Sevda. 3

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I nostri incontri sembravano casuali.
Ma in fondo sapevo che non era così.

Prepare il pranzo per qualcuno che quasi non toccava cibo mi rendeva nervosa. Avevo bisogno di quel lavoro e di quella piccola stanza che era diventata il mio piccolo regno di pace. Non volevo tornare nella mia vecchia casa. Non volevo tornare nel mio inferno. Odessa mi aveva regalato una via di fuga e non volevo perderla. Questo significava fare di meglio ogni volta ma la verità era che quello che gli preparavo sembrava non piacergli mai. Due pasti al giorno mi aveva detto Odessa. Il padrone non gradiva la colazione. Ma credo che il padrone non gradisse la mia presenza. Quando entrava nella sala da pranzo dove servivo le portate , era sempre silenzioso e molto serio. La gentilezza che avevo visto il primo giorno sembrava essere svanita. Mi chiedevo se il mio non essermi presentata forse mi avesse messa in antipatia. Ma come potevo rimediare? Non potevo parlargli di punto in bianco senza una ragione, quindi aspettavo che fosse lui a parlare ma non accadeva.

****

Un pomeriggio durante il mio tempo libero, andai a visitare il giardino di questo immenso palazzo. Sembrava un enorme castello in rovina circondato da un fitto bosco e piante rampicanti. Sembrava quasi che quelle piante fossero le sbarre di una prigione. Ma per me erano la mia salvezza. La nebbia circondava il giardino e il grande fiume che gli scorreva nel mezzo era quasi ipnotico. Mi sedetti sulla riva, in mezzo ai fiori colorati. Poteva sembrare un posto inquietante ma in realtà mi regalava una pace interiore che non avevo mai provato.Chiusi gli occhi aspirando quella sensazione di pace e libertà.

-Ti manca già la tua famiglia? -

Mi voltai verso quella voce e cercai di restare calma - No, Signore.-

-Puoi chiamarmi Bastien. - annui semplicemente mentre lui si sedeva accanto a me schiacciando i fiori.

-È un bel posto non trovi?. -

-Si. Mi piace molto. -

Osservava il fiume senza mai voltarsi verso di me. Avrei voluto essere più discreta ma era difficile resistere alla sua bellezza. Vestito di bianco, con il vento che gli soffiava tra i capelli sembrava un bellissimo angelo. Perché non l avevo più visto sorridere dopo quel giorno?.

-Non mi hai ancora detto il tuo nome. - Girò il suo viso angelico verso di me, mostrandomi i suoi ipnotici occhi ambrati. Sbattei le palpebre e tornai a voltarmi verso il fiume.

-Sevda. - sussurrai.

-Come sei finita in questo posto Sevda?. -

-Odessa mi ha detto.. -

-La verità. - disse con un tono che non ammetteva nessuna bugia. Ma non avevo bugie da raccontare e alla fine dire la verità forse l avrebbe reso un po' più caritevole.

-Volevo scappare dalla mia prigione. -

-La tua casa era una prigione? -

Le mie mani appoggiate sul prato strinsero i fiori. Era bello sentire le spine penetrate la mia pelle, era meno doloroso che ricordare il posto da dove scappavo.

-Non è mai stata la mia casa. Non ho mai trovato la mia vera casa, Signore. Speravo che questa potesse diventarlo. -

Sorrise - Non è un po' troppo sfacciato da parte tua?. -

Lo guardai negli occhi senza alcuni timore - La disperazione rende sfacciati. Mi dispiace. Ma non voglio tornare in quel posto. E probabilmente so che non sono una brava cuoca ma.. - alzo un sopracciglio aspettando che continuassi - Posso fare qualsiasi cosa. Basta che mi fate rimanere. Per favore. - dissi tutto tenendo la testa bassa. Mi vergognavo. Ma non c'era scelta. Non sarei tornata indietro.

-Cosa ti piacerebbe fare?. - disse tranquillamente. Alzai un po' la testa e non mi sembrava arrabbiato ma solo curioso. Ma non avevo nessuna risposta per lui. Nessuno mi aveva mai chiesto cosa volevo fare. Non ero neanche un essere umano per le persone che definivano la mia famiglia. Non ci avevo mai pensato.

Quel posto cominciava a farmi sentire assonnata. La mia mente si svuotava e non riuscivo a pensare. Mi sdraia sul erba e guardai le mie mani insanguinate, forse avevo stretto troppo quelle spine. La sua mano bianca prese delicatamente la mia. Il suo tocco era così caldo e rassicurante che chiusi gli occhi.

- Le spine sono andate troppo a fondo. Devi pulire le ferite. -

-Lasciale lì.. - risposi - Non fa più male.-

Dopo caddi in un sonno profondo.

Il mio sole di mezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora