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<<Perdonami, ti prego - iniziò a dire- non... volevo... seguirti.>> concluse, tra i singhiozzi.

<<No, ascoltami.>> disse, cercando di restare il più possibile calmo. <<Scusami tu, non dovevo arrabbiarmi a quel modo. Va tutto bene...>> lo abbracciò come prima, per poi sussurrargli <<Ora calmati.>>

Aspettò che smettesse di tremare, per invitarlo ad entrare. Fuori era parcheggiata una moto Honda Shadow del 1986 color oro, a Komorebi piacevano le moto, ma quella era certamente la sua preferita. La osservò, concentrandosi sui particolari che conosceva bene, per calmarsi. Si sorprese ad osservarla più del dovuto, Mitsuki invece osservava lui, incuriosito. Dopodichè entrarono.

<<Sono a casa!>> annunciò, vedendo arrivare il padre dal salotto.

<<Oh, hai portato un'amico vedo.>> disse. Komorebi sperò che quell'uomo dall'aria simpatica non si accorgesse che aveva pianto. Nel punto in cui si trovava l'uomo, Komorebi trovò un viso gentile e pacato ad accoglierlo.

<<Salve.>> disse, nella penombra.

<<Ciao. Io ho già cenato, ma ti ho preparato qualcosa. Vado a dormire che è tardi.>> disse, procedendo lungo il corridoio per poi fermarsi e voltarsi.

<<Resti a cena?>> indagò.

<<Si, resta per cena.>> rispose Mitsuki, per poi accompagnare Komorebi in cucina, mentre il padre se ne andava in camera. Mitsuki si avvicinò al frigorifero, lo aprì e prese un vassoio con sopra del polpettone. Lo posò poi sul tavolo della cucina, prese dei piatti ed iniziò ad apparecchiare. Komorebi lo fissava, un po' incredulo ed un po' incuriosito. Non si sarebbe mai aspettato che il ragazzo accettasse subito di accoglierlo in casa propria, ed invece aveva acconsentito come se gli avesse chiesto di prendergli un bicchiere d'acqua.

Dalla finestra della cucina si vedeva il parco giochi, che a quell'ora, con il buio, sembrava spettrale. Come se i fantasmi si stessero riunendo agli angoli lontani dai lampioni per giocare sull'altalena. In lontananza, si poteva scorgere la fioca sagoma della fattoria che aveva dato i natale al primo sindaco della cittadina. Non veniva buttata giù per una qualche promessa di cui non importava a nessuno, ma non era visitabile, anche se a Komorebi sarebbe piaciuto farci un salto, un giorno. La fattoria era diroccata e abbandonata. Si trovava in mezzo ad una radura, con dietro il bosco, e la vegetazione locale aveva preso il sopravvento da quasi un paio di secoli. Komorebi si fermava spesso a fantasticare sui tesori nascosti di quel rudere.

<<Prima vieni con me. Dobbiamo cambiarci, altrimenti ci ammaleremo.>> disse Mitsuki. Komorebi annuì, per poi seguire i suoi passi su per le scale. La sua camera sembrava anonima. Era priva di qualunque cosa richiamasse il proprietario. La stanza conteneva un letto ad una piazza e mezzo dalle coperte grigie, un armadio ampio e bianco, una scrivania ed una sedia del medesimo colore, una mensola con i testi scolastici ed una finestra con le tende grigie. Sulle pareti, grigie, non vi era alcun poster. Quella stanza sarebbe potuta appartenere a chiunque, e sembrava la camera di chi si è appena trasferito e deve ancora personalizzarla. 

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