10. La festa

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Osare è una bellissima parola, ma se non la si mette in pratica è inutile.


Il capodanno era alle porte. Il tempo era letteralmente volato, non pensavo che tra poco saremmo arrivati all'anno nuovo. Non che l'idea mi eccitasse così tanto. Nuovo anno voleva dire inizio del pentamestre che solitamente non odiavo, ma adesso che  non ero più nella mia solita scuola sarebbe potuto succedere di tutto. Con "di tutto" intendo ogni iella possibile e immaginabile, non potevo neache prepararmi mentalmente. Sospirai rimanendo con la faccia appiccicata al cuscino e le coperte che mi arrivavano sino alle orecchie. La mamma bussò alla porta per l'ennesima volta.

<<Asahi, devi alzarti. Ieri mi hai detto che avrei dovuto chiamarti se le sveglie non avessero funzionato.>>

Avevano funzionato eccome invece e per la prima volta fui grato di essermi svegliato. Stavo facendo un sogno, uno di quelli che si ripetono più volte in giorni casuali e non sai il perché. Questo tormento era cominciato quell'estate. Iniziava sempre con me chiuso in un'ampolla senza aperture e lì ero bloccato da catene d'argento brillante. Pian piano vedevo che questo recipiente si riempiva sempre di più di uno strano liquido nero, che sembrava molto denso. Quando il liquido arrivava al mio collo cercavo inutilmente di liberarmi. Urlavo e mi dimenavo, ma la mia voce non si sentiva e il mio corpo non si muoveva. Poi mi svegliavo in iperventilazione sudato come se avessi appena corso una maratona di mille chilometri. Mugolai in risposta alla mamma, sospirando pensantemente sapendo che mi sarei dovuto alzare se volevo completare i compiti per le vacanze, che sembravano assegni per tutto il pentamestre vista la quantità. Pian piano mi alzai dal letto e rimasi seduto lì per altri cinque minuti prima di decidermi di alzarmi e andare almeno a fare colazione. La mamma stava uscendo per lavoro. Nonostante per me fossero vacanze, per lei erano comunque giorni lavorativi a parte per natale e capodanno. Non riuscii a dire nulla perché lei mi precedette e come una scheggia mi disse una serie di indicazioni, per me abbastanza confuse. Le uniche cose che capii furono di scongelare il pollo per il pranzo e di fare i compiti. Scongelai il pollo, ma non feci i compiti. Volevo uscire all'aria aperta, era da molto che non mi facevo le mie solite camminate e che non disegnavo qualcosa su un muro. Il mio grande progetto dello squalo balena lo avevo finito da un pezzo, avevo fatto una pianura su un muro mezzo rotto e una casetta di campagna sopra dei graffiti ormai sporchi e scoloriti. Insomma il mio obiettivo di rendere la città ancora più colorata stava prendendo forma ed era leggera e brillante, propio come volevo io. Mentre giravo per casa decidendo se uscire o meno, mi arrivò un messagio. Strano, avevo silenziato il gruppo classe...oppure lo avevo archiviato? Presi il telefono e non mi stupii troppo vedendo una notifica da James.

<<Il 31 dicembre al "House of Snakes", un piccolo rifugio per noi ragazzi della scuola dove si organizzano sempre feste. E' sulla dodiciesima strada vicino casa mia, potrei portartici io. Ci stai?>>

Lessi il messagio, stavo per declinare in quanto mi era stato assegnato il titolo di guastafeste tanto tempo fa, ma qualcosa mi disse di accettare. Non so cosa, forse la noia del momento o forse la curiosità di questo "rifugio", ma risposi.

<<Ci sono, dimmi l'ora e mi faccio trovare pronto...scusami ma tu non abitavi leggermente fuori città?>>

Non passò neache un secondo che il mio telefono vibbrò di nuovo, anzi più volte. James aveva il brutto vizio di scrivere frasi o parole, collegate fra loro, in tanti messaggi diversi.

<<Verso  le otto e mezza ci vediamo all'albero di natale in centro. Sono un pò fuori città, ma nulla di preoccupante. Se ti preoccupi del ritorno, di a tua madre che dormi da me.>>

Non mi piaceva dormire fuori, per niente e adesso che ci pensavo erano poche le cose che mi piacevano sul serio. Risposi con una semplice emoji che simulava l'okay , semplicemente per non cominciare polemiche o fare troppe domande. Lui inviò una faccina sorridente, con la bocca aperta, come quando si digitano i due punti e poi la lettera d maiuscola solamente più brutta. Uscii sul balcone e inalai a pieni polmoni l'aria, sentivo il freddo pungente entrare nel mio corpo. La cosa non mi dispiacque affatto. Mi sorse così un ricordo di pochi mesi fa, strado perchè solitamente la mia mente mi portava sempre a ricordi molto lontani.

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