci. Sua mamma era diventata una collega di lavoro della mia, all'impresa di pulizie. Mi è stato vicino durante il divorzio dei miei genitori. E quando ho scoperto che mia mamma era incinta di James, quando voleva riprovare a ricucire il rapporto con mio padre, qualche anno dopo. Poi lui ha di nuovo distrutto tutto. E siamo ritornate a Cardiff, e Chris, non so, sembrava che mi avesse aspettata.»

«Capisco. E quindi è una persona importante.»

«Se non ci fossero stati lui e Kimberly, sarei andata in mille pezzi. Ma...» lasciò ricadere la borsa sulla panchina. «Ma non lo so, ora mi viene soltanto da piangere per questa nausea nervosa.»

«Ehi...»

«Non voglio più essere usata, dai Chris, dagli Ivan...» tirò su le gambe e si abbracciò le ginocchia al petto. «Ho paura.»

L'abbracciai, senza pensarci due volte e non importava se lei non voleva. Lei sembrò rilassarsi e feci scivolare la punta del mio naso sul suo collo gelido, forse aveva solo bisogno di conforto. «Io sono qui.»

Non farmi stare maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora