Nove: Il Messaggero di Vecna

396 21 1
                                    

Quando accosto nel vialetto di casa nostra, né io, né Dustin siamo granché in vena di parlare.

Sono quasi le undici, e dopo aver passato la giornata nella vecchia villa abbandonata dei Creel e aver scoperto che forse non è proprio del tutto abbandonata – o almeno, lo è solo in questa dimensione, – l'unica cosa che voglio fare è chiudermi in camera mia e affondare sotto le coperte.

Non che sia particolarmente curiosa di sapere cosa mi riservi l'indomani, ma almeno non dovrò preoccuparmi del Sottosopra mentre dormo. O almeno, lo spero, visto che a quanto pare con questo Vecna non si può stare tranquilli neanche nel sonno.

Tiro il freno a mano, voltandomi verso mio fratello minore. Ci guardiamo per una manciata di secondi, senza sapere esattamente cosa dire. Una nostra amica è sotto la maledizione di uno stregone oscuro e la casa fantasma della città si è scoperta essere posseduta dal suddetto: insomma, di spunti di conversazione ce ne sarebbero anche, ma credo che nessuno dei due sia disposto ad intavolare questi discorsi proprio ora.

«Hai un pezzo di plastica tra i capelli» dice soltanto Dustin, allungando una mano per levarlo.

Dev'essere finito lì quando sono esplose tutte le torce. Mi domando cosa sia successo per far accadere una cosa simile. Non appena abbiamo visto le luci sfarfallare, io e Nancy abbiamo pensato la stessa identica cosa: è quello che è successo anche con le luci di Natale, quando Will era bloccato nel Sottosopra e le luci prendevano vita.

Mi domando cos'abbia fatto Vecna dall'altra parte per provocare una cosa simile, anche se non sono proprio sicura di voler sapere la risposta.

«Niente novità da parte di Eddie?» domando, passandomi le dita tra la chioma e sperando di non ritrovare altri frammenti di torcia.

Dustin scuote il capo, allungando l'antenna del suo walkie-talkie e premendo il tasto per comunicare, ma dall'altra parte c'è soltanto il rumore dello statico.

«Spero solo che stia bene» sospiro, slacciandomi la cintura di sicurezza.

«Se non ha fatto qualche cazzata tipo uscire per prendersi una cassa di birra allora sì, sicuramente starà bene» risponde Dustin, facendo lo stesso.

Sorrido; sarebbe da Eddie, in effetti. Spero solo che quegli imbecilli della squadra di basket non stiano continuando la loro crociata nei suoi confronti.

In teoria, la casa di Rick Spinello dovrebbe essere un nascondiglio sicuro, in pratica, non sono più certa di nulla ormai.

Io e mio fratello scendiamo dall'auto, e quando varchiamo l'ingresso di casa, mia madre ci accoglie con un'espressione che non riesco a decifrare.

I suoi occhi chiari sono lucidi, come se avesse pianto, il naso arrossato e i capelli rossicci spettinati.

Mi aspetto che ci chieda dove siamo stati, o che ci dica che dovremmo imparare a tornare prima e non stare fuori così tanto, ma contrariamente a quanto pensassi, indugia per qualche secondo prima di aprire bocca.

«Venite in salotto» afferma, facendoci strada come se questa non fosse anche casa nostra e non sapessimo perfettamente dove andare.

«Siete arrivati, finalmente» ci saluta nostro padre, seduto su quella che un tempo era la sua poltrona preferita. Vorrei alzare gli occhi al cielo e dirgli che non ha più alcun diritto di rispolverare vecchie abitudini in una casa che non è più la sua, ma mi trattengo. Devo ancora abituarmi anche solo all'idea che lui sia qui a Hawkins.

«Sedetevi, ragazzi» dice la mamma, prendendo posto sul divano.

Io e Dustin ci guardiamo straniti, per poi fare quanto ordinato con una lentezza quasi disarmante.

As Above, So Below - 𝘚𝘵𝘦𝘷𝘦 𝘏𝘢𝘳𝘳𝘪𝘯𝘨𝘵𝘰𝘯 [3]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora