La mattina seguente il padre di Amanda, dopo aver accompagnato a scuola la figlia, mi portò il ospedale da mia madre.
"Grazie mille per tutto, signor Jones!" dissi, con voce timida, prima di uscire dall'auto.
"Figurati, cara!" rispose con un sorriso, appena prima di ripartire.
Passai la lunga mattinata in ospedale, ma seppi ben poche notizie su mia madre, così presi coraggio e chiesi novità ad una signora che era a farle visita... presumo una collega di lavoro o qualcosa di simile. La signora non mi disse molto, mi disse semplicemente che si era ripresa e a breve avrei potuto farle visita. Mi disse, inoltre, che la stavano visitando per altri accertamenti, ma non sembrava esserci nulla di grave.
Finite le visite andai a vederla e rimasi un pochino scioccata. Era stesa sul letto bianco, di quella stanza spoglia e priva di colori, con un'espressione distrutta, mentre fissava il vuoto. Le occhiaie spiccavano sul viso pallido e struccato, i capelli sembravano non essere curati da un mese buono e aveva parecchie ferite su entrambe le braccia.
"Tesoro, vieni, accomodati!" disse, appena varcai la soglia della stanza.
"Come stai, mamma?" risposi, dopo averla osservata qualche secondo.
"Eh, Char, insomma. Andiamo avanti... diciamo che va molto meglio rispetto a ieri." Fece una risata piuttosto forzata.
Le feci compagnia durante il pranzo, ma non toccai cibo, dato che l'agitazione mi aveva completamente tolto l'appetito. Passarono un paio d'ore e, verso le due mi pregarono di uscire, perché doveva essere sottoposta ad altre analisi. Uscii e decisi di leggere qualche pagina del mio libro "Orgoglio e Pregiudizio" per ingannare l'attesa. Dopo quasi un'ora smisi, perché l'ansia di sapere qualche notizia in più sulla salute di mia madre, mi turbava. Passarono 20 minuti e sentii delle voci a me familiari, provenire dal corridoio dell'ospedale. Sentii la voce di Amanda e mi sentii sollevata all'idea di avere qualcuno che mi potesse ascoltare. Amanda, però, non era sola... Ecco sbucare Isac, dall'angolo, insieme alla mia amica. Rimasi a bocca aperta e ancor prima che potessi fare domande:
"Char, perdonami. Io gliel'ho detto di non venire, poichè era un momento in cui preferivi stare sola. Gli ho detto anche che non amavi ricevere visite, ma nulla da fare. Sapeva che io avevo tue notizie e mi ha seguito fino a sapere dove fossi e cosa ti fosse capitato... Scusa ancora!" disse Amanda con il fiatone, pronunciando tali parole talmente in fretta che riuscii a malapena a decifrarle.
"Oh, nulla! Tranquilla Am..."
"Come sta, piccola?" disse Isac, senza lasciarmi finire di parlare.
"Hai questo brutto vizio di non lasciare finire i discorsi. Comunque, credo un pochino meglio!" risposi, infastidita.
"Piccola???" domandò Amanda, con aria dubbiosa.
Ci fu un silenzio piuttosto imbarazzante, fino a quando...
"La figlia di Yara! La figlia di Yara è pregata di correre qua, urgentemente!" Urlò una voce dal fondo del corridoio. Senza farmi troppe domande mi alzai e corsi fino a raggiungere la donna col camice bianco. Arrivai all'entrata della stanza di mia madre e la vidi piegata in due sul letto, vomitare del cibo misto a sangue. Mi venne un nodo in gola, non trovai nemmeno la forza di chiedere cosa fosse successo, ma sentii il caldo della lacrime percorrere le guancie e gli occhi non riuscivano a distaccarsi dalla scena orribile a cui avevo appena dovuto assistere.
"Cara, so che sei piccina, ma devo dare a te la notizia, non essendoci qua altri familiari!" disse l'infermiera stringendomi la mano.
"Tua madre ha avuto una ricaduta, si pensa abbia un'emorragia interna dovuta alla botta subita durante l'impatto, ma si risolverà, stai tranquilla, dovrà però stare qua, ancora per qualche giorno, perciò dovrai trovare un posto dove stare temporaneamente!" disse e andò a soccorre mia madre insieme agli altri dottori.
A quel punto sentii le gambe cedere e la mia forza abbandonarmi completamente e caddi. Caddi a terra come una bambina che piange per un giocattolo perduto. Peccato, che adesso il dolore era reale e lo sentivo fitto nel cuore. Sentii dei passi pesanti affrettarsi in corridoio e, immediatamente dopo, Isac abbracciarmi da dietro. Mi strinse forte, avvolgendo le sue mani intorno alla mia vita e sollevandomi la testa. Mi sollevò e mi portò fuori qualche minuto per farmi calmare. Non mollò un attimo la presa fino a quando sentì il mio pianto attenuarsi. Mi sedette sul muretto del giardino asciugandomi le lacrime con il pollice e accarezzandomi dolcemente il viso. Solo allora riuscì a domandarmi cosa fosse successo.
Vidi Amanda correre verso di noi, dal parcheggio urlando:
"Char, oddio! Cosa mi sono persa? Che è successo? Mi hanno accennato qualcosa i medici, ma non ho capito nulla!"
Cercai di calmarmi e tra qualche singhiozzo raccontai loro la situazione. Amanda insistette per farmi restare da lei nei giorni seguenti, ma rifiutai, per la paura di disturbare. Dissi che sarebbe stato un buon momento per fare visita ai miei nonni in campagna. In realtà odiavo quella casa e dover stare lì, ma non volevo sentirmi d'intralcio per Amanda e la sua famiglia così chiamai mia nonna chiedendole se poteva passarmi a prendere. Mia nonna, stupita da una mia telefonata, arrivò poco dopo.
Prima di andare salutai Amanda con un bacio sulla guancia e appena guardai nella direzione di Isac, come per istinto, mi venne l'irrefrenabile desiderio di abbracciarlo forte. Così feci e me ne andai subito dopo, su quella macchina che mi allontanava piano piano dalla realtà che mi aveva circondato negli ultimi due o tre giorni.
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La mia luna nuova
RomanceCharlotte, una ragazza apparentemente molto normale, è arrivata da poco nella città di Hoboken. Una ragazza sui 17 anni, di media altezza, capelli lunghi color pel di carota, viso pieno di lentiggini e occhi chiari. Niente di così straordinario pens...