Il mio posto nel mondo

1.1K 88 3
                                    




Non credeva fosse possibile ma dopo dieci ore passate a svitare e avvitare bulloni, buttare via scassoni che non valevano niente, finalmente Manuel era riuscito a sistemare la moto su cui stava lavorando ormai da settimane.

Come ormai da settimane, aveva bidonato ogni uscita per restarsene tra le mura di quel garage.

Vi passava addirittura le notte, che ci teneva così tanto a consegnarla in tempo che niente l'avrebbe fermato. O nessuno.

Perché Simone aveva visto quanto il suo ragazzo si stesse trascurando dietro quell'immenso lavoro. Era già tanto se lo convinceva a lavarsi o respirare aria buona ogni tanto.

E si vedevano solo a scuola ormai. Perché il pomeriggio Manuel lo utilizzava per stare dietro ai compiti - almeno quelli, Simone lo aveva minacciato - e la sera su quei pezzi sporchi di grasso.


Fatto sta che aveva finalmente terminato il lavoro. Si rialzò da terra entusiasta e con un sorriso felice in viso.

Usò un panno per pulirsi via il residuo sporco dalle mani e controllò l'ora, costatando che pure a notte inoltrata, doveva assolutamente lavarsi.

Camminava in silenzio in casa, timoroso di svegliare sua madre, ma anche semplicemente perché era talmente stanco da non riuscire a trasportare i suoi piedi.

Si spogliò lentamente, aprendo di scatto il getto della doccia e accucciandosi lì sotto immediatamente.

Lasciò che un sospiro gli scappasse dalle labbra mentre l'acqua continuava a bearlo di quella freschezza.

Aveva ignorato così tante cose, tante persone in quei giorni. Aveva dedicato tutte le sue energie su quella moto e a stento si reggeva in piedi in quel momento.

Era sicuramente certo che tra qualche anno si sarebbe ritrovato con la schiena spaccata e una gobba terrificante.

Posò le mani sul vetro della doccia, chiudendo il getto e contando fino a dieci secondi prima di uscire per avvolgersi nell'accappatoio.

Erano le 3:28, aveva sonno e a stento collegava la mente alla realtà.

Eppure aveva voglia di Simone.

Dio, non ricordava neanche l'ultima volta che si era ritrovato le mani del corvino tra i suoi capelli, gli mancava baciarlo fino a sentir meno il fiato, la testa poggiata sul suo petto.

Gli mancava così tanto.

Simo, posso passare?

Non era strano che non rispondesse a un orario simile. Ma decise in ogni caso di provarci.

Tanto si sarebbe comunque preparato nell'attesa.




Era una gran cavolata, Manuel ci provò a salire in sella alla sua moto, e per poco non svenne cappottandosi senza che questa fosse neanche partita.

«Ci riproviamo» annuí, per darsi la convinzione che ancora gli mancava.

Che se non sveniva sulle strade semivuote di Roma era già un miracolo.

Alla fine si ritrovò davanti villa Balestra con venti minuti di ritardo al suo solito viaggio, ma ringraziò il cielo di esserci arrivato vivo.

«Simo..» sbuffò, si tolse il casco, non preoccupandosi di rimetterlo nella moto ma lanciandolo a terra vicino al mezzo.

Pareva quasi ubriaco per come barcollava.

Chiamò Simone al telefono, gli scrisse ancora e ancora. Ma niente, il piccolo era nel mondo dei sogni già da un pezzo probabilmente.

Il maggiore pensò a qualcosa che avrebbe potuto risvegliarlo, come il peggiore dei cliché.

Che se spacco qualcosa il professore m'ammazza.

Cercò dei sassi piccoli, che tanto lì davanti era pieno. E cominciò a lanciarne qualcuno contro il balcone di Simone, sperando che non avesse il sonno pesante proprio oggi.

Valutò persino l'idea di arrampicarsi, ma sveglio com'era si sarebbe ritrovato a dormire sui mattoni sporgenti dell'edificio.

Qualcosa però si mosse, e la luce in camera del piccolo si accese.

«Grazie al cielo» sussurrò, buttando via il resto dei sassi e attendendo che Simone si accorgesse di lui.

«Manuel? Che ci fai qua, a quest'ora poi» cercò di non urlare ma allo stesso tempo di farsi sentire dal riccio che si trovava al piano terra.

«Scendi ad aprì»

Fu veloce ma silenzioso Simone, zompettando per la villa avvolta nel silenzio più assoluto. Raggiunse la porta e in men che non si dica, Manuel gli si buttò addosso, esausto.

«Ma stai male?» lo prese prontamente dai fianchi, affondando la bocca nei ricci dove vi lasciò qualche bacio.

«So' stanco» borbottò. «Ho finito la moto e volevo passa' da te, volevo dormì co' te»

Simone sorrise, abbassandosi di poco per caricarselo in braccio. Che probabilmente avesse avuto un attimo di lucidità in più Manuel si sarebbe pure lamentato, ma stava già cadendo nelle braccia di morfeo, per cui non disse nulla e si lasciò trasportare di sopra.

Quando lo poggiò sul letto però parve risvegliarsi, sdraiandosi a pancia in su e muovendo le mani verso Simone per richiamarlo vicino a sé.

«Mi fai le coccole?»

Davvero il corvino pensò di non aver mai visto niente di più bello. Con Manuel assonnato sul suo letto, quel pezzo di pelle scoperto della sua pancia a causa delle braccia alzate e la maglia tirata su, e la testolina inclinata a sinistra che cercava di guardarlo nonostante i suoi occhi stanchi chiedessero pietà.

Pareva un gattino.

«Vieni qui»

Simone si posizionò accanto a lui, aprì le braccia in modo che Manuel potesse intrufolarsi e rifugiarsi all'interno.

Il suo posto preferito nel mondo.

Ispirò il profumo della persona che amava, nascose la testa nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla e si lasciò curare dalle leggere carezze che Simone gli lasciava.

E finalmente, era tornato a casa.


















Breve, solo un pensiero in effetti, ma volevo condividerlo con voi anche se è semplice😔🤍🤍

Moments Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora