Luce
Era passato un mese da quel giorno in ospedale. Un mese che sembrava sia durato un'eternità sia volato via in un istante. Mi trovai a fissare le porte dell'aeroporto, i passi lenti, mentre Diego, Ettore, Giulio, Miranda ed Edoardo camminavano accanto a me. Eravamo tutti riuniti al gate, controllando i biglietti, la tensione appesa come un velo sottile nell'aria.
«Dammi quei documenti, Giulio,» sbottò Ettore, strappandogli i biglietti con un gesto brusco. Giulio alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla. Diego sospirò, incrociando le braccia sul petto. L'atmosfera era densa, satura di parole non dette e accuse sospese.
«Non possiamo continuare così,» sibilò Diego, lanciando uno sguardo di accusa nella mia direzione. «Luce, hai rischiato di morire per quella psicopatica. E tutto perché ti sei fidata delle persone sbagliate.»
Abbassai lo sguardo, sentendo una fitta familiare di colpa e dolore. «Non è stata tutta colpa mia,» mormorai, la voce flebile.
«Oh, davvero?» replicò Diego, il sarcasmo affilato. «Se non ti fossi avvicinata a quel bastardo di Adriel, non saremmo qui a cercare di raccogliere i pezzi della nostra vita.»
Miranda alzò una mano, cercando di spezzare la tensione. «Basta,» disse, la sua voce stanca ma autoritaria. Alla fine non aveva partorito e il suo era stato soltanto un falso allarme. «Non possiamo continuare a litigare. Dobbiamo pensare al futuro, anche se significa... significa includere Sienna.»
«Includere Sienna?» Ettore sbottò, lo sguardo incredulo. «Sei impazzita? Quella donna è pericolosa. Ha cercato di uccidere Luce!»
Miranda scosse la testa, una mano appoggiata al ventre, ormai chiaramente rotondo. «Non sto dicendo che dobbiamo perdonarla. Ma dovremmo almeno... cercare di capire chi sia, e cosa voglia davvero.»
«Non c'è niente da capire,» replicò Giulio, la voce carica di astio. «È pazza, punto.»
Mi strinsi nelle spalle, tentando di schermarmi dalle loro voci che rimbombavano nella mia testa. Il cuore mi batteva ancora forte al pensiero di Sienna, della sua freddezza, del modo in cui mi aveva guardata mentre rideva del mio dolore. Mi aveva buttata sotto con l'auto, e la cicatrice sulla mia gamba ne era la prova. Non avrei mai dimenticato quella sensazione: il metallo contro la carne, l'odore del sangue che riempiva l'aria.
Ma non era solo lei a tormentarmi. Era anche Adriel. Non lo vedevo, non lo sentivo da quando aveva portato Sienna in ospedale. Non un messaggio, non una chiamata. Era sparito, lasciandomi con l'amarezza di una storia incompiuta, di un amore che aveva finito per ferirmi più di quanto avessi mai pensato.
Mi persi nei miei pensieri, lasciando che le parole degli altri scivolassero su di me.
Non avevo mai smesso di volergli bene, la mente sprofonda a nei ricordi. Nonostante i pianti, nonostante i drammi, nonostante il carattere di merda di entrambi.
C'era stato un tempo in cui credevo che bastasse voler bene a qualcuno per far funzionare le cose. Un tempo in cui le sue parole erano state il mio rifugio. Merito delle volte che siamo stati così bene che avrei voluto fermare il mondo lì, per essere certa che non avrei potuto soffrire mai più. Merito di quando mi aveva detto che essere speciali non è un difetto e me ne aveva convinto.
«Luce, ci stai ascoltando?» la voce di Ettore mi riportò alla realtà. Annuii distrattamente, ma il mio cuore era altrove, ancorato a un passato che non riuscivo a lasciar andare. Sentivo ancora la voce di Adriel sussurrarmi all'orecchio, le sue mani che mi stringevano, il calore che emanava quando eravamo insieme.
Non avevo mai smesso di volergli bene. Era merito del fiato perso, delle corse contro il tempo, dei tuoi lunghi attimi di riflessione prima di dire 'per favore, rimani'. Merito di quando ho avuto modo di tenerlo accanto e scoprire che non c'è niente di meglio.
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CUPID IS A LIAR
Romance«È un affare italiano, Scintilla» Nel cuore tormentato di un amore che non osava confessarsi, si annidavano segreti che bruciavano come braci ardenti e bugie che diventavano sussurri avvelenati, intrappolando i loro cuori in un vortice di desiderio...