Capitolo 4

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Erano ormai parecchi giorni che frequentavo quel meraviglioso parco sul retro di casa mia.

Era quasi maggio e da lì a poco avrei dovuto iniziare la scuola. "Non tanto per concludere l'anno, perché si sa che le scuole termineranno dopo appena un mese, ma per adattarti alla gente del posto!" non faceva altro che ripetermi mia madre.

Avevo terminato da tempo un paio di dipinti e mi recai al parco con l'intenzione di trovare qualche particolare ispirazione per un altro mio capolavoro. E così fu. Quel giorno arrivai al parco e mi sedetti sulla solita panchina in riva al lago, aspettando qualche evento che scuotesse la mia routine quotidiana.

Erano passate ormai due ore e decisi di tornare a casa, quando ecco un miagolio così acuto da attirare la mia attenzione. C'era un cucciolo di gatto appeso ad un ramo di un albero, aggrappato per una sola zampetta. Prima ancora che io potessi pensare a come aiutare il piccolo gattino, un ragazzo, in skateboard, si lanciò, lasciando quello strano aggeggio a quattro ruote slittare via. Fece un salto per afferrare il micio e si buttò a terra, raggomitolandosi in se stesso, per fare da scudo al piccolo gattino.

Mossa dalla curiosità, per quel ragazzo, che aveva rinunciato allo skate per salvare un animale, decisi di avvicinarmi, per poterlo osservare da vicino. Il ragazzo era a terra, perciò mi avvicinai e

"Ti sei fatto molto male?" gli chiesi, con espressione preoccupata. Il ragazzo si girò verso di me, smosse la testa per sistemarsi i meravigliosi capelli che aveva e sprofondò in una sonora risata.

"No, grazie mille per l'interesse!" rispose facendomi l'occhiolino.

"Però lui ha una zampetta che sanguina!" continuò subito dopo. La sua espressione si fece seria...

"Sarà meglio che lo porti a casa per sistemarlo meglio!" finì, e sorrise.

Si alzò e mi prese la mano

"Piacere Isac!" mi sorrise. "Isac Harrison!" continuò.

"Ehm, piacere Charlotte." "Charlotte Allen."

Mi fissò per altri due minuti buoni e poi disse:

"Sarà meglio andare. Il piccolo ha bisogno di me." mi sorrise e io ricambiai il sorriso. Voltai le spalle e mi avviai verso la panchina.

Non credevo a ciò che era appena successo! Avevo sorriso ad una persona conosciuta da pochi minuti! Dov'era finita la Charlotte introversa che mi accompagnava da ormai 16 anni?

Decisi di ritrarre l'accaduto sulla tela per i miei dipinti, disegnando quel meraviglioso ragazzo intento a salvare la vita a quel piccolo essere indifeso. Isac era un ragazzo alto, con un fisico piuttosto scolpito, capelli scuri e non troppo corti, occhi scuri e delle labbra carnose.

Quel incontro mi colpì parecchio e, poco dopo aver cominciato a dipingere, decisi di smettere, per evitare di far soffermare il mio pensiero su di lui.

Mi squillò il cellulare.

Mamma: Char ti muovi a rientrare a casa? Sono le due passate, il pranzo è freddo ormai.

Char: si mamma, rientro subito.

Presi le mie cose da disegno, infilai le cuffiette nelle orecchie e corsi a casa. Dopo aver mangiato mi sdraiai sul letto per continuare la mia lettura di quel fantastico libro che avevo iniziato qualche giorno prima: "Orgoglio e pregiudizio". Le cose, però, non andarono come programmato. Dopo nemmeno una pagina nella mia mente fluttuavano solo due parole: Isac Harrison. Decisi di ascoltare la musica e evitare di pensarci.

La mia luna nuovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora