"Il destino favorisce chi osa."
Il fatto che rimanei muto per tutta la cena fu al quanto vergognoso. Ichiro, al contrario, non smise di parlare un attimo ma si rivolse solo alla "signora White". L'unica frase che dissi fu per rispondere ad una domanda della mamma.<<Tesoro, non hai dormito? Hai delle occhiaie assurde e sei anche pallido.>>
Ichiro si voltò verso di me, ma non ebbi il coraggio di staccare gli occhi dal piatto.
<<E' solo che oggi mi sono stancato a scuola.>>
Le mie scuse erano sempre passime, la mamma però non insistette. Mi maledii internamente per non aver comprato il correttore. Dopo cena io ed Ichiro sistemammo la cucina, visto che lui aveva insistito per far andare la mamma a letto. Lei si lamentò inizialmente, ma non appena si sdraiò sul materasso si addormentò, come accadeva ogni giorno.
<<E' gentile come sempre...>>
Sussurò Ichiro con un sorriso rilassato, ma vidi un accenno di tristezza e capii che stava parlando a se stesso e non a me. Non risposi o commentai finendo invece di lavare i piatti. Ichiro si sedette sul divano-letto e distolse lo sguardo dalle mie spalle, lo capii quando mi sentii meno appesantito.
<<Tu dormi in camera mia, così ha deciso la mamma.>>
Risposi, come per dargli un avvertimento. Non mi lamentai di quella decisione, ero vicino al balcone e sarei potuto uscire fuori quando volevo, oppure la mattina presto ad ammirare l'alba senza dover camminare di soppiatto. Ichiro sospirò e si alzò.
<<Tua mamma si preoccupa più di me che di te?>>
Chiese, non come una provocazione ma come una vera domanda. Io alzai le spalle, non pensavo che fosse così.
<<Mai dire mai.>>
Asciugai l'ultima pentola e finalmente mi voltai verso di lui.
<<Mi avevi detto che non saresti mai andando all'estero.>>
<<Mai dire mai.>>
Quasi replicai scortesemente per la sua risposta, ma l'unica cosa che feci fu distogliere lo sguardo e arriciare il naso per l'irritazione. Lui lo notò, sapevo che lo aveva fatto mi conosceva da troppo. Ci fu un silenzio imbarazzante prima che disse di nuovo qualcosa, lasciando però la discussione sospesa.
<<Allora...buonanotte.>>
Il suo sguardo si posò sul corridoio e se ne andò nella mia camera. Ricominciai a respirare e rilassai il volto libarandolo dal cipiglio. Odiavo il fatto che non mi spiegava la situazione e odiavo il fatto che non riuscivamo più a parlare come prima.
<<Forse odio troppe cose...>>
Mormorai andandomi a sedere sul divano-letto, decidendo infine di sdraiarmi e provare a dormire.
*
Quella notte lo stesso incubo mi fece svegliare. Il rumore del mio respiro spezzato riempì il salotto e i brividi per il freddo di febbraio si contrapponevano con il sudore del panico. Mi alzai con riluttanza, con la nausea che sembrava non volersene andare. Le gambe tremanti non mi impedirono di arrivare ai fornelli. Mi alzai in punta mi piedi prendendo la tisana che avevo comprato e mi chiesi del perchè la mamma avesse fatto mobili tanto alti. Riempii una tazza d'acqua e, nonostante volessi fare prima e metterla in microonde, poi versai tutto in un pentolito accendendo uno dei fornelli. Preferivo non far svegliare nessun altro. I minuti sembravano infiniti, la gamba che ballava mentre aspettavo impazzientemente la tisanacominciò ad irritarmi. Finalmente potei berla e sospirai stancamente , volevo dormire. Era tanto da chiedere? Probabilmente lo era, altrimenti non me lo spiegavo. Non ci volle molto a capire che avevo speso soldi con quella tisana, solitamente funzioneva ma quella notte non lo aveva fatto. Rimasi tutto il tempo ad occhi chiusi sperando che finalmete il mio corpo e la mia mente cadessero nel mondo dei sogni. Quando le mie palpebre si alzarono di nuovo, le persiane filtravano i primi raggi di sole. Andai in bagno e, dopo essermi lavato la faccia, misi il correttore di mia madre che non era perfettamente del mio colore, ma andava bene per coprire almeno a lei e a Ichiro le occhiaie. Uscii sul balcone socchiudendo il finestrone alle mie spalle e mi sedetti su una delle due sedie di palstica che avevamo messo lì io e la mamma. Il vento gelido mi fece capire che ero sveglio e non sognavo. Il panorama era sempre mozzafiato. La luce del sole ricadeva gentile su tutti i palazzi e in poco tempo le strade si riepirono di macchine rumorose e frenetiche, ma non era certo quello il bello. I colori del cielo contrastavano quelli della città e il tutto si mescolava insieme creando un bel quadretto. Rimasi sul balcone per un bel pò, a me sembrava mezz'ora ma fu sicuramente di più.
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Il filo del destino
Fiksi RemajaUn ragazzo, Asahi White, è costretto a lasciare il suo Paese natale e arriva a New York con i pensieri più negativi. Subito nota quanto alla "città che non dorme mai" mancano colori soprattutto nei posti più ignoranti e tralasciati, come per esempio...