31

2 0 0
                                    

Komorebi si svegliò di soprassalto quando sentì una vibrazione appena percettibile. Ma lui, con il tempo, aveva acquisito un udito sopraffino. Uno dei due genitori si era alzato. Se avessero scoperto Mitsuki addormentato accanto a lui nel letto forse non gli avrebbero torto un capello, ma lui di certo lo avrebbero conciato in modo tale da non essere più riconoscibile per giorni. Come fecero tempo addietro, dopo un incontro genitori-insegnanti particolarmente problematico. Komorebi ancora dopo anni non riusciva a ricordare cosa gli era stato fatto. Ma ha continuato a sognare la porta di quella stanza per anni. Lì veniva trascinato dai nonni e dai genitori ad entrare. Avrebbe solo peggiorato le cose altrimenti, dicevano.

Un altro passo ed avrebbe capito chi fosse. Il panico prese il sopravvento del suo corpo e della sua mente. Un altro passo. Era il padre. Stava per aprire la porta della stanza, per andare in bagno, in cucina, o per controllarlo. Improvvisamente il corpo caldo e morbido si fece freddo.

Delicatamente scosse la spalla del ragazzo che silenzioso e beato non si era accorto di nulla. Mitsuki aprì occhi e bocca nello stesso istante, e pregando qualunque essere superiore che non avesse una reazione rumorosa o spaventatata, Komorebi gli tappò la bocca con una mano e con l'altra gli fece cenno di tacere, guardando verso la porta. Il ragazzo annuì, totalmente sveglio, e si tirò su lentamente. Alzò due mani e due dita, 11. Dopodichè si limitò ad annuire e, ancora con il pigiama prestatogli indosso, aprì piano la finestra e scese come era entrato. Komorebi l'andò a chiudere e, poco dopo che si fu udito il clack, il padre entrò nella sua stanza senza annunciarsi.

<<Ciao.>> disse il ragazzo.

<<Ciao.>> fece lui, andandosene e lasciando la porta aperta. Il ragazzo si voltò nuovamente verso la finestra. Il suo cuore si rifiutava di separarsi da lui. Ma aveva detto 11. Dove? Non lo sapeva. 

AcquamarinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora