Capitolo 28: Lucy

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I giorni trascorsero in fretta, e Neifion era cambiato. Lo vedevo attento, più preoccupato sia per sua madre che per la sua stessa esistenza. Si era spaventato e tutto questo mi aveva fatto comprendere quanto lui fosse simile a me. Quanto cercasse di aggiustare il suo passato, di rimediare ai suoi errori. Stava cercando di mettere la testa sulle spalle piano piano, e chi ero io per non dargli una mano? Era vero che in molti, specialmente dopo ciò che era successo a causa di Eliza, mi avevano fatta tentennare sulla fiducia che gli stavo dando. Ma sentivo che lui aveva bisogno di me, come io, anche se non volevo ammetterlo sul serio, avevo bisogno di lui.

Ci eravamo aperti, raccontati dei nostri fantasmi. E insieme eravamo più forti.

Ormai passavamo quasi tutti i pomeriggi insieme. A volte veniva anche Caleb, e quando succedeva Neif si sentiva in competizione con lui. Anche se gli avevo che non mi sarei buttata tra le braccia del primo che suonava alla mia porta. Mi chiedevo se, visto che avevo trovato carino Caleb, magari sarei riuscita a vedere anche in Neif qualcosa di bello. Lui piaceva a tutte, eppure io non riuscivo a dire "oh, ha dei fantastici occhi azzurri". E forse era proprio per questo che non ci riuscivo, perché magari cento altre bocche glielo avevano detto, altri cento occhi lo avevano ammirato e altri cento sospiri erano stati fatti facendo pensieri non poco peccaminosi su di lui. E continuavo a farmi fin troppe paranoie. C'era ancora quel sottile alone di paura che mi faceva da scudo, che mi faceva pensare di essere una delle sue tante conquiste. Che non mi permetteva di avvicinarmi totalmente a lui. Lo so, ero stupida a comportarmi così, non ero più una bambina, ma allo stesso tempo non me la sentivo di rischiare. Di quante dimostrazioni avrei avuto bisogno prima di sciogliermi? Non riuscivo a dirlo. Non riuscivo a capirlo.

La madre di Neif dopo quattro giorni era stata dimessa dall'ospedale. Avrei voluto aiutarlo a portarla a casa, ma avevo paura di litigare con la mia. Lei non sapeva nulla, né delle visite di Neifion, né del fatto che per qualche ora ero tornata a Cardiff.

Mi sentivo strana a tenere così tante cose segrete con lei, ma era anche vero che le due settimane erano passate in fretta. Tra poco sarebbe arrivato Natale e sarei tornata davvero a casa.

«Non ci credo!» esclamò Neif alle mie spalle, facendomi trasalire. Ero seduta al tavolo della cucina mentre scrivevo. Avevo trovato un concorso di scrittura creativa che scadeva a fine mese e volevo assolutamente inviare un racconto. Dovevo assolutamente finirlo prima di tornarmene a casa. Altrimenti poi avrei avuto davvero poco tempo da dedicargli.

Neif, intanto, aveva cominciato a gironzolare in giro, perché non aveva per niente voglia di restarsene seduto a strimpellare il basso che si era portato dietro. Alzai lo sguardo verso di lui. Teneva stretto un libro dalla copertina azzurra.

«Guarda cos'ho trovato di là, nella camera con le piante...»

Cazzo. Le piante. Non gli avevo dato acqua nemmeno una volta. Me ne ero proprio dimenticata. La nonna mi avrebbe uccisa quando sarebbe tornata dalla Scozia.

Lui si sedette dall'altro lato del tavolo, e fece scivolare vicino al computer il libro che aveva trovato. Mi sbilanciai sulla sedia, mentre i miei occhi mettevano a fuoco il titolo. "Kamasutra".

Lui rise, divertito dalla mia espressione.

«Dove lo hai trovato?»

«Dì là, nella libreria.»

Non avrei mai immaginato che ci fosse un libro simile nella vecchia camera di mia madre.

«Dai apriamolo, non sei curiosa?»

Lo fissai sbigottita. «Mi è bastato vedere la copertina, grazie» incrociai le braccia al petto, «E se è un tuo tentativo per mettermi in imbarazzo, non è per niente divertente, sappilo.»

Non farmi stare maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora