Capitolo 7

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I due restanti giorni del fine settimana Isac non si fece ne sentire ne vedere, così pensai di averlo allontanato da me, dopo l'ultima mia risposta. La mia intenzione, con il tono freddo di quelle parole, era proprio di allontanarlo, ma una parte di me aveva timore di esserci riuscita veramente.

Lunedì, a scuola, dovetti frequentare da sola le lezioni e la mensa, perché Amanda aveva avuto qualche problema intestinale a seguito della festa e, rimasta sola in quel posto estraneo, mi limitai a sperare che la giornata finisse in fretta, alternando una lezione e l'altra con la lettura di qualche capitolo del libro che stavo appassionatamente leggendo. Finite le lezioni della mattina mi recai in mensa e, appena iniziai a mangiare, vidi Isac. La parte brutta del vedere Isac fu che al suo fianco c'era una di quelle "bellissime" ragazze finte, con la faccia da bambola ed i capelli platino. Ora avevo una vaga idea di cosa potesse fare tutte le volte, mentre io ero in mensa, con una mezza intenzione di aspettarlo.

Me ne andai senza finire di mangiare e, proprio mentre riposi la sedia e mi avviai all'uscita, vidi Isac con lo sguardo fisso verso di me. Andai in bagno per sciacquarmi il viso e un paio di lacrime uscirono forzatamente, rigandomi la guance. Perché stavo piangendo? Lui ed io non eravamo nulla, nemmeno amici. A malapena lo conoscevo.

Appena uscita dal bagno, mi ritrovai davanti Isac, che camminava avanti e indietro, come se stesse cercando di smaltire il nervoso accumulatosi in un mese. Girai l'angolo e feci per andare via, mentre mi affermò un braccio e mi tirò a se.

"Lei per me non è nulla." disse, guardandomi negli occhi.

"Era lì con me, perché mi stava facendo qualche domanda. Io odio le ragazze così finte." mi guardò, come se fossimo due fidanzati e lui mi dovesse delle spiegazioni.

"Isac, tu non mi devi delle spiegazioni. Io e te non siamo nulla e mai lo saremo." dissi io, con un nodo in gola.

"Ti conosco da pochissimo tempo, Char, ma ho capito che sei una persona speciale, differente da tutte le altre." disse con una voce tremolante.

"Per questo ho preso questo bellissimo libro da regalarti. Volevo lo leggessi insieme a me, magari in un parco o su una panchina o in casa, dove ti pare, ma ti prego accetta!" continuò, senza lasciarmi il tempo di finire.

"Sono molto impegnata ultimamente, dovrei pensarci." risposi, con la voce da dura.

"Okay, Char! Pensaci tutto il tempo che vuoi. Questo è il mio numero. Scrivimi appena prendi una decisione."mi sorrise e se ne andò.

Ero felice, ma non volevo ammetterlo a me stessa.

I due giorni seguenti andai con mia mamma a trovare i nonni in campagna, perciò non potei andare a scuola. Tornata a casa, mercoledì sera, vidi il mio vicino affacciato al balcone.

"Salve, signora Allen." disse con un gran sorriso, rivolto a mia madre.

"Salve, signor Tomson!" rispose quest'ultima.

"Ho visto innumerevoli volte il tuo ragazzo suonare al campanello in questi due giorni." disse poi, rivolgendosi a me.

"Non lo hai avvisato della tua partenza?" continuò. Abbassai lo sguardo e sentii un calore immenso arrivare alle mie guance.

"Non è il mio fidanzato." dissi con tono più aggressivo possibile ed entrai in casa, sbattendo la porta. Mia madre entrò in casa e si sedette vicino a me, sul divano.

"Non mi hai detto nulla di questo ragazzo, tesoro..." disse mia madre con tono allegro.

"Com'è fatto? Bello? Alto? Raccontami qualcosa, piccola!" finì. Odiavo profondamente dover dare spiegazioni e anche dovermi confidare con qualcuno.

"Mamma non è il mio ragazzo!" ripetei. Andai in camera a cambiarmi e sentii il campanello suonare, ma non diedi retta a quel suono fastidioso fino a quando

"Salve signora, scusi per il disturbo alle nove di sera, ma avrei urgente bisogno di dire una cosa a sua figlia!"

Oddio, era Isac. Quel ragazzo era proprio testardo quando ci si metteva.

"Certo caro, accomodati pure, lei è in camera." disse, dando quasi per scontato che lui sapesse bene la collocazione della mia camera.

"Char..." esclamò lui, aprendo dolcemente la porta della stanza.

"Isac, cosa ci fai qui?" dissi, con voce sorpresa.

"Volevo sapere la risposta. Sai, non vedo l'ora di iniziare a leggere questo nuovo classico della letteratura, però la voglia di leggerlo con te, mi ha dato la forza di aspettare." disse, guardandomi da testa a piedi.

"Comunque sei molto carina con quel pigiama con gli orsacchiotti!" aggiunse, soffocando una risata.

"Non ti ho fatto sapere nulla perché ero via con mia mamma!" risposi, senza dare troppe spiegazioni e cercando di mascherare l'imbarazzo dettato dalle mie condizioni penose  con occhiaia che riflettevano la stanchezza di una giornata stressante, completate da un pigiama che, come Isac si era accuratamente accertato di farmi presente, richiamava lo stile di una bambina della quarta elementare.

"Beh, signorina, adesso mi deve concedere l'onore di iniziare questo libro con lei, dopo avermi fatto attendere per ben due giorni." disse, facendo uno di quei suoi occhiolini da conquistatore.

"D'accordo" affermai io.

"Solo perché ti ho fatto aspettare tanto." Aggiunsi, facendo un piccolo sorriso.

"Lieto di rivedere il tuo sorriso, dopo tanto tempo!" rispose.

Si girò per andarsene, ma prima di chiudere la porta mi chiese:"Potrei, gentilmente avere il tuo numero di telefono, cara Char? Sai, se aspetto un tuo messaggio rischio di diventare vecchio!" e fece una risata. Scappò da ridere anche a me e gli diedi il numero.

"Arrivederci signora, scusi ancora per il disturbo!" disse prima di uscire di casa.

Mi sdraiai, riflettendo su ogni sua parola e, in quel momento, entrò mia mamma. "Sono venuta a darti la buonanotte, amore. Ti sei scelta proprio un bel ragazzo ed è pure educato, mi piace." disse con un gran sorriso.

"Mamma..."

"Sìsì, lo so. Non state insieme, però era da tanto che non sentivo una tua risata così sincera." disse, prima di chiudere la porta e spegnere la luce.

La mia luna nuovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora