Ed ecco che, in tarda mattinata, eravamo finalmente giunti nella città che avrebbe segnato il nostro nuovo inizio. Erano le 11 di mattina quando, per la prima volta, misi piede in una città così diversa dalle solite campagne in cui ero cresciuta.
Appena uscite dal taxi, ci guardammo intorno alla ricerca disperata di un cartello sul muro di qualche casa: "VENDESI." "AFFITTASI." Non ci importava in quale zona della città o in quale condizioni fosse la casa. Girammo invano per la città quasi tre ore piene e, quando ormai sfinite e affamate avevamo gettato le ultime speranze nel cestino, ecco comparire davanti ai miei occhi una casa, messa piuttosto bene e anche vicino ad un meraviglioso parco.
"Fantastico!" pensai. "Forse la pioggia non era l'unica cosa gradevole della giornata!" proseguì la mia mente, involontariamente, mentre la mia mano indicò, quasi d'istinto la casa color azzurro cielo, che era comparsa davanti ai miei occhi poco prima. Mia madre mi stampò un bacio enorme sulla fronte e cominciò, con passo piuttosto rapido, a recarsi nella direzione della casa.
Arrivate davanti al cancello, vedemmo una donna sulla settantina che ondeggiava su una sedia a dondolo sulla veranda dell'armoniosa abitazione, con un'aria così allegra e gioviale che attirò le attenzioni anche del mio piccolo micio. La signora ci fece accomodare e ci offrì un thè e qualche biscotto da mangiare. Accettammo senza nemmeno riflettere.
Durante la noiosa chiacchierata della signora Garin(così si presentò, l'anziana gioviale.)e di mia madre, la mia mente fluttuò parecchio. "Perché tutto questo doveva capitare proprio a noi?" "Come avrei fatto a trovarmi qualche amico?" "Del resto ero riuscita a farmi solo un paio di amicizie in 16 anni, nella vecchia città, cosa posso pretendere!" "Forse ero davvero io, qua, lo sbaglio." "Forse non ero come tutte le altre ragazze della mia età, ma del resto io ho sempre detestato le cose nella norma."
Quando, puntualmente ad interrompere i miei pensieri, la mano di mia madre mi si appoggiò sulla gamba destra e la sua voce pronunciò un lieve
"Ce l'abbiamo fatta Char, la casa e nostra!" e un ampio sorriso le occupò il viso, ormai stanco e rovinato.
Perfetto, pensai, persino meglio di ciò che potevamo aspettarci da quella strana città, piena di auto e smog.
Fissai l'orologio e la mia bocca si spalancò automaticamente. Già le cinque. La mia mente aveva vagato, ininterrottamente per più di tre ore!
Entrammo in quella casa, apparentemente molto accogliente, e la Signora Garin ci fece fare un giro di perlustrazione, lasciandoci immediatamente dopo con la frase: "Sarete molto stanche, è giusto che vi lasci riposare." e passandomi la mano tra i capelli ormai tendenti all'arancione scuro, per le corse ed il sudore.
Ce l'avevamo fatta! Avevamo una casa nuova e stavamo per cominciare una nuova vita, lontane dall'uomo che aveva rovinato l'esistenza a me e a mia madre, eppure qualcosa non andava.
Sentivo quel costante vuoto nel petto, quella voglia di scoppiare in un pianto disperato, ma non potevo. Io non potevo crollare. Così pensai potesse essere per lo stress dovuto al viaggio e decisi di andare a letto a riposare, immediatamente seguita dal mio cucciolo.
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La mia luna nuova
RomanceCharlotte, una ragazza apparentemente molto normale, è arrivata da poco nella città di Hoboken. Una ragazza sui 17 anni, di media altezza, capelli lunghi color pel di carota, viso pieno di lentiggini e occhi chiari. Niente di così straordinario pens...