<<Le cose belle non chiedono attenzioni.>> Disse il nonno al nipote scompigliandogli i capelli. <<Ma ogni volta che vedo un panorama sembra che mi urli di guardare e io non posso fare a meno di farlo. Le cose belle chiedono attenzioni, solamente che spesso gli uomini non lo capiscono.>>
Non mi aspettavo di trovare un albero così grande. Era pieno di luci di ogni colore che, se ci si pensava un pò su, riprendevano i colori della città. Alla punta, anche se per vederla dovevi essere molto, ma molto lontano, c'era una bellissima stella gialla e luminosa con qualche accenno d'argento. Alla base dell'albero, tra un ramo e l'altro, si trovavano dei bigliettini. Inizialmente non capivo e mi voltai verso James, era stregato dalla belezza dell'albero, un pò come tutti, ma allo stesso tempo sembrava un pò pensieroso. Si accorse di avere gli occhi puntati addosso e si voltò a guardarmi, sempre con il suo dolce sorriso.
<<Che c'è?>>
Mi chiese facendo qualche passo verso di me. Indicai i fogliettini tra i rami dell'albero e lo guardai.
<<Cosa sono?>>
Domandai e mi sentii un bambino che chiede al genitore qualcosa per curiosità. Lui guardò i bigliettini con indifferenza.
<<Quelli? Sono le letterine che i bambini fanno a Santa Claus. Almeno prima era così, adesso lo fanno anche gli adulti, con desideri o sperande, i fidanzati con promesse e dediche d'amore o anche gli adolescenti, con tutto quello che gli passa per la testa. Questi bigliettini vengono poi presi e bruciati, per dimenticare il loro contenuto che dovrebbe avverarsi prima o poi nella vita delle persone. In quanto alle promesse, invece, rimangono per sempre e dovrebbero essere infrangibili. Ma è solo una credenza, ora tradizione tra tutti i newyorkesi, quindi non sperarci troppo.>>
Spiegò preciso e quasi disinteressato. Mi sembrava uno che sperava poco in queste cose, nonostante il suo ottimismo. Io annuii per far intendere che avevo capito.
<<E' un'idea carina. In Giappone si fa una cosa del genere all'anno nuovo, nei templi. Si chiedono cose, se ne promettono altre o si lascia semplicemente una frase o una parola per l'anno nuovo. Anche una preghiera basta.>>
Lui non rispose e tornò a guardare l'albero. Rimanemmo così per un bel pò e intorno a noi c'erano altre persone che ammiravano quell'opera. James sospirò e tornò a dare attenzione a me.
<<Mi vado a sedere per un pò prima di andare, perchè non lo guardi meglio tu? Io lo vedo ogni anno...>>
Io annuii e lo salutai con una mano, lui fece lo stesso sorridendo leggermente. Lo guardai allontanarsi e poi tornai ad osservare l'albero. Stavo camminando intorno ad esso, mi accorsi subito che la sua circonferenza era enorme. Mentre camminavo squadrando per bene l'abete luminoso, la mia attenzione si posò su un ragazzo. Spalancai un pò gli occhi, ma non rimasi troppo sopreso di vederlo. In fin dei conti, avendo fatto due più due, lui abitava lì vicino. Markus stava osservando l'albero con occhi di chi non era davvero attento al mondo circostante. Aveva una giacca nera e lunga, sembrava una di quelle cose molto costose, dei pantaloni eleganti in pan dan con il giubbotto e dei mocassini carbone lucido. I capelli erano perfettamente raccolti in trecce molto piccole rispetto a quelle che ricordavo e il tutto si chiudeva in bellezza intravedendo una camicia bianca dall'aspetto setono sotto la giacca. Probabilmente era stato a qualche evento importante, ma perchè adesso era solo così? Rimasi per minuti idecifrabili ad osservare il suo profilo perfetto, i suoi occhi stranamente rilassati osservavano un punto casuale dell'albero, il suo corpo era immobile con la sua schiena dritta. Ad un certo punto i suoi occhi cambiarono posto e per un breve istate incrociarono i miei. Vidi , nei suoi, un luccichio di stupore e confusione. Disolsi lo sguardo, cercando di essere indifferente, girai i tacchi e cominciai a camminare nella direzione opposta alla sua. L'ultima cosa che volevo era parlare con Markus, in più era meglio tornare a casa si stava facendo tradi. Pian piano mi allontanai dall'albero e, girando un angolo, potevo scommetere di aver visto Markus seguirmi con lo sguardo senza muovere un muscolo. Non so cosa stava provando in quel momento, sembrava impassibile, anzi lo era. Quando tornai a casa, la mamma era già bella che andata per la stanchezza. Decisi di approfittarne e uscire di nuovo, sta volta attrezzato di sketchbook,vernice e pennelli. Volevo assolutamente dipingere un muro, un solo murales non avrebbe fatto nessuna differenza tra quei palazzi spogli e grigi. Ritrovai con fatica il muro marrone di molto tempo fa e lo guardai per un pò prima di tirare fuori lo sketchbook. Il disegno che avevo in mente per questo muro era già stato abbozzato. Uno squalo balena, un idea carina, ma su un muro marrone? Alzai le spalle e riposi il quadernino nello zaino, prendendo poi il materiale per cominciare. Non mi piacevano le sfide, ma i piccoli obbiettivi che mi ponevo da solo finivano sempre con qualche nuova lezione di vita o con un qualche risultato soddifsfacente. Quindi perchè non provare? Rimasi lì per un tempo indeterminato, dicisi di andarmene solo quando diedi un'occhiata all'ora. Erano le undici passate, orario poco decente per stare fuori in una città del genere. Sospirando, anche un pò controvoglia, scesi le scale dell'edificio silenziosamente e cautamente. Prima di arrivare con i piedi per terra, una mano mi afferrò la spalla. Sobbalzai e mi girai di scatto, cadendo ridicolamente a sedere a terra. La figura si abbassò a mio livello e in quel momento lo distinsi. Lo sguardo compiaciuto, il sopracciglio alzato e gli occhi che ti rubano il fiato, in modo positivo per qualcuno. Il mio sguardo mutò da spaventato a sopreso sino a diventare uno sguardo di puro fastidio e ostilità.
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Il filo del destino
Fiksi RemajaUn ragazzo, Asahi White, è costretto a lasciare il suo Paese natale e arriva a New York con i pensieri più negativi. Subito nota quanto alla "città che non dorme mai" mancano colori soprattutto nei posti più ignoranti e tralasciati, come per esempio...