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Mitsuki non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, figuriamoci a Komorebi. Non avrebbe mai permesso neanche al più piccolo lamento di sfuggirgli, ma dentro sapeva il perché a volte si svegliasse nel cuore della notte in preda ai singhiozzi. Le coperte lo stringevano, soffocandolo in una morsa d'acciaio che lo lasciava lì a boccheggiare inerme. Aveva paura, no... non era paura, era qualcos'altro che non riusciva ad identificare. Visitava spesso i nonni, ci parlava ma al tempo stesso non voleva. Preferiva tenersi distante da tutto ciò che poteva ricordargli che un giorno quella porta non si sarebbe più aperta. Il peggiorare della situazione della nonna lo rendeva instabile, spaventato dallo squillare del telefono, terrorizzato dal cigolio della porta ogni volta con il presentimento che l'inevitabile era accaduto e che lui non era stato presente, o che lo fosse stato... e forse era peggio.

Aveva vissuto per mesi nell'ansioso temporeggiamento di quella morte che sapeva sarebbe avvenuta, ma che ignorava con tutto se stesso allenandosi di più, sfinendosi fisicamente e mentalmente, dando di più, sempre di più così da sentirsi a pezzi la sera e crollare contro il cuscino, pregando un Dio nel quale neanche credeva più di risparmiagli quell'incubo almeno per una notte. Quando accadde lui era lì, o meglio erano lì.

Ad ascoltare la notizia vi erano due Mitsuki, entrambi seduti sulla stessa sedia della cucina a girare il brodo sul fornello che non sapevano ancora si sarebbe bruciato ed attaccato.

"E' morta."

Due parole. Solo due.

Incredibile come avvengano i terremoti, come crolli tutto in un istante restando comunque intatto, senza fare rumore. Il silenzio che seguì quelle parole si divise in due, un Mitsuki era lontano, sempre su quella sedia, e girava il brodo pensando a cosa preparare come contorno, mentre l'altro sentiva solo il petto frantumarsi in mille minuscoli pezzi che si andavano ad infilare tra le vie di fuga delle mattonelle sotto di lui, lucenti pezzi di sé che scintillavano fino a spaccarsi in particelle sempre più piccole, fino a scomparire del tutto.

In quel momento le due parti di lui si separarono, la prima rimase in cucina con i sentimenti e le sfumature d'emozione, lontano da ogni altra realtà, mentre la seconda parte seguiva il nonno nella camera da letto su cui giaceva lei, a bocca aperta. Non lo stava ascoltando, mentre l'uomo anziano piangeva, mentre raccontava di come lei si era quasi risvegliata negli ultimi istanti per guardarlo negli occhi, tutto ciò che Mitsuki sentiva era un rumore sordo, un ronzio che rappresentava solo il suono dei pezzetti che continuano a distruggersi. Lo sguardo impassibile osservava il corpo, osservava e catalogava in una parte della mente adibita alla distruzione dei ricordi tutto ciò che i suoi sensi riuscivano a percepire. Il suo corpo si stava muovendo da solo per chiamare il padre ed i servizi funebri, non riusciva a battere le palpebre, o a respirare così, quando si rese conto di aver trattenuto il respiro sino a star male ne fece uno profondo, disperato, annaspando sentì riversarsi nei suoi polmoni l'odore acre della morte.

Fa male, pensava toccandosi il petto ma trovandovi un buco. Non si rese conto di ciò che stava accadendo intorno a lui, era tutto così veloce, così freddo, così silenzioso. Il padre, le lacrime dei parenti, il prete, uomini vestiti di nero, medici, macchine, cibo posato davanti a lui che da caldo diventava freddo, e ancora, e ancora, e ancora. Komorebi era apparso davanti a lui come uno spettro quando Mitsuki si era ritrovato d'un tratto seduto su una panca di legno chiaro, intorno solo odore di incenso, lo stesso odore che lo aveva sempre disgustato ora gli impregnava le narici. Mitsuki si riscosse solo per un momento, quando sentì il suo corpo, prima insensibile al tocco di chiunque, al caldo, al freddo, venne toccato proprio da lui. Komorebi gli prese la mano, incurante di tutte le persone che li circondavano, degli sguardi, dell'essere in una chiesa e dello sguardo che gli rivolse il prete; gli prese la mano ed intrecciò le dita con le sue, stringendo finchè non lo sentì riprendere a respirare, e non vide un lampo di vitalità nei suoi occhi. Per quei pochi istanti Mitsuki era tornato al presente, ma si perse di nuovo poco dopo. Komorebi, con un fazzoletto, gli asciugava le lacrime che lui neanche si era accorto di star perdendo. La sera prima del funerale, non rendendosi neanche conto di essere in casa sua, tornò cosciente per qualche minuto, spaventato dal fatto di non riuscire a sentire il suo stesso corpo, come un fantasma che indossa un lenzuolo, era fatto di aria e non provava fame, sete, bisogno di nulla. Quella sera aveva preso un coltello e si era procurato un taglio sull'addome, si era guardato sanguinare chiedendosi per quale motivo non riuscisse neanche a sentire dolore. Era la prima volta che provava la depersonalizzazione. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 23 ⏰

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